Visto al Teatro San Carlo di Napoli
Butterfly svelata
Grande attenzione del pubblico napoletano per la Madama Butterfly che il regista Ferzan Ozpetek rilegge con vibrazioni contemporanee e con una sensualità inedita per gli allestimenti operistici. Accompagnano questa nuova produzione la direzione di Gabriele Ferro e un cast di ottimi interpreti
Madama Butterfly è un’opera senza tempo, che a ogni sua ripresa non smette di commuovere e appassionare gli spettatori di ogni tempo e di ogni luogo. Amore e delusione, ingenuità e cinismo, incontro e scontro tra culture diverse: sono questi i grandi temi universali che muovono la tragedia pucciniana e la rendono in grado di parlare a tutti, oggi come in quel lontano 1904 in cui apparve per la prima volta. Protagonista del dramma è una quindicenne di Nagasaki, che a causa della caduta in disgrazia della sua famiglia, è stata costretta a diventare geisha, col soprannome per l’appunto di “farfalla”, a ricordo della sua gracilità di fanciulla. Per Cio-Cio-San il matrimonio con Pinkerton, lo spregiudicato marinaio americano che la compra da un mezzano al suo arrivo nel porto giapponese, appare come l’occasione dello sperato riscatto personale: per assumere una nuova identità, Butterfly non solo prende il cognome del marito, ma decide anche di aderire alla sua cultura, rinnegando le tradizioni famigliari e convertendosi al cristianesimo. Il destino riserverà però alla giovane una sorte molto diversa da quella sperata: la scelta religiosa le costerà il ripudio della famiglia, e l’ufficiale americano, innamorato solo a parole, in realtà la abbandonerà per una nuova moglie e una nuova vita. Quando, dopo tre anni di distacco, la giovane vede tornare l’uomo tanto atteso con il solo scopo di riprendersi il figlio avuto da lei e crescerlo secondo i costumi americani, l’unica via di uscita per lei sarà il suicidio.
Ammirata da critici, registi e dal suo stesso compositore, questa triste storia pucciniana ha colpito, da ultimo, la sensibilità del regista cinematografico Ferzan Ozpetek, che l’ha messa in scena in un nuovo allestimento per il Teatro San Carlo di Napoli. Con questo progetto il regista segna il suo terzo appuntamento con la regia d’opera, dopo l’Aida di Firenze e La Traviata sempre per il teatro partenopeo: tre titoli, tre donne protagoniste. Questa coincidenza sembra rivelare una scelta precisa, da parte di Ozpetek, di voler rappresentare nelle sue regie d’opera quelle stesse intense storie al femminile che caratterizzano gran parte dei suoi film, da Le fate ignoranti con Margherita Buy alla Giovanna Mezzogiorno de La finestra di fronte fino al recente Napoli velata con la stessa attrice. Nella sua rilettura di Butterfly, il regista turco enfatizza la centralità visiva della protagonista facendola circondare di quattro sue controfigure, che all’inizio dell’opera si aggirano tra gli spettatori della platea e che poi nel corso dello spettacolo impersonano i diversi stati d’animo della fanciulla. Oltre a ciò, la cifra della regia è data dai suoi tratti realistici, che cercano di evitare i rischi di decorativismo attraverso la ricerca di atmosfere autentiche. Senza veli al contrario della Napoli ‘velata’ cara al regista, nel duetto d’amore del primo atto, Pinkerton e Butterfly sono colti nel vivo del loro amplesso più che limitarsi a dichiararsi il loro amore. Le scene di Sergio Tramonti e i costumi di Alessandro Lai inoltre spostano l’ambientazione dall’Ottocento agli anni Cinquanta del Novecento, rendendo così l’atmosfera meno astrattamente esotica e più storicamente pregante. All’interpretazione registica non manca poi un tocco cinematografico, con il celebre coro a bocca chiusa che è accompagnato da una proiezione video in cui, con uno squarcio sul sogno di Butterfly, si vede la fanciulla camminare in mare in direzione della nave di Pinkerton.
Dal punto di vista musicale, la produzione del Teatro San Carlo si attesta su un livello alto, che convince il pubblico napoletano senza però strappare applausi entusiastici. Il direttore Gabriele Ferro guida con sicurezza l’orchestra sancarlina, anche se della partitura pucciniana non sembrano essere valorizzate tutte le ricche sfumature di toni e di colori. Tra gli interpreti (il cast a cui si fa riferimento è quello della recita del 30 maggio) si segnalano le ottime perfomance della protagonista Amarilli Nizza, intensa voce sopranile a cui però la platea non tributa il tradizionale applauso alla fine di Un bel dì vedremo, e di Claudio Sgura, che con la sua statura imponente e la sua voce corposa restituisce uno Sharpless in grado di dominare sul libertino Pinkerton, interpretato da Ivan Magrì. Particolare apprezzamento riscuote poi Anna Malavasi, che aggiunge al personaggio solitamente secondario di Suzuki un piglio inconfondibile e inedito.
Nel complesso la nuova produzione del San Carlo targata Ozpetek e Ferro ha reso giustizia all’immortale tragedia pucciniana, senza però conferirle un aspetto davvero memorabile. La sensazione che anima lo spettatore all’uscita della recita è che forse con una storia così potente e un regista tanto affermato si poteva fare di più, si poteva tentare di lasciare un segno più indelebile delle pur innovative intuizioni individuate dal regista. Il progetto ha comunque fruttato al teatro partenopeo un sold out per gran parte delle sue repliche grazie probabilmente alla curiosità del pubblico per quella tanto chiacchierata scena osé e senza veli.
Ph. Luciano Romano e Francesco Squeglia