Un nuovo modo di comunicare
L’arte alla radio
Incontro con Nicolas Ballario, conduttore che si occupa d'arte per Radiouno e Sky: «Racconto la vita di grandi artisti e ospito le personalità più importanti del panorama, ma la cosa più importante è essere capaci sempre di prenderci in giro»
L’arte contemporanea è spesso considerata difficile da comprendere, ma non è così. Per fortuna la radio negli ultimi anni ha cominciato a raccontarla al grande pubblico. Il merito di questo va anche a Nicolas Ballario. Classe 1984, vede i suoi natali professionali nella factory di Oliviero Toscani e oggi si occupa di arte contemporanea applicata ai media. Ha collaborato con le più importanti istituzioni artistiche e con numerose testate. Attualmente è autore e conduttore dei programmi di arte contemporanea di Radio Uno Rai, collabora con Rolling Stone Magazine scrivendo sempre di arte contemporanea e conduce il programma “Io ti vedo, tu mi senti?” su Sky Arte. È consulente dell’Istituto dell’Enciclopedia Treccani per i progetti innovativi. Cura mostre e cataloghi.
Nicolas, bisogna essere bravi per spiegare l’arte contemporanea in radio, un mezzo che non permette di vedere le opere.
È vero, ma io colgo questa difficoltà anche come un’occasione: la radio non ha supporti visivi e quindi chi ascolta è solo con la propria interpretazione di ciò che sente. E allora io non ho l’ambizione di spiegare nulla o insegnare, ma di offrire una lente di ingrandimento per poter dire a chi mi ascolta che ci si può avvicinare, che l’arte contemporanea non è quella cosa incomprensibile che ci hanno sempre raccontato. Può emozionare e partire dalla parola è il primo passo.
La radio, il mezzo di comunicazione di massa più antico, è oggi diventato forse il più colto, come te lo spieghi?
Perché è difficile essere trash in radio. Certo, c’è il linguaggio volgare, ma non considero quelle trasmissioni. Chi fa radio è costretto a essere molto attento, perché non ha trucchi a parte la propria voce e quindi deve conquistare l’attenzione di chi ascolta. Questo porta ad avere un pubblico alto, colto, attento.
L’arte contemporanea e la musica, spesso sperimentale, sono mondi che si interconnettono spesso. Come definiresti il loro incontro?
David Byrne dice che la musica è istintiva, ma che per evitare di cadere nei cliché del romanticismo ci si deve affidare a un atteggiamento matematico. Credo sia questo il comun denominatore: nell’arte visiva come nella musica l’indole e l’impulso innato sono le radici, ma allo stesso tempo la conoscenza e la ricerca sono l’evoluzione. Quando si incontrano quindi scatta la scintilla, è amore a prima vista. Infatti nella mia trasmissione la scelta della musica ha la stessa importanza degli argomenti da trattare. Per me canzoni e parlato sono un’unica cosa e il mood deve essere lo stesso.
Pensi che gli artisti di arte contemporanea che più trovi interessanti siano anche raccontati dai mezzi di comunicazione?
La comunicazione di massa si occupa poco d’arte contemporanea purtroppo e la buona parte della colpa è degli addetti al settore, che pensano di essere più cool marcando una distanza con la gente. Però negli ultimi anni è iniziata un’inversione di tendenza e spero continui.
Mi dici qualche artista emergente da tenere d’occhio?
Fatico a dividere gli artisti anagraficamente, ma tengo come parametro per definire “giovane” quello dei concorsi, ovvero sotto i 35 anni. Ce ne sono molti, te ne cito un paio: Tomaso De Luca, che con i suoi lavori sul post sbornia della società contemporanea è più attuale che mai in questi giorni, è molto metaforico; Daniele Costa, che usa principalmente il video come medium senza cadere nel tranello cinematografico, ma mantenendo le sue opere in una dimensione traslata. Con lui stiamo preparando un bel progetto che farà il giro di alcuni importanti musei. Così su due piedi mi vengono in mente loro due.
La crisi del coronavirus sta costringendo i musei e i centri d’arte a innovarsi e raccontarsi con le nuove tecnologie, mi racconti alcuni degli esempi più interessanti?
Hai ragione, ora che la parte più importante dell’esperienza con l’arte, ovvero quella frontale, non si può vivere, stanno sviluppando quella indiretta, che è molto interessante. Tra i tanti progetti quelli che mi sono piaciuti di più sono due: “genealogia” e “viaggi da camera”. Nel primo, ideato dalla Fiera d’arte contemporanea di Torino Artissima e visibile sul loro profilo instagram, viene chiamato ogni giorno un artista diverso e gli si chiede di descrivere chi è il loro avo è chi il loro erede; nel secondo, della Fondazione Trussardi, gli artisti sono invece chiamati a descrivere con immagini o video il loro spazio domestico, e lo fanno in modo davvero visionario. I risultati sono sul sito della fondazione.
Come scegli le scalette dei tuoi programmi radio, qual è l’ingrediente che non deve mai mancare?
La comprensibilità. Non do mai niente per scontato, perché chi ti ascolta potrebbe essere al primo approccio con il mondo dell’arte contemporanea. E poi l’ironia: racconto la vita di grandi artisti e ospito le personalità più importanti del panorama artistico, ma la cosa più importante è essere capaci sempre di prenderci in giro. E lo facciamo con gli ospiti, ma soprattutto tra noi: con il regista Ludovico Suppa, con la redattrice Lidia Cordella e con i tecnici che seguono il nostro programma.
Mi racconti qualche episodio che ti è rimasta nel cuore in questi anni di trasmissioni radio sull’arte contemporanea?
Quella sulla mostra “Amico fragile”, che si è tenuta al PAC di Milano l’anno scorso. Era una mostra fotografica di ragazzi vittime di bullismo. Abbiamo fatto sentire le loro voci, il loro dolore e ricordo quelle testimonianze come se fosse oggi. Per fortuna ci sono anche tanti episodi divertenti! Ho fatto trasmissioni con Oliviero Toscani e Achille Bonito Oliva, con loro mi sono divertito come un bambino.
In radio hai iniziato a Radio Radicale. Una palestra importante.
Fondamentale. Radio Radicale è stata la mia scuola ed è una realtà magnifica, un vero gioiello dell’informazione. Sarò per sempre grato a Massimo Bordin che fu il mio primo direttore e a Marco Pannella che fu il mio primo editore.
https://www.raiplayradio.it/programmi/teladoiolarte/.
—–
Le fotografie sono di Settimio Benedusi e Stefano Beggiato.