Nino Petreni
Covid-19: così mutano gli scenari urbani

Lost in Pienza

Percorrere in questi giorni il corso e le stradine della città d’arte voluta da Pio II è un’esperienza rara. È come perdersi in un deserto senza turisti. Il che desta preoccupazione, ma per alcuni abitanti è anche un viaggio nel tempo

Esco di casa verso le tre del pomeriggio, da bravo cronista, per rispondere all’invito di un amico che mi chiede di descrivere Pienza – la città d’arte voluta da Pio II, dove vivo – in questi giorni di clausura forzata a causa del coronavirus. Lascio John Wayne alle prese con gli indiani nel film I cavalieri del nord ovest, un classico di John Ford del 1949, con la celebre raccomandazione del sergente brontolone e bonaccione, interpretato dal bravo Victor McLaglen, rivolta alla truppa in partenza per una spedizione di scorta alla moglie e alla nipote del colonnello: Badaste come parlate, e la pronta risposta di un soldato, rimasto ovviamente sconosciuto: badaste alla grammatica! Passando, saluto lo scultore Emo Formichi, novantatré anni, rintanato nella sua bottega-laboratorio-atelier, in compagnia delle sue straordinarie creazioni: uccelli di tutte le grandezze, crocifissi, alberi, la Ferrari, realizzati con zappe, falci, attrezzi agricoli e pezzi meccanici di auto fuori uso che solo lui riesce ad animare soffiando loro uno spirito miracoloso (come scrisse don Ivo Petri), tra cui l’ultima creazione, un Pinocchio in bronzo, destinato al Museo di Collodi dove sarà esposto insieme alle opere di Venturino Venturi.

Percorro via della Madonnina deserta, verso il centro città: nemmeno una macchina, un ciclista, un pedone. Parcheggi vuoti. Forse a Pienza stanno girando nuovamente il film The Day after, l’alba del giorno dopo. Supero la caserma dei carabinieri chiusa, con la campagnola ferma nel piazzaletto. Arrivo al giardino, nessuno, nessuno. Anche le panchine sempre piene di pensionati o turisti sono vuote. Entro dalla Porta al Prato con in alto l’affresco, con l’immagine della Piazza con due angeli e la scritta: “Protege Virgo Civitatem tua” che i turisti credono del quattrocento e che in realtà è opera del grande maestro pientino, il pittore Aleardo Paolucci, realizzato subito dopo la seconda guerra mondiale. Tutto Corso Rossellino è incredibilmente vuoto, solo la Macelleria del Corso, e la Rivendita di tabacchi davanti alla chiesa di San Francesco, sono aperti. Qualcuno del Comune ha riparato delle pietre del selciato e ha lasciato quattro o cinque birilli come indicazione, ma non c’è nessun pericolo, il traffico non esiste. Supero la farmacia, con la dottoressa Novelli come al solito seduta al suo tavolo di lavoro, e la dottoressina con la mascherina di protezione che mi saluta gentilmente da dietro il banco.

Arrivo in Piazza Pio II, il centro e l’anima della città ideale. Anche qui nessuno, solo Giulio, il bravissimo sagrestano finisce di spazzare una parte del sagrato. Alla mia sinistra il Palazzo Comunale, potere politico e civile, chiuso, con i vari Avvisi e raccomandazioni del sindaco alla cittadinanza. A destra la macchina della Polizia municipale, ferma in sosta, in attesa di una qualche chiamata. Entro nella splendida luminosa cattedrale, all’ingresso i numerosi avvisi del Vescovo fatti affiggere da don Pietro. Nessuno, nessuno, una vera meraviglia, tutto pulito, il pavimento risplende, le panche incerate e disinfettate, tutto ovattato, silenzio assoluto, e così riesco a sentire finalmente per la prima volta i canti religiosi registrati, installati recentemente, che si diffondono tra le navate. Una delizia, l’atmosfera suggestiva invita alla preghiera, al raccoglimento, accendo l’unica candela. Un’occasione da sfruttare per riflettere, su questo periodo difficile. Sull’altare la base dorata del reliquiario di S. Andrea. Domenica scorsa don Pietro ha esposto la reliquia dell’Apostolo, Patrono di Pienza, implorando la sua protezione in questi giorni di grande preoccupazione per la paura del virus.

Esco e prendo la via del Casello, anche questa deserta. Sulla panchina dello scultore Marco Nereo Rotelli, caro amico di Pienza, Marino Giannelli, anche lui novantatreenne, tranquillo si gode il sole, il Monte Amiata, la splendida valle, che come dice Mario Luzi mette a marzo una peluria verde; del resto siamo nel Largo Luzi che il Comune ha dedicato al suo cittadino onorario, senatore della Repubblica per meriti culturali e civili. Saluto Marino: che ci fai qui? Risponde sorridendo. La moglie non voleva che io uscissi, ma io non posso fare a meno di venire tutti i giorni in questo posto. Proseguo, supero, le celebri vie: della Fortuna, dell’Amore, del Bacio e via Buia, sempre piene di turisti, intenti a scambiarsi baci, a scattare foto e selfie. Entro in via del Bacio, la via dell’ultima residenza pientina di Mario Luzi, e vado a trovare mia sorella e mio cognato, venuti a Pienza per qualche giorno e che ora sorpresi dal virus, sono costretti a rimanerci per chi sa quanto tempo. Si lamentano, i figli lontani a Scandicci, e qui non possono uscire e hanno bisogno di aiuto. Mia sorella, grande lettrice, mi chiede libri e io nel frattempo le porto Toscana Oggicon l’Araldo, una lettura conciliante, che apprezza molto. Il cognato, novantenne, si lamenta un po’ ma poi si butta sulla Settimana Enigmistica.

La passeggiata-indagine è finita, è l’ora di tornare a casa. Al ritorno non è cambiato nulla, tutto deserto, uscendo dalla città, cammino tranquillo e soletto al centro della strada, davanti alle scuole medie incontro un amico coetaneo. Mi saluta: come sono contento, in questo deserto, mi sembra di essere tornato ragazzo. Rientro in casa e riaccendo la tv, la tv di questi giorni, che ci informa e ci guida. John Wayne, il vecchio rigido capitano tutto d’un pezzo, nel frattempo è andato in pensione, il film è finito. La televisione, vera compagna familiare, è pronta al nostro comando. Ripenso e rivaluto la sua funzione, in questi giorni senza Messa in chiesa, è lei che ci assiste tutto il giorno, anche da questo punto di vista. Pienza appare serena, tranquilla, certo le preoccupazioni ci sono per tutti: ristoranti, bar, negozi, tutto chiuso, anche il celebre pecorino di Pienza deve aspettare, e il turismo, la prima risorsa pientina, chissà per quanto resterà assente. Nessuno in giro secondo l’ultimo decreto governativo, si vive nelle proprie case in attesa che cessi questo virus e si possa tornare tutti alla luce del sole.

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