“Transazione eseguita” di Emilio Zucchi
A tutti i resistenti
È un urlo, un richiamo la nuova raccolta del poeta parmense sul male e le sue terribili conseguenze che ci minacciano. Una poesia senza alcuna retorica, che supera la fase intimistica per rivolgersi a quanti sono disposti a seguire il lume di un nuovo umanesimo
Certamente non mancano gli scrittori che hanno descritto la situazione a cui la società mondiale è giunta, sul versante ecologico ricordo ad esempio i libri recenti della norvegese Maja Lunde, che attraverso le storie sulle api e sull’acqua ci dice come il nostro mondo declini, oppure Jonathan Safran Foer col suo Possiamo salvare il mondo, prima di cena, o rammentare ancora una volta la figura universale di Papa Francesco, che scrittore in senso stretto non è, ma che nell’Enciclica Laudato si, ci appare qualcosa di più: un gigante del pensiero, non solo religioso, oltre che l’unico “politico” che sappia dire qualcosa di profondo di noi e del nostro futuro. In poesia non sono molti gli esempi, seppure qualche nome non manchi, soprattutto per il richiamo costante alla natura (Conte, Piersanti, Fratus). In questa ottica conviene sicuramente parlare di Emilio Zucchi e della sua raccolta uscita recentemente: Transazione eseguita (Passigli Editore), il quale allarga lo sguardo non solo alla questione ambientale, ma va molto oltre.
Il libro del poeta parmense, ci permette di accostarci ai tanti disastri oggi presenti, osservati con grande lucidità, dove si evidenzia la necessità di lanciare un allarme verso una transizione «che al posto dell’umano mette il non umano, al posto dell’ontologico l’effimero, al posto dell’attesa della luce l’accontentarsi del buio» come dice il poeta Giuseppe Conte nella profonda e articolata prefazione. Una sensibilità rara quella di Zucchi, che già in Le midolla del male, un prezioso poemetto del 2010, narrava di un tratto violento della storia contemporanea, quelladel terribile aguzzino fascista Pietro Koch e della partigiana cattolica toscana Anna Maria Enriques Agnoletti, quel Koch che torturava ebrei e oppositori con enorme sadismo. Ora, quasi come fosse un continuumdel lavoro precedente, pur in una prospettiva diversa, egli parla di una violenza che, ancor più subdola seppure meno evidente, si amplia a dismisura in numerosi tasselli fino a risultare la mappa di una generalizzata e devastante malattia finale.
Un libro denuncia che, per lo meno in poesia, pare proprio un unicume che mi fa pensare a un romanzo degli anni 50, La vita agradi Luciano Bianciardi, dove l’autore esaminava molteplici aspetti violenti di quella società, che non era ancora consumistica, che non presentava emergenze ambientali, che non aveva ancora i numerosi mali che oggi ci appaiono in tutta evidenza, dove però il narratore precorreva i tempi e seppure il libro potesse apparire addirittura grottesco per ciò che evidenziava, mostrava che l’autore toscano in effetti tanto avanti era.
Ecco, Zucchi (nella foto) si colloca in questa ottica, e ci appare come un urlo lanciato in uno scenario melmoso, quasi morto, dove i più, compresi gli intellettuali, sono “rintanati” nel loro piccolo orto, impauriti dalle urla scomposte dei nuovi capitani, incapaci di proposte o di indignazioni di fronte alle tante minacce presenti, compresa una vera e totale omologazione, che va ben oltre quella pasoliniana. Si pensi alla prospettiva ecologica, che sembra lo scenario di una sicura fine, se, per fare un esempio, come dice un autorevole scienziato, nel 2050, il mare Adriatico da Ravenna giungerà nell’entroterra a Russi (e allora dice argutamente qualcuno: i cittadini di Russi diranno prima i nostri e allora i ravennati dove andranno?). Forse sono ipotesi esagerate, ma vi è tuttavia da tremare. Tutto questo mentre qualcuno scherza sul facile e banale slogan “vieni avanti gretina”,riferito ovviamente a Greta Thunberg.
Allora, la poesia, ci dice Emilio Zucchi, può superare la fase intimistica e privata, che certo non penso si voglia condannare, e può divenire un percorso tra gli abissi che abbiamo scavato nel tempo e in cui precipitiamo con ottusa felicità e senza avvertenze. Da qui il suo richiamo: «non avere rimpianti, abbi rimorsi». Perché quel creato che richiama Papa Francesco nell’Enciclica, «uno solo e non riproducibile che abbiamo l’obbligo di consegnare ai nostri figli, come una casa comune», è fortemente compromesso, e con esso i rapporti sociali, le relazioni amicali e umane, l’attenzione ai più deboli, nell’assenza di un briciolo di pietà, di carità, di senso dei doveri… Sì nelle poesie di Zucchi c’è un occhio impietoso verso i “mostri” che ci attraversano, che vivono con noi quotidianamente: le speculazioni finanziarie, le nuove povertà, le nuove insidiose tecnologie, le perverse “ristrutturazioni” aziendali, le vacanze di massa verso Sharm o la Polinesia, i tatuaggi che annientano il respiro di un corpo, la chirurgia estetica che muta la storia di un corpo, le navi da crociera che solcano i canali di Venezia («Orrende grandi navi, incubo urlante/ sui nitriti sfiancati delle gondole/ nel sole obliquo, luce dissonante/ sull’acqua lacrimosa, orrende navi,/ incubo freddo, labirinto d’aria».), ecc.
Era difficile dirlo in poesia, perché il rischio di cadere nella retorica poteva essere una eventualità, eppure a Zucchi ciò non è capitato. E si rintracciano solo versi scabri e pungenti, essenziali e ficcanti, versi di un tono lirico alto e una narrazione rapinosa. Poesia dalle grandi implicazioni ideali e morali. Zucchi nel suo percorso di denuncia si poggia su vari richiami storici e realtà amare di oggi: dalla diaspora indiana negli Stati Uniti («Il tradimento della terra, il cerchio/ a Wounded Knee spezzato»), ai «resti d’urla della battaglia; la Meloria,/ e il mare rantolante delle bocche/ pisane e genovesi», al «napalm dagli elicotteri a coprire il cielo/ sopra una torre buia urlante pane/ nel cuore di Ugolino», alla morte nelle miniere maledette dell’Africa dove lavorano i bambini per ricavare il rame necessario per costruire i nostri smartphone («sangue nero/ dalle miniere, migliaia di labbra/ mute dentro i cunicoli, migliaia/ di morituri, milioni di smartphone/ ogni giorno alla luce per miliardi/ di morituri interconnessi»), e ancora la figura del grande poeta cileno Vìctor Jara ucciso dagli sgherri di Pinochet, e «l’eternità/ dei byte, il vuoto riempito di nulla».
Transazione eseguita è un libro che narra di una tragedia, la nostra, che trascina anche gli incolpevoli animali, la fauna, le bio-diversità, le tradizioni, il sapere, le tante storie. È un libro che chiama a raccolta coloro che sono disposti a seguire il lume di un nuovo umanesimo; che chiama alla mobilitazione, ed è rivolto come dice nell’incipit: «a tutti i resistenti». Per far sì che la transazione non sia eseguita ma solo tentata e le parti rimesse nella forma del sole, della terra, dell’aria, dell’acqua, come diceva un antico poeta cinese.