Al Teatro Argentina di Roma
Arlecchino clown
Natalino Balasso interpreta un Goldoni "modernissimo" diretto da Valerio Binasco. Gli intrighi del servo furbo si dilatano nella malinconia rarefatta di un interno alla Filippo De Pisis
Natalino Balasso, mente illuminata, intelligente, arguto attore/intellettuale, comico sarebbe troppo riduttivo; seguo sempre con accanito interesse i suoi post sulla sua pagina del social più noto e frequentato del web, venuto alla ribalta grazie alla partecipazione alla trasmissione televisiva Zelig con il personaggio Anatoli Balash. Autore, interprete dei suoi applauditi interventi ha mostrato da sempre un’eccellente raffinatezza nel trattare temi di attualità e cronaca, è in scena fino al 23 febbraio al Teatro Argentina di Roma con Arlecchino servitore di due padroni: una straordinaria prova d’interprete di classe. In verità l’attore ha tra le proprie, molteplici, esperienze molto bel teatro, sia monologante che con altri colleghi, ed ora lo ritroviamo interprete, piacevole scoperta per me, del celebre ruolo di Truffaldino, tuttavia ha all’attivo parecchie frequentazioni goldoniane: il Pantalone de La Bancarotta con la Senigallia, il Rustego con Gabriele Vacis, infine adattatore de Le baruffe chiozzotte e de I due gemelli veneziani per Jurij Ferrini.
La celeberrima commedia è nota al grosso pubblico grazie all’edizione strehleriana, che ha girato il mondo in rappresentanza della cultura italiana, simboleggiando per tutti i teatranti un punto di riferimento nell’immaginario goldoniano. Nata come un canovaccio, la commedia venne messa a punto dall’avvocato Carlo Goldoni in una stesura finale data alle stampe nel 1753, dando modo all’autore di focalizzare la sua riforma teatrale proprio sulla commedia dell’arte attraverso la codificazione delle improvvisazioni del suo interprete dell’epoca Antonio Sacco. La commedia narra le gesta di quell’imbroglione di Truffaldino meglio identificato come Arlecchino: son proprio le frustate dei suoi padroni a causargli una schiena con lividi romboidali, cardine fra il servire dapprima Beatrice eppoi il di lei pretendente Florindo. E di come quel paladino imbroglione, impostore, bugiardo eppure altrettanto ingegnoso e furbesco riesca a riempire il proprio stomaco a scrocco, a spese dei malcapitati suoi padroni. La fame ancora una volta è il motore, il motivo che muove tutta la spassosa commedia che ritrova tanti archetipi in trame dell’epoca.
Da Antonio Sacco in principio, passando per Marcello Moretti, senza dimenticare Ferruccio Soleri e anche una incursione nel personaggio di Alessandro Haber sotto la direzione di Nanni Garella, che era terragno, sbruffone, contadino, arriviamo dunque all’azzeccato Arlecchino di Natalino Balasso. L’attore regala al personaggio una lunarietà e una delicatezza inedite che lo apparenta più ad un clown che ad un acrobata. Lo spettacolo ha segnato il debutto come direttore artistico nel 2018 del Teatro Stabile di Torino – ente che produce lo spettacolo con il sostegno della Fondazione CRT – di Valerio Binasco che firma una regia coraggiosa quanto coerente con la sua cifra stilistica di modernizzazione, ritrovando seppure in un’astrazione insolita i suoi luoghi cruciali. Modernizzazione non vuol dire tradire la bellezza di una commedia di rara tessitura, bensì valorizzazione di temi sotterranei intrisi, nascosti dal gioco teatrale. Tipologie umane spintonano per venir fuori, rappresentate con quel gusto retrò non troppo lontano ma che ci fanno ancora una volta rispecchiare in quel lontano rettangolino teatrale che ci rappresenta con tutti i nostri vizi e difetti.
Poveri ma belli son questi innamorati, pronti a rincorrersi e negarsi, come sempre è stato il gioco dell’amore e del caso. E i quattro interpreti ne sono una rappresentazione tragica e comica allo stesso tempo. A cominciare dal fragoroso Denis Fasolo, che con goffaggine e tracotante baldanza intende il malcapitato Silvio, la sempre brava Elena Gigliotti in versione umoristica come Clarice, Gianmaria Martini un nevrotico, consunto Florindo e infine la strepitosa Elisabetta Marzullo insospettabilmente versatile nel doppio ruolo di Beatrice/Federico Rasponi. Accanto ai giovani non gli sono da meno Fabrizio Contri, Michele Di Mauro, Carolina Leporatti, Ivan Zerbinati e Lucio De Francesco. Bella la scena allusiva di Guido Fiorato, tratteggia uno sgangherato teatrino dei burattini, giocattolo in disuso, ma che nelle tonalità e nei segni cita decisamente i colori del ferrarese Filippo De Pisis.