Il nuovo giallo di Aaron Elkins è un viaggio nella storia a cavallo tra 'Ottocento e oggi. Due Renoir falsificati sono i protagonisti di un intrigo che mescola Garibaldi e l'Impressionismo, i trafficanti d'arte e la banda Koch
Al mercante d’arte milanese Ulisse Agnello, il 2013 sembrava l’anno più fortunato della sua vita. In un mercatino di Budapest aveva acquistato due mediocri dipinti di paesaggi marini spendendo pochi fiorini ungheresi, l’equivalente di 90 euro. Ma a gennaio del 2015, la sua storia era finita sul New York Times Magazine: Agnello, raschiando delicatamente una parte dei dipinti, aveva scoperto che ce n’erano due sottostanti. «L’attività di coprire dipinti di valore con altri più modesti non è rara, in quanto serve ad aggirare le leggi nazionali e internazionali che ne vietano l’esportazione o a evitare pesanti tasse di importazione», spiega il prologo di A Long Time Coming (Thomas & Mercer, 268 pag., 9,71 euro, ebook 4,99 euro), il nuovo romanzo del decano dei giallisti statunitensi, l’84enne Aaron Elkins. In un laboratorio di Firenze, l’analisi con la spettrometria per dispersione di energia e la microscopia elettronica a scansione aveva rivelato che «metodi, materiali e tecniche sono coerenti con quelli di Pierre-Auguste Renoir». La conferma giunse dal Musée d’Orsay di Parigi, il più importante museo d’arte impressionista del mondo: il giovane Renoir aveva realizzato le opere tra il 1863 e il 1867.
Il 21 settembre 2017, a New York c’è chi conosce bene i due capolavori: è l’89enne Solomon Bezzecca, detto Sol. In uno dei due dipinti è raffigurato infatti il suo amato bisnonno, Maurizio Bezzecca, che morì nel 1944 a 99 anni perché nel 1845 si chiamava alla nascita Maurice Lévy. L’infanzia di Maurice trascorse in un orfanotrofio di Parigi, dove imparò il mestiere di sarto e calzolaio. A 12 anni il ragazzo era già un ribelle inseguito dalla gendarmeria francese, costretto infine a scegliere tra la detenzione sull’isola del Diavolo e l’arruolamento nella Legione straniera. Optò per quest’ultima, che consentì a Maurice di ritornare a Parigi dopo sei anni con i soldi per aprire la sua sartoria. Nel 1864, in un caffè di rue Saint-Denis, conobbe il 23enne Pierre-Auguste Renoir che, a differenza della maggior parte dei primi pittori impressionisti, era di umili origini e a corto di denaro. Maurice confezionò un abito per lui, riparandogli inoltre un paio di stivali, e Renoir lo pagò con due dipinti: un suo autoritratto, l’unico in cui egli appariva senza barba, e una veduta del caffè con Maurice in primo piano e, seduti ad altri due tavoli, una donna sola che beve l’assenzio e due uomini che giocano a carte.
Il 21 luglio 1866 Maurice, che faceva parte del Corpo Volontari Italiani agli ordini di Giuseppe Garibaldi, durante la terza guerra di indipendenza, ottenne nel Trentino due medaglie al valore in occasione della sanguinosa battaglia di Bezzecca contro gli austriaci. Maurice Lévy divenne allora Maurizio Bezzecca, eroe del Risorgimento e cittadino d’Italia e di Milano per volontà di Garibaldi. Nel 1933, alla sua famiglia si aggiunse il piccolo Solomon, il pronipote di Maurizio nato a Milano nel 1928, i cui genitori erano morti in un incidente ferroviario e i cui nonni erano emigrati in Somalia. Maurizio si spense invece nel 1944 nelle camere di tortura di Villa Fossati, in via Paolo Uccello 17, quartier generale milanese della banda Koch. Due uomini e una donna in uniforme nera al servizio di Pietro Koch, militare italiano di padre tedesco che, nei mesi dell’agonia del fascismo, davano la caccia a ebrei e partigiani, avevano fatto irruzione in casa Bezzecca, situata nello stesso edificio sede della sartoria, portandosi via, oltre a Maurizio, i due dipinti di Renoir. Il sedicenne Solomon, dopo essere stato anch’egli torturato, finì per due lunghissimi mesi ad Auschwitz-Birkenau, uscendone il 27 gennaio 1945, all’arrivo delle truppe sovietiche.
L’ultimo desiderio di Solomon prima di morire è quello di recuperare i due Renoir, specialmente il dipinto in cui fu immortalato il bisnonno Maurizio. La missione è affidata al 40enne italoamericano Valentino Caruso, detto Val, l’esperto di pittura europea dell’Ottocento del Metropolitan Museum of Art di New York. A Milano, nel settembre 2017, Val incontra in piazza Duomo Ulisse Agnello, che sta per compiere 60 anni e versa in pessime condizioni economiche. Per il 9 ottobre è prevista la vendita dei due Renoir presso la casa d’aste Montefiore Arte, che potrebbe fruttargli tra 10 e 15 milioni di euro. Il restauro dei dipinti, attraverso la rimozione completa dei paesaggi marini, è stato affidato allo scontroso Dante Zampa. Il magistrato Adriano Riccardi invita Val a pranzo, per spiegargli di fronte a un piatto di spaghetti alle vongole che Ulisse detiene legalmente i dipinti, in quanto è un acquirente in buona fede che ne ignorava la reale natura e dispone di una regolare ricevuta d’acquisto a Budapest. Ma «l’Italia recupera arte rubata più di qualsiasi altro Paese del mondo», sostiene fiduciosamente Val.
Una domenica, nello studio di Dante Zampa, Val osserva la veduta del caffè parigino che ritraeva Maurizio Bezzecca, notando tocchi anacronistici al volto e al cappello della donna che beve l’assenzio e chiedendo quindi a Zampa una lente di ingrandimento. Proprio in quel momento,Val viene colpito due volte alla testa con il calcio di una pistola, la stessa che poi ferisce Zampa, dal cui studio spariscono i due Renoir. Il tenente dei carabinieri Luca Fontanella informa Val, che ha rimediato alcuni punti di sutura e viene ascoltato dopo il restauratore, che Ulisse Agnello è morto la notte precedente, finendo con l’auto in una scarpata di ritorno da un convegno a Lugano, mentre Dante Zampa, dopo le cure mediche, si reca cinque giorni a Roma per affari non meglio precisati. I due Renoir vengono affidati ai carabinieri: erano stati abbandonati all’esterno di una fabbrica di cosmetici non distante dallo studio di Zampa. Val capisce che Ulisse Agnello «aveva ideato quella che doveva essere la truffa d’arte del secolo», avviata nel 2002, quando acquistò i dipinti da un venditore che era all’oscuro del loro celebre autore.
Non risultando in alcun catalogo delle opere di Renoir, il 28 novembre di quell’anno Agnello li fece riacquistare per 2.200 euro da un suo complice, l’offerente 144, che compare sui documenti verificati da Val Caruso presso la casa d’aste milanese che li vendette allora e alla quale lo stesso Agnello, che vi lavorava, li aveva spacciati per opere di un impressionista semisconosciuto seguace di Renoir. In seguito Agnello sovradipinse i paesaggi marini e un decennio dopo, nel 2013, quando dei due dipinti era svanito perfino il ricordo, lo stesso o un altro complice li fornì al venditore ungherese, dal quale Ulisse si presentò per primo entrando legalmente in possesso dei Renoir trafugati dalla banda Koch. Dante Zampa aveva colpito Val nel suo studio, inscenando una rapina con sparatoria. Ai carabinieri Zampa aveva fatto ritrovare i due Renoir originali, in modo da confondere le idee a Val, che il giorno prima aveva sospettato di essere di fronte a una copia da vendere per autentica, massimizzando i profitto della truffa. Dante Zampa viene arrestato per l’omicidio di Ulisse Agnello, lanciato già morto nella scarpata secondo il medico legale, dopo che a Lugano i due avevano litigato sulle percentuali di spartizione dei proventi della vendita dei falsi Renoir stabilita per il 9 ottobre. A New York Sol Bezzecca ammira nuovamente il prezioso dipinto in cui il bisnonno Maurizio era un giovane ebreo ignaro del suo destino, in un romanzo che è un affresco sulla memoria e sull’oblio, su quanto, scrive Elkins, «la gente cerca di dimenticare. O finge di dimenticare. O dimentica per davvero».
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