Nicola Fano
A proposito de “La vita nelle cose”

Racconti “meticci”

La nostra Anna Camaiti Hostert ha pubblicato una raccolta di racconti nei quali si mescolano echi, stili, luoghi e personaggi italiani e americani. Perché è dal "mescolarsi" (anche in chiave letteraria) che la società trae forza e futuro

Si intitola La vita nelle cose (Edizioni MnM print, 246 pagine, 14 Euro) la bella raccolta di racconti della nostra Anna Camaiti Hostert. Nel senso che ogni “cosa” finisce per definire un tratto importante del carattere dei personaggi descritti. E proprio nel legame con la specifica “cosa”, infatti, le donne e gli uomini descritti nei dieci frammenti narrativi assumono valore: quasi come un gioco d’enigmi, è dalle caratteristiche delle cose che prendono vita le persone.

Ebbene, i lettori di Succedeoggi che conoscono bene la cartoline americane di Anna Camaiti Hostert ritroveranno in questi racconti molti tratti di quelle descrizioni e riflessioni. Perché si tratta proprio di racconti “italoamericani”. No, non solo nel senso che essi hanno al centro luoghi e personaggi che vantano radici per metà in Italia e per metà negli Stati Uniti (Roma, la Toscana, Chicago sono i luoghi che tornano più di frequente), ma proprio perché l’ispirazione sembra mescolare una certa propensione alla riflessione critica di una tipica narrativa italiana del secondo Novecento a uno stile descrittivo minimale prossimo alla narrativa americana degli ultimi decenni del secolo scorso (John Barth, prima, poi Susan Minot o Jay McInerney). Prendete le pagine lievi con le quali l’autrice racconta di una donna che scopre la malattia degenerativa della madre e avrete un perfetto bozzetto “americano”: di quelli nei quali pare che la vita prenda corpo sulla pagina, senza la mediazione della letteratura. Ma prendete poi il racconto di un’altra giovanissima donna (sono soprattutto le donne a popolare queste storie) che si trova casualmente in vacanza a Praga proprio alla vigilia dell’occupazione sovietica che pose fine alla mitica Primavera di Dubcek: qui l’autrice sceglie deliberatamente di non far esplodere il mito del Sessantotto in chiave immaginifica ma di scavarne le ragioni storiche attraverso i volti, i paesaggi. Prendete infine lo sconcerto di un’altra ragazza (americana in Italia) costretta a cogliere da estranei la notizia del suicidio del padre: stavolta l’autrice opta per uno scavo psicologico trasversale, giacché la vicenda occorsa alla protagonista si riverbera nel trauma vissuto, anni prima, proprio dall’uomo che – casualmente – si trova a dover dare alla ragazza la notizia della disgrazia occorsa di là dall’Oceano.

Insomma, son racconti multiformi, ognuno diverso dall’altro, che trovano il loro centro in un elemento molto particolare: ciascuna storia ruota intorno a persone e luoghi che hanno lingue, culture e geografie diverse. Siamo di fronte all’esegesi di un multiculturalismo deliberato e profondo: quasi a testimoniare che sempre la vita mescola le carte, i saperi, le tradizioni, i modi d’essere. Anzi, proprio in questo elemento – il “mescolarsi” –, dice Anna Camaiti Hostert, c’è il motore del mondo; c’è la sua ricchezza. E in questo, appunto, i nostri lettori ritroveranno il gusto politico/analitico dell’autrice che proprio al meticciato culturale (non solo italo-americano) ha dedicato tante sue riflessioni sulle nostre pagine. Un motivo in più per ritrovare questi temi squadernati nelle storie che compongono questo La vita nelle cose.

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