Itinerari per un giorno di festa
Magie etrusche
Escursione nell’Etruria laziale per una mostra che gemella i musei e i parchi archeologici di Tarquinia e Cerveteri, celebrando la maestria degli antichi artigiani dell’età del Ferro. Ma anche per riscoprire un territorio rilanciato da una serie di appuntamenti estivi
L’elmo crestato, in lamina di bronzo finemente battuta sull’incudine curva, accompagna per l’eternità il guerriero etrusco, nella sua tomba individuata nella necropoli delle Arcatelle di Tarquinia; i sandali con l’anima in ferro, divisa in due parti per favorire l’incedere sopra le alte decorazioni laterali in metallo sbalzato, erano nella dimora sempiterna di una nobildonna di Caere, l’antica Cerveteri, e sono stati rinvenuti in una tomba a tumulo. Sono due degli oggetti che certificano la valentia dei maestri artigiani etruschi. E possono a ragione essere il simbolo di una mostra che gemella i musei e i parchi archeologici di Tarquinia e Cerveteri, nell’ottica di “armonia” e collaborazione tra i due campanili senza le quali non si comprenderebbe il contesto: la culla dell’unica, fulgidissima, civiltà urbanizzata nell’Italia pre-romana. “Armonia” è la parola scelta di Edith Gabrielli, direttrice del Polo Museale del Lazio nel quale sono confluiti i musei e le necropoli dei due comuni. E la doppia rassegna – curata da Andrea Cardarelli e Alessandro Naso – è un modo per celebrare i quindici anni dall’inserimento dei siti nella blasonata lista del Patrimonio Mondiale Unesco.
Dunque, l’itinerario che proponiamo qui, prima della pausa estiva di questa rubrica, è affascinante. Riscoprire gli Etruschi nel loro territorio. Nei musei, l’alto valore della manifattura, imparando a vedere gli oggetti sistemati da decenni nelle vetrine ma rilanciati dal tema dell’esposizione; nelle necropoli, saldando il carisma dell’archeologia – quelle tombe a camera finemente affrescate, o a tumulo, i misteriosi “montarozzi” creati per segnalare le sepolture – all’elegia del paesaggio, collinette verdi e boscose sullo sfondo del mare. Dove peraltro per l’intera estate si tengono spettacoli di musica e di teatro, oltre che laboratori, in ossequio al programma Artcity che vuole calamitare insieme con il pubblico internazionale i residenti, facendoli affezionare al patrimonio autoctono. Ecco allora che l’escursione nell’Etruria laziale può concludersi, la sera, partecipando agli appuntamenti di Immaginario Etrusco, la rassegna che per esempio propone oggi, venerdì 2 agosto, nella necropoli di Monterozzi a Tarquinia la Banda Osiris con Le dolenti note e sabato 3 nella necropoli della Banditaccia a Cerveteri Rocco Papaleo Live (per l’intero programma www.art-city.it).
Ma torniamo all’elmo e ai sandali di Etruschi maestri artigiani (fino al 31 ottobre, catalogo Arte’m). Il primo calamita l’attenzione nel Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia, che ha sede nel quattrocentesco Palazzo Vitelleschi, due piani con cortile chiuso da colonne e spalti e torrette. Risale alla prima età del Ferro, intorno all’850 avanti Cristo, il metallico copricapo da parata. Il suo artefice – che lavorò per un esponente della élite guerriera – realizzò due metà identiche, poi assemblate e decorate a sbalzo e a punzone. Era deposto accanto a una spada con l’elsa ad “antenne”, altro vanto del combattente. Ebbene, elmo e spada sono stati riprodotti in occasione della mostra ed esposti accanto agli originali proprio per sottolineare la complessità del lavoro. Un video poi ha filmato l’intera realizzazione della copia, che ha richiesto 84 ore di impegno e che pesa un 1.475 grammi, contro i 1478 dell’originale, a conferma della congruità dell’esperimento.
Ancora a Tarquinia – insieme con una situla, vaso cilindrico del VII secolo avanti Cristo recante il nome in caratteri geroglifici del faraone Bocchoris – altri tipici manufatti, le uova di struzzo dipinte dopo essere state svuotate e levigate fino a farle diventare candide. Cerveteri spiccava per la produzione tessile: dunque i rocchetti facevano spesso parte del corredo funebre delle nobildonne, impegnate come la regina Penelope nella filatura. Il suggestivo Museo Cerite, che ha sede nella rocca della famiglia Ruspoli, di fronte al Palazzo del Principe (don Lillio torna qui d’estate e nella stagione della caccia), espone pezzi unici, come appunto i sandali muliebri che andavano di moda anche in Grecia: la stessa tipologia avevano i calzari della statua in oro e avorio di Atena Parthenos, realizzata da Fidia.
Ma l’Etruria oltre a esportare massicciamente importava dall’Egeo. La sua upper class amava circondarsi di oggetti artistici provenienti dalla grande civiltà attica. Ecco allora il celeberrimo Vaso di Eufronio, che un etrusco volle per sé nella tomba: su sfondo nero disegna le figure rosse accanto all’eroe Sarpedonte, il principe licio ucciso sul campo di battaglia di Troia. Il pathos del suo corpo esanime sollevato da Hypnos e Thanatos per essere riportato in patria coincide con la precisione anatomica: i fiotti di sangue escono dal torace, dal ventre e dall’arteria femorale, guizzi di vitalità mentre braccia e gambe s’afflosciano pesanti. Emoziona vederlo esposto, perché è tornato in Italia nel 2009 (e a Cerveteri quattro anni fa) dopo un lungo braccio di ferro legale con il Metropolitan Museum di New York, dove era giunto in seguito a esportazione illecita negli anni Settanta e transito in Svizzera. Come emozionano gli argenti prestati dai Musei Vaticani, provenienti dalla tomba Regolini-Galassi, che per la prima volta ritrovano posto a Cerveteri. Li attorniano i cosiddetti buccheri, ceramica nera che simula anche nella lucentezza il metallo. Il plumbeo colore si otteneva con una tecnica “brevettata” dagli artigiani di 2.800 anni fa: la riduzione improvvisa del calore in cottura, che trasforma l’ossido ferrico di colore rosso in ossido ferroso, appunto color pece. Magie etrusche.