Alla Casa dei Tre Oci di Venezia
Geometria del mare
"Naviganti", una piccola e preziosa mostra di immagini di Silvano Pupella, entra nel cuore pulsante di un celebre cantiere navale (Sanlorenzo) per raccontare come stare in mare sia un problema di forme e di equilibri
Incredibile, quanta geometria ci sia in una barca! A veder navigare un piccolo legno, una nave oceanica o uno yacht non se ne ha idea, spesso: e invece è la matematica a sostenere i corpi in equilibrio; sempre. È la prima deduzione che deriva dalla visione di una piccola e affascinante mostra – intitolata Naviganti – che ospita bellissime fotografie in bianco e nero di Silvano Pupella ed è visitabile fino all’11 novembre alla Casa dei Tre Oci di Venezia alla Giudecca. Già il titolo della mostra insiste sull’ambiguità che è il tema portante delle immagini. Ciò che naviga, infatti, qui non sono gli uomini, non è Achab né Marlow: sono proprio loro, le imbarcazioni. Perché le foto ritraggono le fasi di lavorazione degli yacht dei Cantieri navali Sanlorenzo, un gioiello di ingegneria e design che dalla Spezia sforna meraviglie nel mondo (le imbarcazioni, infatti, qui nascono da un connubio dichiarato fra alta tecnologia progettuale e arte del design).
Bene: le imbarcazioni navigano, questo è ovvio e banale. Il fatto è che quando non sono in mare ma in cantiere, questi oggetti diventano altro, diventano modelli di perfette forme geometriche che esulano totalmente dalla loro funzione finale. E proprio questa anima geometrica, Silvano Pupella è andato a testimoniare con il suo bianco e nero che esalta le ombre del metallo in lavorazione. Sennonché un’opera viva che sta per essere saldata all’opera morta diventa il muso aggressivo di uno squalo. Così come una prora trattenuta da una gru pare un aereo del futuro che solchi i cieli. Forme, appunto. Che l’obiettivo del fotografo depura e scarnifica. Perché la funzione di questa mostra (che ai Tre Oci dialoga con la contemporanea, imperdibile antologica di Ferdinando Scianna) è proprio quella di mostrare l’anima dell’azienda che l’ha fortemente voluta. Infatti, da tempo, la Sanlorenzo di Massimo Perotti non si limita a soddisfare i desideri di ricchi armatori, ma suggerisce loro soluzioni artisticamente compatibili, collegando il bello alla sontuosità dei progetti. Ecco perché quel che risalta più d’ogni altra cosa è la geometria, in queste foto.
Il rapporto tra obiettivo e lavoro di mare è antico e ricco di prestigiosi reportage: vengono in mente, per esempio, quelli di Uliano Lucas dedicati ai cantieri di Trieste o quelli, straordinari, di Gianni Berengo Gardin da Genova. In entrambi i casi, però, si tratta di racconti fotografici dove l’uomo ha un suo peso specifico imprescindibile: come se i fotografi avessero voluto cogliere l’essenza della relazione tra uomo e macchina (ma come dimenticare gli operai di Lewis Wickes Hine o la celeberrima immagine di Charlot alla catena di montaggio in Tempi moderni?). Qui no, qui l’occhio di Silvano Pupella punta sulle forme, quasi escludendo gli uomini (che pure in alcuni casi sono marginalmente presenti): oggetto delle immagini è proprio la dinamica matematica che, tramite la sua realizzazione in una forma compiuta, dovrà domare il mare. Ammesso che il mare ammetta di essere domato, ovviamente.
Una mostra da non perdere, dunque, perché ci dice che l’industria può essere funzionale all’arte e perché ci dice che l’arte talvolta riesce a cogliere qualcosa dell’industria che essa stessa non – forse – non sa.