Luca Fortis
In Siria, dopo l'aggressione turca/2

Homs, la Siria ferita

Dalle colline di Maalula a Homs: viaggio in "un'altra" Siria, quella che cerca di riprendere possesso di sé e fa fanti che la guerra civile non ci sia stata. O che sia ormai alle spalle

Le dolci colline si alternano una dopo l’altra, sono colore oro. L’erba secca regala mille sfumature al giallo, il verde di qualche cipresso muta ogni tanto i colori del paesaggio. La bellezza e dolcezza della campagna è interrotta da continui check point che ricordano che la Siria rimane un paese in guerra. I soldati sono gentili, ma i controlli sono accurati e lenti. Maalula non è lontana, ma per arrivarci ci si impiega molto per i continui controlli. Arrivati nel villaggio, una moschea abbandonata accoglie i viaggiatori. Ha alcuni fori di mortaio sul minareto. Nella piazza centrale vi è un’altra moschea, anch’essa in rovina per la guerra. Ma vi sono anche segni di vita, operai che stanno rifacendo la piazza e un autobus pieno di pellegrini cristiani che vanno a visitare le chiese da poco restaurate. Dalla piazza in poi, infatti, le moschee lasciano il posto alle chiese: il villaggio è per metà cristiano.

Maalula è uno dei tre villaggi siriani in cui si parla ancora l’aramaico. Quest’antica lingua qui ha resisto all’arabizzazione. La cittadina, nel 2013 è stata occupata dal Fronte Al Nusra. Decine di persone sono state uccise e ci sono stati molti feriti. Il 3 dicembre Al Nusra prese in ostaggio 12 monache del monastero ortodosso di Mar Taqla. Le suore furono spostate in luoghi diversi e finirono a Yabroud dove rimasero per tre mesi. I governi del Qatar e del Libano hanno negoziato un accordo per la loro liberazione che prevedeva uno scambio di prigionieri con il governo siriano.

Il primo monastero sorge accanto a un albergo la cui facciata presenta molti segni della guerra, l’insegna e le stelle sono ancora lì, mezze distrutte. Il monastero cattolico melkita di Sergio e Bacco (Mar Sarkis) è stato restaurato ed è affollato da pellegrini che pregano e cantano. L’unico segno della guerra è l’assenza delle vecchie icone che sono stata distrutte. Oggi all’interno vi sono delle copie. Nel negozietto accanto al monastero le suore vendono il loro vino leggermente dolce. Fuori, una strada costeggia l’hotel semi distrutto (anche qui la scritta e le stelle penzolano ancora) e scende piano piano fino a portare all’ingresso di una gola. Il sentiero ricorda quello di Petra in Giordania ma in miniatura. A un certo punto, la gola si apre e lascia intravvedere tante caverne, probabilmente un tempo abitate dai monaci. Dopo pochi passi, ecco apparire il monastero ortodosso di Mar Taqla.

La serie di edifici ha ormai un aspetto moderno per colpa di qualche brutto restauro. Qua e là appaiono icone religiose a pezzi o ritratti della Madonna con il bambinello sfregiati sul viso dagli islamisti. Per il resto il monastero è in buono stato di conservazione. La parte più suggestiva è quella scavata in una grotta dove un grande albero riceve i pellegrini prima di entrare nella chiesa. I fedeli riempiono un po’ tutto il sito. Sono venuti da Damasco e dai dintorni per riappropriarsi dei propri luoghi.

Sulle colline tra Homs e il mare resiste ancora fiero e imponente il Krak des Chevaliers, mentre molte delle case dei villaggi sottostanti sono abbandonate o distrutte, il castello crociato ha resistito alla guerra quasi intatto. Per arrivarci bisogna oltrepassare i continui check point militari lungo la strada. L’immenso castello ha subito solo pochi danni dovuti a qualche mortaio, qua e là. Uno purtroppo ha preso delle bifore medioevali nella sala delle riunioni.

Il castello fu la più importante e più nota costruzione militare fortificata dell’Ordine militare dei Cavalieri dell’Ospedale di S. Giovanni di Gerusalemme, più noto come Ordine Ospedaliero prima di diventare Ordine dei Cavalieri di Rodi e infine Ordine dei Cavalieri di Malta – oggi S.M.O.M. (Sovrano Militare Ordine di Malta).

Il Krak poteva ospitare fino a 2.000 tra soldati e cavalieri, anche se alcuni parlano di 4.000 e la guarnigione crociata costruì fortificazioni in aggiunta a quelle originarie lungo tutto il periodo della loro permanenza: fu testimone della presenza dei crociati cristiani nel Vicino Oriente per quasi 200 anni. Fu infatti durante l’inverno del 1271 che al-Malik al-Zāhir Baybars lo conquistò.

Nel castello sono tornati già i primi turisti, ci sono gruppi di siriani che si fanno i selfie e scolaresche di studenti cristiani provenienti da Homs che camminano per il sito con grandi croci in legno. La vita riprende possesso di un luogo nato per la difesa e sopravvissuto a tutti i conflitti e cambi politici della regione.

Non distante anche la città di Homs torna piano piano a vivere. Certo qui la situazione è molto peggiore perché Homs prima della riconquista governativa era divisa tra settori in mano all’esercito di Bashar al Hassad e zone in mano ai ribelli. I cecchini impedivano il passaggio tra una zona e l’altra. Le parti che erano in mano ai ribelli sono state completamente distrutte e ora sono disabitate, mentre quelle rimaste sempre in mano governativa sono in buono stato e piene di vita.

Molte persone sono emigrate all’estero per scappare dalla guerra, mentre chi simpatizzava con i ribelli è andato con loro ad Idlib, quando questi ultimi si sono arresi al governo in cambio di un lascia passare. Nelle zone distrutte si vedono interi quartieri accartocciati su se stessi, vuoti e con immobili simili a groviere. Pochi isolati più in là i palazzi sono invece in ottimo stato, i negozi ed i bar pieni. Nei parchi ci sono grandi giostre e altri giochi per i bambini, dovunque vi sono persone che fanno picnic. Difficile crederci se non lo si vede con i propri occhi. Quando si tocca il fondo la vita trova sempre un modo per rinascere.

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