Asia Vitullo
Il cinema dal divano

Il mistero dei desideri

Arriva su Netflix "The place" film del 2017 di Paolo Genovese. Il racconto di una realtà metafisica che pone interrogativi fondamentali sul tema del libero arbitrio, indirizzandoci nell’oscuro labirinto dell’inconscio

Mai come in questo momento la vita si presenta davanti a noi aggrovigliata su se stessa e le possibilità di sciogliere i suoi nodi appaiono sempre più inesplicabili e senza controllo. Ma cosa saremmo disposti a fare se avessimo la possibilità di districare la matassa che ci avvolge? The Place scava nella cavità più profonda e intima dell’animo umano per trovare una risposta. Il film, da poco reso disponibile su Netflix e proiettato nelle sale nel 2017, è diretto da Paolo Genovese, regista del grande successo Perfetti sconosciuti del 2016.

Un uomo solo, seduto all’angolo di un bar, ogni giorno incontra persone afflitte da un tormento che sembra non trovare via d’uscita. Valerio Mastandrea diventa un lui senza nome né identità, un confessore misterioso e impenetrabile dallo sguardo triste. La pellicola è ispirata dalla serie americana The Booth and the End (letteralmente “Il tavolo là in fondo”), ideata da Christopher Kubasik, in cui un gruppo di sconosciuti scende a patti con un sine nomine che sembra possedere il potere di realizzare i loro desideri.

E così, di volta in volta, gli occhi di Mastandrea toccano la sofferenza viscerale che sfiora l’abisso recondito della nostra esistenza. Come Atlante, costretto da Zeus a tenere sulle spalle l’intera volta celeste, anch’egli assorbe i supplizi e le tenebre umane infliggendo condanne spietate a chi richiede il suo aiuto. Il regista crea un vero e proprio inferno nel quale il possibile diventa carne sotto forma di un dio o del diavolo. Un poliziotto (Marco Giallini) che combatte una lotta senza fine con la propria indole e con il figlio (Silvio Muccino); un’anziana signora (Giulia Lazzarini) dal viso candido e puro, occupata a costruire una bomba per salvare suo marito dall’Alzheimer («Io voglio che mio marito torni a casa. Tornerà, vero?»); un padre (Vinicio Marchioni) disposto a uccidere pur di salvare suo figlio dal cancro; una giovane suora speranzosa di sentire nuovamente la voce di Dio; un ragazzo, cieco dalla nascita, che vuole uscire dal buio assordante della sua realtà incolore («Chi sei tu? […] Hai una voce così gentile, perché mi chiedi una cosa così orribile? Non ha senso…»). The Place non mostra niente al pubblico, niente che non siano le speranze e le possibili macchinazioni dalle quali esse dipendono imprescindibilmente.

La pellicola lega i clienti bisognosi di aiuto attorno ad un filo malvagio e, a tratti, perverso; il deus ex machina che manipola l’avvicendarsi della storia prende il sembiante di un’agenda nera, la quale sembra incarnare tutto il mistero edificato da Genovese. Il pubblico combatte contro la psiche dei personaggi e contro l’imperscrutabile senso di claustrofobia a cui il regista lo costringe. Solo nel finale, il volubile personaggio interpretato da Mastandrea, sembra far crollare le mura dell’inferno, scardinate (davvero?) da una dolce cameriera (Sabrina Ferilli) dall’aria innocente. The Place, racconto di una realtà metafisica, pone interrogativi fondamentali sul tema del libero arbitrio, indirizzandoci nell’oscuro labirinto dell’inconscio. «Ma perché chiedi delle cose così orrende? – Perché c’è chi è disposto a farle».

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