In memoria di un leader
Il Marco civile
Marco Pannella, protagonista carismatico di mille battaglie civili nel nostro Paese, in questi giorni avrebbe compiuto novant'anni. Lo ricorda uno dei suoi collaboratori storici: Sergio Rovasio. «Il nodo è sempre la libertà dei cittadini di scegliere cosa fare della loro vita»
La storia dei diritti civili in Italia è legata a figure come Marco Pannella, che pochi giorni fa avrebbe compiuto novant’anni. Per ricordare la sua figura e le sue battaglie, ne parliamo con uno dei suoi stretti collaboratori e amico, Sergio Rovasio. Negli anni, Rovasio ha avuto tantissime cariche, tra di esse è stato Segretario Generale del gruppo parlamentare Radicale al Parlamento Europeo e della Rosa nel Pugno alla Camera dei deputati e ha fondato l’Associazione Radicale Certi Diritti. Oggi Sergio Rovasio è Consigliere Generale del Partito Radicale, e Presidente dell’Associazione Marco Pannella di Torino.
Mi racconti la tua prima volta con Pannella in un carcere?
La mia esperienza negli istituti penali italiani la devo a Marco Pannella. Nell’agosto del 1983 attraversavo un periodo di crisi per questioni mie abbastanza gravi. Ne parlai a Marco e lui invece di rispondermi qualcosa, mi disse di prendere una macchina a noleggio e di accompagnarlo il giorno successivo in una visita al carcere di Poggioreale a Napoli. Partimmo per Napoli verso le sei di mattina. Entrammo nella prigione verso le otto e mezza e ne uscimmo verso le 11 di sera. Fu un’esperienza molto forte, mi fece comprendere che dovevo gestire i miei problemi in modo diverso. Passammo la giornata andando da una cella all’altra, ascoltando i problemi di tutti. Peraltro continuavano a offrirci caffè che non potevamo rifiutare, perché si sarebbero offesi. I carcerati amavano moltissimo Marco, dovunque entrassimo, accompagnati dalla polizia penitenziaria e dal direttore del carcere, lo applaudivano. Le celle erano già estremamente sovraffollate. Non dimenticherò mai la condizione e le storie delle persone che incontrai dentro. Quando uscimmo verso le 23, finimmo a mangiare al primo ristorante che trovammo aperto vicino al porto. Solo in quel momento Marco mi disse: «Mi volevi parlare dei tuoi problemi?». Ovviamente i miei problemi avevano completamente perso d’importanza.
Fu l’inizio di una lunghissima serie di visite nelle carceri italiani.
Da quel momento non ho mai smesso di andare nelle carceri con il Partito Radicale. Dal 1983 non c’è mai stato un ferragosto che non ho passato nelle prigioni. Con i parlamentari radicali ho visitato quasi tutte le carceri italiane, compreso i penitenziari minorili e i reparti del 41bis. L’idea era di incontrare tutti i tipi di carcerati, per monitorare le loro condizioni. Dai detenuti più sconosciuti fino ai mafiosi. Perché i radicali hanno sempre pensato che se lo Stato non è rigoroso nel rispettare la legge, anche sul trattamento dei detenuti che hanno compiuto i crimini più efferati, finisce poi per cadere esso stesso nell’illegalità e deteriorarsi a tal punto da perdere credibilità. La stessa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia molte volte per questo. Ad Avellino a metà anni ’80 incontrammo con Pannella Raffaele Cutolo e poi a Rebibbia l’allora capo della mafia Michele Greco, detto il Papa. Vedemmo in carcere anche Pupetta Maresca, Vallanzasca e molti terroristi delle Brigate Rosse, un Natale andammo a trovare Renato Curcio a Rebibbia, appena entrati nella cella disse a Marco: «Che sei venuto a fare?».
Gli anni Ottanta sono anche gli anni della liberazione sessuale nei media e nella società di massa.
Negli anni Ottanta lavoravamo molto sul tema della liberazione sessuale. Erano anni in cui non si poteva pronunciare la parola preservativo sui giornali o in televisione. C’era una forma di sessuofobia di ogni genere. Nel 1982 era stata appena approvata la legge per i diritti delle persone transessuali, che era stata votata anche dalle donne della Democrazia Cristiana e persino dalla destra più conservatrice.
Vi era e c’è ancora oggi, purtroppo, una contraddizione immensa tra le leggi, il pensiero e lo stile di vita delle persone. Si vedeva molta prostituzione per le strade, i giornali e i video porno giravano moltissimo. Dalla prostituzione femminile e maschile e da quello dell’editoria pornografica, chiedevano che i loro diritti fossero riconosciuti. Gli unici che si occupavano di queste istanze erano alcune associazioni del movimento Gay, tra cui il “Fuori”, che era associato al Partito Radicale. I radicali facevano campagna sull’uso del preservativo, sull’educazione/informazione sessuale nelle scuole, sulla legalizzazione della prostituzione. Queste argomenti erano presenti nei convegni, nelle tematiche e nelle interrogazioni parlamentari dei deputati radicali. In questo contesto per le elezioni del 1986 Marco Pannella, insieme a una rete di associazioni per i diritti civili, decise di fare una lista di canditati espressi da tutte queste associazioni. C’erano candidate transessuali, prostitute, gay, attrici pornostar.
Fu in quel momento che hai conosciuto Riccardo Schicchi e Ilona Staller?
Sì, in quel periodo frequentavano le riunioni in via di Torre Argentina anche il fotografo, editore e agente pornografico, Riccardo Schicchi e la pornostar Cicciolina. Venivano regolarmente agli incontri, erano perseguitati dalle forze dell’ordine, che tentavano di fermare i loro spettacoli e sequestravano in continuazione le riviste porno che pubblicavano in nome della “morale pubblica” codificata in leggi e leggine. Schicchi veniva processato in continuazione. Regnava un moralismo di Stato e legislativo ipocrita. Ecco perché Pannella decise di candidare tutte quelle categorie di persone che lo Stato perseguitava ipocritamente. Si scelse di candidare anche Cicciolina. Le candidature erano ancora più provocatorie, se si pensa che vi era anche il generale Ambrogio Viviani, che era stato il capo del controspionaggio militare italiano. Era candidato anche il cantautore Domenico Modugno e altri artisti e personalità.
Quale fu la reazione dei media?
I giornali, moralistici anche loro, si concentrarono solamente su Cicciolina, perché lei mostrava le tette e perché faceva film porno. Tentando di montare uno scandalo, involontariamente e in modo inaspettato anche per il Partito Radicale, le tirarono la volata elettorale. Per altro i giornalisti, raccontavano solamente degli spogliarelli di Cicciolina in piazza, non di certo delle battaglie sui diritti civili, di libertà di stampa e della liberazione sessuale per la quale si lottava. Creavano piccoli scandali moralistici, senza guardare il contenuto della campagna dei radicali. Perfino all’interno del partito Radicale vi furono divisioni. Si creò un gruppo libertario di supporto a Cicciolina e alle candidature delle prostitute e transessuali guidato da Maria Teresa Cinti Nediani e un gruppo che invece non l’amava, perché sosteneva che la visibilità delle battaglie radicali erano eclissate dalla candidatura di Cicciolina. Io ovviamente appartenevo al primo gruppo. Lavoravo al Gruppo Parlamentare e quindi, quando fu eletta, l’accompagnai in Parlamento il suo primo giorno di lavoro. Vi erano televisioni di tutto il mondo che tentavano di intervistarla, comprese la televisione giapponese e israeliana che ci seguivano in ogni angolo. Riuscimmo finalmente a entrare da una porta secondaria e la portai nell’ufficio di Pannella, dove si mise delle bandierine italiane sul vestito per fare il suo primo discorso da parlamentare. Ci fu una vera esplosione mediatica in tutto il mondo, ancora oggi se si parla di Cicciolina in ogni paese tutti conoscono la storia della sua elezione. Io le facevo le lezioni sulla Costituzione e sul funzionamento del Parlamento.
Hai conosciuto anche Moana Pozzi.
Moana la conobbi perché, qualche anno dopo, quando con Cicciolina decisero di fondare il partito dell’Amore, ci chiesero di aiutarle a raccogliere le firme per depositare le liste. Facevamo le riunioni con Paolo Pietrosanti e con Maria Teresa Cinti Nediani, per dar loro una mano. Non sapevano nulla di come si raccogliessero le firme. Con Moana è capitato spesso che dopo andassimo a cena insieme, a qualche festa o locale. Era una persona straordinaria. Lei faceva parte, come Cicciolina di cui era molto amica, del gruppo di Schicchi. Oltre che a insegnare a raccogliere le firme, facevamo lezioni di educazione civica sul funzionamento delle istituzioni, su dove e come presentare le liste.
Mi parli di Riccardo Schicchi?
Riccardo Schicchi era molto simpatico e adorava i radicali. Di primo acchito sembrava una persona ingenua, ma in realtà era un genio, talmente abile da diventare il re della pornografia. All’epoca era ancora clandestina, tutti sapevano che esisteva, ma nessuno la considerava normale. Lui comprese questo e divenne quasi il monopolista dell’editoria pornografica, facendo di tutto per “liberarla”, fu capace di sdoganarla su media e con il grande pubblico. Pur avendo continue denunce e sequestri, sapeva sempre come sbrogliare la situazione. La vendita in Italia delle riviste e dei video porno erano legali, purché fossero nascoste, la produzione non era perseguibile, ma l’atto della pornografia era ancora perseguibile dalla legge italiana. Era un classico esempio di ambiguità e ipocrisia tutta nostrana, che da una parte permetteva all’industria pornografica di esistere e dall’altra permetteva allo Stato di perseguitarla.
Mi parli delle battaglie per i diritti civili?
La questione della pornografia, della libertà di stampa e dei diritti civili, in pratica la libertà dei cittadini di scegliere cosa fare della loro vita, è stato un elemento fondante dell’agire di molte personalità che poi guarda caso si sono avvicinate al Partito Radicale, perché non c’era nessun altro posto dove si portavano avanti queste battaglie. Non si deve proibire, ma rendere responsabili le persone per le loro scelte e regolamentare i fenomeni, ancor più se sono di massa. Per esempio, con le giuste informazioni, permettere di consumare cannabis, comprare una rivista porno o prostituirsi se uno lo sceglie liberamente. La questione dei diritti civili è sempre stata centrale nel partito. Negli anni Settanta quando ci fu la grande rivolta studentesca, io facevo parte dei collettivi a Torino. Si parlava tanto di rivoluzione, si voleva sovvertire e rivoluzionare il mondo, ma le parole “diritti civili” non erano mai all’ordine del giorno dei tanti confronti e dibattiti. Queste parole mancavano dal nostro dizionario e all’epoca non me ne rendevo conto nemmeno io. Lo compresi quando in quegli anni, vidi dei manifesti un po’ strani, con due persone stilizzate nude, un ragazzo e una ragazza, che correvano con due catene spezzate. Sotto c’era scritto “Fuori” Partito Radicale. Rimasi sconvolto e mi chiesi chi erano questi. Quindi andai a Via Garibaldi 13 a Torino, dove c’era la sede storica dei Radicali e del Fuori. Li vidi dei pensionati radicali che giocavano a carte, delle transessuali che chiacchieravano e persone che raccoglievano firme per non ricordo bene cosa. Questa miscellanea di varia umanità mi piacque subito e scoprii che queste persone avevano al centro delle loro attività politiche i diritti civili.
Fu lì che ti avvicinasti ai radicali?
Sì, era l’epoca in cui nascevano le radio libere, tra cui Radio Radicale. Dentro la sede c’era una quantità di carte e manifesti dovunque e un telefono a gettoni, perché non avevano i soldi per pagare la bolletta telefonica. La prima volta che entrai ricordo che c’era una travestita che spiegava alla neonata Radio Radicale torinese come difendersi dalle retate e dalle aggressioni continue. Lì compresi che la parola diritti civili non era solo per gli omosessuali, ma valeva per tutti. Si parlava anche della nuova legge sulla droga, la 685 che venne approvata proprio in quel periodo e fu imitata da altri paesi europei. I radicali con il gruppo Abele fecero molte manifestazioni davanti alla stazione di Torino per chiedere una legge che aiutasse i tossicodipendenti senza forme di persecuzioni, come invece accadeva fino a prima dell’approvazione della 685. Poi c’era la campagna contro i manicomi, su cui i radicali si impegnarono moltissimo. Se uno urlava per strada potevi finire in un manicomio e magari subire l’elettroshock. Lasciai quindi le manifestazioni studentesche e mi buttai a capofitto nelle battaglie per i diritti civili. Alla fine ho lavorato per il Partito Radicale per decenni su queste tematiche.
Tutti ricordano sempre le battaglie dei radicali per il divorzio e l’aborto, ma in realtà furono tantissimi i fronti di battaglia di Pannella, mi racconti un episodio divertente legato a qualche campagna meno conosciuta?
Una battaglia storica dei radicali era quella per l’obiezione di coscienza, fatta con Paolo Pietrosanti e Ivan Novelli. Prima della legge sull’obiezione di coscienza della metà degli anni Ottanta, chi si rifiutava di fare il servizio militare andava in galera. La legge arrivò dopo anni di manifestazioni e azioni clamorose dei radicali. Ogni anno, due giorni prima della parata militare del 2 giugno, a via dei Fori Imperiali, organizzavamo con gli attivisti antimilitaristi una contro-parata in mutande con le pentole in testa e con i passeggini per bambini come carrarmati. Nel 1986 lessi un articolo sul Corriere della Sera dove si diceva che in Israele avevano inventato un sistema per far piovere artificialmente sul deserto del Negev; con Ivan e Paolo decidemmo di scrivere un comunicato stampa in cui dicevamo che utilizzando la tecnologia israeliana, avremmo fatto piovere sulla parata militare. Il Corriere della Sera fece un trafiletto in prima pagina in cui scriveva che i radicali annunciavano che avrebbero fatto piovere sulla parata militare. Da lì si creò una grande attenzione mediatica e allora due giorni dopo noi scrivemmo un nuovo comunicato in cui annunciavamo che avremmo fatto le prove generali in una località vicino a Roma. Il Ministero della Difesa aveva fatto anche lui un comunicato stampa in cui si diceva che aveva vietato di sorvolare i cieli di Roma, perché aveva davvero paura che noi ci fossimo inventati qualcosa di strano.
Che successe il giorno delle prove generali?
Piovve ai Castelli Romani e noi facemmo un nuovo comunicato in cui dicevamo che le prove generali ai Castelli erano andate benissimo. Scrivemmo che le avevamo fatte lì e non su Roma per rispettare il divieto di volare sul cielo della capitale. Il Ministero della Difesa continuava a inseguirci con contro-comunicati dicendo che ai Castelli non eravamo stati noi e che non si poteva far piovere sulla parata militare. Noi continuammo imperterriti a dare notizie di prove e di successi. I giornali seguivano il botta e risposta tra noi e il Ministero della Difesa, tentando di capire quale fosse la verità. Si creò una tale risonanza mediatica che a un certo punto Adelaide Aglietta, Sergio Stanzani, Emma Bonino ci chiesero sconvolte cosa stessimo combinando. Alla fine dopo una serie di altri comunicati, arrivò il giorno della parata. Alle otto di mattina nel centro di Roma c’era il sole e poi verso le dieci il cielo cominciò a diventare tutto nero. Iniziò la parata e per due ore si scatenò un diluvio universale. Quando finì, tornò il sole. Non so francamente cosa accadde, ma finimmo sui giornali di tutto il mondo, tra cui il Times, la Bbc, il DailyTelegraph. La radio israeliana ci intervistò, visto che avevamo citato la sperimentazione di Tel Aviv per far piovere nel deserto. Il TG2 aprì il telegiornale con le parole “tanto tuonò che piovve” e mandò un video dove si vedevano le crocerossine tutte bagnate, poverine, cavalli dei Carabinieri caduti, con addirittura alcuni feriti. Naturalmente, qualcuno ci diede la colpa. Radio Radicale mandò in onda il consueto filo diretto, dove alcuni ci dissero di tutto. Il Ministero della Difesa smentì che eravamo stati noi, noi rispondemmo che non potevamo dire niente, perché era stato tutto secretato e che il Ministero della Difesa non doveva provocarci, perché comunque non avremmo mai rivelato con che sistema avevamo fatto piovere. Questa baraonda mediatica andò avanti ancora per qualche giorno.
Mi parli della battaglia per il matrimonio egualitario?
Il governo Prodi, nel 2007, grazie alle approvazioni avvenute in molti paesi europei sulle unioni civili e per le pressioni di alcuni partiti della maggioranza, diede incarico a Rosy Bindi e a Barbara Pollastrini di presentare un testo del governo che accogliesse le varie proposte delle tante anime cattoliche e laiche del centro sinistra. Vennero fuori delle cose deliranti, Co.Co.Co, Di. Do. Re, Cucucù e altri nomi assurdi. Dato che l’obiettivo doveva essere di regolamentare le unioni delle migliaia di coppie gay italiane, trovammo i testi su cui discutevano deliranti e assurdi. Addirittura, per evitare che ci fosse una cerimonia, avevano previsto che le coppie mandassero una raccomandata nel loro Comune di residenza. Decidemmo con Enzo Cucco ed Enzo Francone, storici esponenti della comunità lgbt, di fondare una nuova Associazione Radicale che chiamammo Certi Diritti, che avesse come scopo prioritario la promozione del matrimonio egualitario. Iniziammo una battaglia denominata di “Affermazione Civile”, che prevedeva che le coppie gay conviventi chiedessero ai loro Comuni le pubblicazioni del loro matrimonio e quando il Comune si opponeva, di portarlo in giudizio. Ci ispirammo alle battaglie civili dei radicali degli anni Settanta e a quella di Rosa Parks negli Stati Uniti contro la segregazione degli afroamericani. Si presentarono alcune decine di coppie e grazie a tre tribunali, Trento, Firenze e Venezia, fu riconosciuto che le coppie avevano delle ragioni. Per la parte legale ci aiutò la Rete Lenford con l’avvocato Francesco Bilotta, persona straordinaria e molto in sintonia con il nostro agire. Quando la classe politica rimane indietro, sono spesso le azioni legali che cambiano le cose.
Siete arrivati fino alla Corte Costituzionale.
In due anni arrivammo fino alla Corte Costituzionale che nel 2010 emise la sentenza 138. Con questa sentenza storica si posero le basi per una legge seria sulle unioni civili approvate poi dal governo Renzi alcuni anni dopo. Infatti, la sentenza diceva che i Comuni non potevano procedere ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, perché la legge non li prevedeva, ma che vi erano fondate ragioni di richiesta di uguaglianza e quindi il Parlamento doveva muoversi.
Mi vuoi raccontare qualche persona famosa con cui avete fatto le battaglie?
In quarant’anni ne ho conosciute molte, difficile elencarle tutte. Vasco Rossi lo conoscemmo quando fu arrestato e portato nel carcere di Rimini nel 1988. Era sabato mattina e stavo lavorando con Pannella nel suo ufficio in Parlamento. Informai Marco dell’arresto di Vasco Rossi e decidemmo di mandargli un telegramma in cui scrissi, a nome dei parlamentari radicali, che gli eravamo vicini ed eravamo contrari alla legge proibizionista sulle droghe. Un mese dopo la sua scarcerazione, fece una bellissima intervista in cui disse che all’inizio in carcere si sentiva molto solo, ma dopo aver ricevuto il telegramma dei radicali si era sentito importante e non più solo, ringraziando di cuore Marco Pannella. Da lì nacque un rapporto bellissimo che dura ormai da quarant’anni. Vasco ogni anno puntualmente si iscrive al Partito Radicale. Una volta con Marco facemmo un intero ritiro di alcuni giorni con lui e i suoi musicisti a Sabaudia. È una persona molto sensibile e intelligente, che ci ha aiutato in mille battaglie. Anche quest’anno ha scritto un messaggio molto bello per il giorno in cui Marco avrebbe compiuto novanta anni.
Altri?
Mi piace anche ricordare Claudio Villa, Domenico Modugno che fu parlamentare Radicale, Enzo Tortora, che andavamo a trovare in carcere a Milano e che fu nostro europarlamentare. Leonardo Sciascia, anche lui ex parlamentare radicale, lo incontrai anni dopo con Pannella, a casa sua a Racalmuto. Vittorio Gassman, Nino Manfredi, che si candidò anche lui con i radicali. Non posso dimenticare Adriano Celentano, con cui siamo stati una settimana intera quando nel 1992 decise di sostenere la Lista Pannella. Fece l’appello finale in tv alle tribune politiche in Rai. Lo accompagnai io: una persona di rara simpatia. Le personalità con cui abbiamo collaborato sono talmente tante, che ne sto tralasciando moltissime e me ne scuso, tra di loro Mara Venier, Lindsay Kamp, Luciana Littizzetto e Angelo Branduardi. Ho un grande rimpianto, risale al 1987 quando per un soffio non riuscimmo a incontrare Madonna, che prima del suo unico concerto italiano a Firenze, espresse il desiderio di incontrare Cicciolina. Saltò tutto all’ultimo momento per un impegno di Ilona Staller che non poté disdire.
Mi parli di Radio Radicale?
È lo strumento della teoria di einaudiana memoria che dice “conoscere per deliberare”, in pratica non si può votare bene se non si conosce. Da lì nacque l’idea di creare a Roma nel 1976 una radio locale, Radio Radicale e crearne altre a Torino, Milano e Firenze, per poi unificarle nel 1980. Quella di Torino nacque mettendo sul tetto del palazzo un piccolo ripetitore. Si chiedeva alle persone di telefonare per dire in che zone si sentiva la radio, così da mappare dove si prendeva il segnale. La Radio divenne in breve la più ascoltata di Torino, perché era rivoluzionaria in confronto alla noiosa radio di Stato. Una cosa simile era stata fatta anche Roma.
Quando Radio Radicale divenne servizio pubblico?
La Radio viveva con il finanziamento pubblico del partito Radicale, che Pannella girava alla Radio. Intorno agli anni Novanta, Marco propose di finanziare il servizio pubblico che già Radio Radicale svolgeva trasmettendo sin dalla sua nascita tutte le sedute del Parlamento. Il Governo decise di sostenere questa proposta che era trasversale, di diverse forze politiche. Adele Faccio, Emma Bonino, Mauro Mellini e Marco Pannella quando entrarono in Parlamento nel 1976 chiamavano telefonicamente Radio Radicale, appoggiavano la cornetta sopra le casse audio delle sedute e così venivano trasmesse per la prima volta in tutta Italia, senza filtri, tutti i dibattiti parlamentari. All’inizio la presidente della Camera Nilde Iotti tentò di protestare, ma essendo il dibattito pubblico non si poté impedire a Radio Radicale di trasmettere le sedute. Da allora vengono trasmessi tutti i dibattiti parlamentari, tutti i partiti hanno accesso a Radio Radicale, ognuno può dire la sua nei fili diretti senza alcuna censura. Sono trasmessi un’enorme quantità di processi che si tengono nei tribunali italiani. Ma soprattutto è un archivio immenso della storia politica e giudiziaria del paese.
Dopo la morte di Marco Pannella, quali speranze hai?
Spero si continui a dare forza, sostenendolo, al Partito Radicale, in assoluto il più antico partito ancora in vita, nato nel 1955 da uomini come Mario Pannunzio, Marco Pannella, Ernesto Rossi, Leo Valiani, Eugenio Scalfari e che ha visto tra i suoi dirigenti nel corso degli anni Stefano Rodotà, Enzo Tortora, Bruno Zevi, Domenico Modugno e centinaia di altri illustri personaggi che oggi hanno preso altre strade.