Every beat of my heart
Magico Bertolucci
Un padre, un figlio, una tela nella chiesa racconta di Gesù fanciullo e viene a placare l’ansia degli interrogativi che si addensano nel tempo doloroso del vivere. Magistrale poesia di un autore che «sa fare festa di nascita alla lingua, scrivendola»
Splendida poesia nella cifra unica di Bertolucci, in cui semplicità assoluta è fusa con vertigine. Semplicità opposta all’ingenuità, ma conquista di un poeta che sa fare festa di nascita alla lingua, scrivendola.
Il padre entra alla messa di mezzogiorno della domenica, per incontrare il figlio e riportarlo a casa, alla fine della cerimonia.
Bambino pieno di fede pura e ardente. È in prima fila, non lo vede, subito nelle ombre della chiesa.
Ma il suo occhio si ferma su una tela, umida, con un Gesù aiutante falegname che ha l’età di suo figlio.
Vertiginoso il passaggio poetico: che sarà del mio? Di lui sappiamo, ma pur sapendo mi tormenta il Golgota…
Che sarà del mio, crescendo? E il figlio è lì, si incontrano, il padre gli bacia i capelli.
Capiamo da quale maestro Bernardo Bertolucci abbia appreso la magia e la poesia del cinema. Maestro insuperabile.
Il tempo si consuma
Sono entrato nella gran folla mista
della messa di mezzogiorno, in cerca
di te, che eri là all’inizio,
bambino diligente, anima pura
affamato di Dio, e con inquieto
occhio ho scrutato fra i banchi
inutilmente. Ma da una tela umida veniva
incontro alla mia ansia il garzone
di falegname, Gesù, della tua età,
a rincuorarmi, mentre intorno, al fioco
accento del sacerdote lontano
si mescolava l’agitazione terrena
delle ragazze e dei ragazzi tenuti
lontani dal bel sole di domenica.
Così, d’improvviso, in un angolo vicino
alla porta, ti ho ritrovato, quieto,
e solo, m’hai visto, ti sei
accostato timidamente, ho baciato
i tuoi capelli, figlio ritrovato
nel tempo doloroso che per me e per te
e tutti noi con pena si consuma.
Attilio Bertolucci
Da Viaggio d’inverno