Nicola Bottiglieri
La morte dello scrittore/2

Epica di Sepulveda

Luis Sepulveda, nei suoi libri, ha tracciato la strada della sinistra del Ventunesimo secolo che scopre i temi dell'ecologia e concentra la sua rivoluzione sul "bene della terra". Così ha aggiornato l'epica del mare e della natura

«Giovedì 16 Aprile, alle 00. 03, (tre secondi dopo la mezzanotte) è morto Luis Sepulveda». Questo il post apparso su FB sul sito di Cristina Pizarro Silva, scultrice di chiara fame in Cile, che insieme al marito Tito Castillo, anche lui scultore, vive a Isla Negra sull’Oceano Pacifico, il paese fondato da Pablo Neruda. Cristina aveva buoni motivi per annunciare la morte dello scrittore, perché è Presidente del prestigioso premio internazionale N’Aitun (“Lasciare in libertà”) nella lingua Mapuche, organizzato dalla Corporación Cultural de Artistas Pro Ecología, e Sepúlveda era stato insignito del premio nel 2003, ricevendo proprio nella Casa di Neruda una scultura e l’attestato di stima da parte di scrittori, politici, attivisti in difesa della natura. Politica, letteratura, ecologia, questo il triangolo nel quale si mosse la vita e l’opera di Luis Sepúlveda, nato nel paese di Ovalle (300 km a sud rispetto alla capitale Santiago), il 4 ottobre del 1949.

In 70 anni di vita ha scritto circa 30 libri, molti articoli su El País, ha conosciuto la prigione, si è sposato due volte con la stessa donna, la poetessa Carmen Yáñez, ha visitato molti paesi europei e latinoamericani vivendo anche fra gli indios Shuar nelle foreste dell’Ecuador, combattendo con i guerriglieri sandinisti in Nicaragua. La sua opera ha accompagnato prima la prorompente “generazione del ‘68” che intrecciava in modi sempre più controversi la politica con la letteratura, poi quella successiva, la “generazione del riflusso” proponendo ad essi un nuovo immaginario, costruito sui temi del rispetto della natura, la nuova grande frontiera del mondo contemporaneo. Dopo di lui, che veniva dall’altro lato del pianeta, la cultura di sinistra ebbe un orizzonte più ampio, rendendosi conto che si potevano intrecciare politica, letteratura ed ecologia in modi più affascinanti.

Lo scrittore apparve in Italia nel 1993 con la pubblicazione  del romanzo Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, uscito a Madrid quattro anni prima, (una riscrittura di Il vecchio e il mare di Hemingway questa volta ambientato in una foresta, sostituendo il pesce blue marlin con un felino tigrillo) e confermò la sua presenza con una “favola” Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare (1996), divenuto ben presto un best seller e un cartone animato due anni dopo per la regia di Enzo D’Alò, La gabbianella ed il gatto. Nel frattempo, era uscito il romanzo Il mondo alla fine del mondo (1994) che rinnovò il romanzo d’avventura sui mari e aprì l’immaginazione ai giovani che, dopo la caduta del muro di Berlino, cercavano nuove mitologie, che andassero “oltre” il mito della rivoluzione socialista: appunto l’ecologia, con la ricerca di nuovi territori, dove si potesse respirare un’aria meno inquinata dallo smog urbano e dall’avidità del “capitalismo selvaggio” che cominciava a dilagare in Occidente.

Il romanzo capovolgeva il modello narrativo di Moby Dyck e lo aggiornava ai tempi dell’ultima decade del secolo XX. Questa volta l’eroe non è il torbido capitano Achab che lotta contro il mostro, appunto la balena bianca, ma un giovane cileno, cresciuto con empanadas, vino tinto e letteratura che da grande lavora per Greenpeace, il quale si mette sulle tracce della nave pirata giapponese la Nishin Maru, comandata dal capitano Tanifuji, che in modo illegale opera una caccia alla balena in acque antartiche. Obiettivo sarà quello di smascherare i devastanti traffici di carne di balena che danneggiano quella parte del mondo.

Il romanzo ebbe grande successo perché “anticipava” molte situazioni del mondo contemporaneo e proponeva obiettivi concreti ai giovani desiderosi di “impegnarsi nel sociale”, i quali scoprirono che esistevano valori umani che potevano intrecciarsi con l’avventura fisica, la spiritualità con il turismo. La frontiera scomparsa (1996) precisava meglio quali fossero i territori dove esistevano valori umani autentici ed una natura ancora vergine dove era possibile incontrarli: appunto la Patagonia sia nel versante cileno che argentino.

In verità, queste terre estreme erano già state svelate in Occidente dal famoso libro di viaggio di Bruce Chatwin, In Patagonia (1982), ma quello che proponeva il cileno era qualche cosa di diverso dall’immagine di una geografia rarefatta dove rifugiarsi in caso dello scoppio di una bomba atomica. Se Chatwin cercava l’Inghilterra alla fine del mondo, seguendo le tracce dell’illustre antenato Charles Darwin e dei pastori inglesi sbarcati nella Terra del Fuoco, Sepulveda descriveva uno spazio geografico  misterioso come un “luogo dell’anima” dove era possibile incontrare dei veri “pionieri” del lavoro i quali vivevano praticando spontaneamente le “virtù naturali”: il coraggio, la solidarietà, il rispetto della natura, consapevoli del “privilegio” di vivere in luoghi lontani ancora incorrotti, come se fossero usciti lo stesso giorno della creazione. E se i coloni inglesi si muovevano nel mondo delle pecore, andando a cavallo o in piccoli aerei dietro le immense greggi di pecore, per poi esportare la lana in Inghilterra, dietro Sepulveda vi è il mondo dei pescatori dell’isola di Chiloé e della Terra del Fuoco, che da sempre lavorano nei mari tempestosi dei 50 ruggenti. Non a caso, l’immagine del loro Cristo in croce ha torace possente e gambe tozze, come succede ai marinai che usano il remo con vigore e camminano poco, perché in barca si lavora con le mani più che con i piedi.

È facile vedere dietro l’opera di Sepulveda non solo l’amore per la natura scaturita dalla poesia di Pablo Neruda, ma anche l’opera dell’amico Francisco Coloane, autore di una “epica del mare” alla fine del mondo che ha avuto grande successo in Europa negli anni a cavallo fra il secolo XX e XXI. Insomma, Sepulveda ci ha detto che esiste un “baule segreto” alla fine del mondo pieno di storie sconosciute dove noi possiamo attingere a piene mani, se le leggiamo con amore, curiosità e rispetto. Dove possiamo scoprire anche una forte “presenza italiana” del tutto da noi trascurata.

Nel corso della vita, Sepúlveda si è cimentato con altri generi narrativi, ma la sua opera migliore e la sua figura di uomo è rimasta ancorata alle “favole” sugli animali, ai “pionieri” della fine del mondo ed al suo impegno politico portato avanti con generosità, rigore e fantasia. È stato un vero compagno di viaggio degli ultimi cinquant’anni ed è morto come muoiono i veri guerrieri, combattendo contro nemici che non si vedono, ma che sono presenti in ogni angolo della terra.

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