Alessia Pacini
Bilancio di una importante iniziativa

Ritorno in Africa

Si è concluso “Year of Return", la grande iniziativa del Ghana per riportare l'attenzione globale sul tema della diaspora africana. I dati dicono che è stato un successo, anche dal punto di vista strettamente culturale. Vediamo perché

Quando si visitano i castelli di Elmina e di Cape Coast (nella foto) le guide locali raccontano di uomini e donne costretti ad abbandonare la loro terra, per sempre. Raccontano di esseri umani accatastati l’uno sull’altro, reclusi in sotterranei, di giorni lenti, bui, scanditi da una luce fioca filtrata da una finestra minuscola e di odori cattivi, pungenti. Si trattava di uomini e donne liberi diventati schiavi con poco più di una brodaglia al giorno come pasto, lasciati a marcire per poi, dopo settimane o spesso mesi, imboccare la Porta del non Ritorno. Di legno, pesante e imponente questa Porta si apriva davanti all’oceano Atlantico: pochi ultimi passi prima di lasciare l’Africa e imbarcarsi alla volta di Jamestown in Virginia.

La storia dello Year of Return parte proprio dagli Stati Uniti d’America, più specificamente da Washington: parlando alla Casa Bianca nel settembre del 2018, il Presidente della Repubblica ghanese Nana Akufo Addo ha dichiarato che il 2019, l’anno che si è appena chiuso, sarebbe stato l’Anno del Ritorno per tutti gli africani della Diaspora. Un evento lungo tutto un anno creato appositamente per il quattrocentesimo anniversario dall’inizio della tratta degli schiavi.

Quello di richiamare gli africani della Diaspora è da sempre uno degli obiettivi del Ghana: fin dall’indipendenza ottenuta nel 1957 dall’Inghilterra, il governo di Accra ha creato politiche ad hoc per permettere a stranieri di origine ghanese di chiedere la cittadinanza grazie a misure privilegiate. In modo particolare, grazie al Citizenship Act del 2000 il Parlamento ghanese ha stabilito che persone di origini ghanesi (ma cittadini di un altro Stato) possono acquisire la cittadinanza del Paese dell’Africa Occidentale. Non solo: nello stesso anno è stato anche redatto l’Immigration Act che ha permesso a tutti i discendenti della Diaspora africana di viaggiare dal e verso il Paese senza alcun ostacolo.

Ma lo scopo dell’Anno del Ritorno va oltre e per avere un quadro completo della situazione è necessario leggere tra le righe. Concepito e ideato come un brand, l’Anno del Ritorno è stata l’occasione per dar vita a eventi e iniziative culturali con lo scopo di rendere il Ghana una meta turistica popolare. Tra tutti questi, spicca l’Afrochella: un festival di chiara ispirazione americana di cui proprio l’edizione di quest’anno promette di essere più grande di quelle degli anni passati. Si tratta di un’intera giornata dedicata all’arte, alla creatività, alla cucina e, tra le righe, allo spirito imprenditoriale africano. Il tema? “Diaspora Calling”. Non avrebbe potuto essere altrimenti.

Il Ministero del turismo non ha lasciato niente al caso e nel corso del 2019 ha invitato volti famosi della Diaspora e conosciuti non solo in tutta l’Africa ma anche in tutto il mondo per promuovere le attività dell’Anno del Ritorno: tra questi, anche la modella Naomi Campbell e la rapper Cardi B. Voli economici da una parte all’altra dell’Atlantico hanno fatto il resto. I dati pubblicati a fine anno riguardo al turismo in Ghana stanno dando il merito di questo successo al governo di Accra: basti pensare che grazie alle iniziative dell’Anno del Ritorno, il Ghana ha registrato 750.000 visitatori nel 2019, contro i 500.000 inizialmente previsti. Secondo le stime, il numero è destinato ad aumentare fino a raggiungere un miliardo di ospiti prima della fine del 2019.

Secondo gli osservatori, quelli portati dall’Anno del Ritorno saranno risultati a lungo termine: sono molti gli americani o gli inglesi di origine africana che, dopo un viaggio in Ghana, hanno deciso di trasferirsi ad Accra e aprire una loro attività investendo nel Paese. Investimenti promossi anche dalla Banca Mondiale che nel 2018 ha finanziato Accra per un totale di 40 milioni di dollari per la promozione dell’heritage tourism, un tipo di turismo che mira alla valorizzazione del patrimonio culturale dei visitatori e che ha ampiamente giovato alle casse dello Stato africano. Secondo quanto rilasciato dal Ministro del Turismo, delle Arti e della Cultura Barbara Oteng-Gyasi, infatti, il flusso turistico avrebbe portato 1.9 miliardi di dollari nell’economia ghanese.

Viene da chiedersi, però, quanto di tutto questo verrà investito nei piccoli villaggi al di là dei confini di Accra, Kumasi e di altri importanti centri turistici. Allo stesso tempo, vengono accolte con entusiasmo iniziative imprenditoriali occidentali, mentre in molti scelgono di lasciare il Ghana alla volta di altri Paesi africani o dell’Europa alla ricerca di lavoro, spesso scegliendo come opzione l’emigrazione irregolare.

L’iniziativa Year of Return ha senza dubbio riacceso le luci su un capitolo importante della storia del Ghana e del continente africano causato dall’Occidente, ma lascia delle ombre su come l’esponenziale aumento del turismo possa portare beneficio alle zone lontane dai grandi centri del Paese. La speranza è che questi investimenti riescano a portare una situazione di equità e giustizia sociale e lavorativa, garantendo alla Repubblica dell’Africa Occidentale una crescita omogenea e giusta per tutti.

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