Alessandra Pratesi
Visto al Palazzo Barberini di Roma

Stelle nascenti

Dal 12 al 17 giugno si è svolta la 16° edizione del Rome Chamber Music Festival, sotto la guida artistica e didattica del violinista Robert McDuffie e sotto l’egida del Ministero dei Beni Culturali, dell’Ambasciata Americana e del De Simone & Partners Young Artist Program. Una serata all’insegna dell’arte in tutte le sue forme, dagli affreschi del barocco romano al repertorio di musica da camera classico e contemporaneo: Copland, Tchaikovsky e Mendelssohn

Chi fosse capitato a Palazzo Barberini tra il 12 e il 17 giugno, avrebbe visto il futuro entrare dalla porta. «C’è sempre un momento della giovinezza in cui la porta si apre ed entra il futuro», afferma infatti Robert McDuffie: citazione dello scrittore americano Graham Greene perfetta per introdurre il pubblico all’ultima serata della 16° edizione del Rome Chamber Music Festival (Rcmf) caratterizzata dalla presenza di 25 stelle nascenti del panorama internazionale musicale. Sono giovanissimi, adolescenti e appena ventenni, e provengono da tutto il mondo. Romani e toscani, armeni, cinesi, statunitensi, viennesi e tirolesi, cechi e polacchi ma tutti accomunati dalla passione e dal talento che scorrono nelle loro vene. Un ardore e un entusiasmo palpabili sotto la Divina Provvidenza affrescata nel XVII secolo da Pietro da Cortona per il cardinale Maffeo Barberini (poi papa Urbano VIII).

Il progetto didattico e artistico nasce dal sogno di Robert McDuffie, violinista statunitense candidato al Grammy che nel 2002 si innamora della città eterna e fonda il Rcmf che riceve il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dell’Ambasciata degli Stati Uniti d’America. Ospitato prima presso la Villa Aurelia sul Gianicolo, poi all’Oratorio del Gonfalone, dal 2012 trova una volta l’anno fissa dimora nel suggestivo Palazzo Barberini. È un’encomiabile missione di promozione e valorizzazione del repertorio cameristico classico e contemporaneo, europeo e americano. Ogni anno nel programma anche un compositore americano.

La serata si apre con l’Appalachian Spring Suite per 13 strumenti di Aaron Copland (1944). Creata per accompagnare un balletto coreografato e danzato da Martha Graham che raccontasse gioie e dolori della vita di coppia. Un sussurro combinato di violino e clarinetto (si segnalano in particolare l’esecuzione della clarinettista Clara Ricucci e della violinista Claudia Irene Tessaro). È la natura che si prepara a rinascere dopo l’inverno, è la nuova vita che si schiude dopo il matrimonio. L’effetto che si origina dall’ascolto di Copland, e che i giovani interpreti guidati da McDuffie primo violino restituiscono alla perfezione, è immersivo ed emozionale: un tuffo nelle grandi distese delle praterie americane ma anche giubilo trascinante e seducente dolcezza. Restituiscono una sacralità laica, un inno alla vita che si conclude in punta di piedi con una sospensione vibrante di corde e archetti.

Dagli ampi spazi incontaminati del Far West, alla Russia imperiale di Pyotr Il’ych Tchaikovsky: il secondo brano in programma è il sestetto d’archi op. 70 noto come Souvenir de Florence. Nell’ensemble si distingue per esattezza scientifica e virtuosa nell’esecuzione il violinista di Seattle Evan Falls Hjort. Pur essendo stato concepito come un dialogo a sei voci, senza gerarchie da primi e secondi violini, viole e violoncelli, il violino di Evan risalta tra tutti per la sicurezza tecnica e l’espressività, per il timbro cristallino degli acuti e dei vibrati. L’incipit è affidato ad un accordo fulminante, in medias res, che conduce alla fine del primo movimento con un accelerando e crescendo continuo che lascia il pubblico senza fiato, come dopo una corsa liberatoria. Il ricordo della maniera musicale all’italiana, cui farebbe allusione il titolo, si riscontra nel secondo movimento, una serenata lenta e cantabile, resa vivace da un pizzicato; negli altri tre movimenti è il modus delle danze popolari russe e del tardo romanticismo centro europeo a regnare sovrano.

L’Ottetto per archi op. 20 di Felix Mendelssohn è il tripudio conclusivo. Un Allegro moderato con fuoco, un Andante, uno Scherzo e un Presto: dall’esuberanza travolgente al sognante sentimentalismo fino ad un umorismo energico. L’affiatamento dei musicisti si conferma anche in questa terza prova con il repertorio classico. Menzione d’onore al violinista americano Miclen LaiPang, alla sua prima partecipazione al Rcmf e beneficiario del prezioso Guarneri 1714, affidatogli a tempo determinato dalla Frost School of Music. È l’omaggio finale della serata al talento naturale coltivato dalla disciplina musicale dei giovani partecipanti dell’edizione 2019 del Rcmf. Mendelssohn stesso non aveva che 16 anni quando compose l’ottetto. Era il 1825 e lo dedicava al maestro di violino e viola. È la soddisfazione commossa di un progetto di studio e di arte condotto dalle 25 rising stars e da Robert McDuffie.

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