Andrea Guermandi
A proposito de “L’amico di Leopardi”

Leopardi a Bologna

Isabella Fabbri e Mauro Curati hanno scovato una affascinante storia bolognese che mescola amore, libertà e mistero. Con Giacomo Leopardi sullo sfondo, a celebrare il connubio vita e poesia

Non ci facciamo mai caso abbastanza, ma i libri, quelli scritti bene e ben documentati, ci servono anche a preservare la memoria. E quando dalla memoria spunta il poeta per eccellenza, invischiato anche se marginalmente, in un giallo e in una storia dai contorni reali, beh, non si deve che dire grazie. Grazie per la scrittura, grazie per la bella storia, grazie per il giallo, grazie per una “visione” piuttosto vicina alla realtà.

Giacomo Leopardi è a Bologna, città troppo fredda per lui, ma piuttosto attraente. Studia, scrive, osserva e cerca di vivere l’atmosfera. Bologna a quel tempo è una città immiserita, bigotta, spiona, papalina. Ma offre cose che altre mete non sono in grado di offrire. Governata dalla Chiesa col pugno duro, poche benedizioni ma molte inquisizioni, è l’ambiente ideale per una torbida storia di omicidi politici e di speranze frustrate. Patrioti, giovani idealisti, guasconi: irrimediabilmente denunciati, puniti, perseguiti. Assassinati.

Giovanni Laghi è uno di loro, studia nel prestigioso Ateneo bolognese. Viene dalla Romagna, esattamente da Faenza, e arriva nel cuore di quella che credeva una città felice, vivace, culturalmente avanzata. La trova, invece, feroce. Conosce e frequenta il conte Leopardi e questa, almeno, è una buona notizia che non smentisce del tutto la fama ipotizzata della città.

I due, una sera, scoprono un cadavere che galleggia. È un giovane ed ha una ferita a forma di occhio sulla fronte … È, come suggerisce la quarta di copertina, «l’inizio di un’avventura che sconvolge la vita del giovane e lo precipita al centro di un complotto pieno di ombre e di coltelli, in una guerra senza esclusione di colpi tra sette carbonare e sanfediste che si muovono tra Bologna e la Romagna». È un piccolo gioiello quello che ci regalano Isabella Fabbri e Mauro Curati, con i loro L’amico di Leopardi, edizioni Pendragon (15 euro). Frutto di due anni di lavoro a due e poi a quattro mani, il romanzo, che in sé è anche storico e di formazione, ci racconta un periodo buio di una città vocata alla cultura, percorsa dalla mente di uno dei più grandi poeti al mondo e dalla insopportabile atmosfera complottista frutto di una Chiesa involuta, feroce e perversa. Giovanni Laghi, il nostro giovane protagonista che poi diverrà amico e sodale del conte Giacomo, è ingenuo, idealista e pronto a diventare grande in un ambiente che spera assai diverso dalla sua piccola Faenza. Così come Leopardi che lascia l’isolamento di Recanati per trovare stimoli e bellezza.

Le loro menti si incrociano e si confrontano e ne esce un’idea comune di liberà e giustizia, di critica all’esistente e di partigianeria velata nei confronti dei patrioti. Per Giovanni, che ha amici “compromessi” e sotto osservazione, il coinvolgimento sarà maggiore e vivrà alcuni momenti di vera difficoltà. Perché, naturalmente, le strade e le notti bolognesi e le osterie pullulano di spie e di punte di spade che cercano di colpirlo. Una lo colpirà proprio in seguito ad un attentato al cardinale Rivarola. Bologna però è anche divertimento e amore, e infatti Giovanni Laghi vivrà anche questi momenti con la bella Rosina dalla voce incantevole e con la protezione discreta di Pietro Brighenti, spia austriaca, ma anche editore e giornalista dal buon cuore tanto da salvare Giovanni e da fargli dire dell’avventura descritta nel romanzo “autobiografico”: «Mi sento in dovere di raccontare un episodio di quegli anni appassionati che coinvolse entrambi. Perché il conte Giacomo Leopardi mi ha salvato la vita».

Dedichiamo qualche ora alla lettura di queste avventure che si sviluppano sotto i portici, verso San Luca, nelle botteghe del vino di Bernagozzi (aiutato dal padre di Giovanni a metter su l’osteria), nelle case di Leopardi e Rosina, nella corte del cardinal Rivarola che fece arrestare cinquecento liberali, sulle rive del Reno e nella cerchia delle Mura. …Bologna al tempo era una città all’apparenza ospitale, ma sovente fredda e opaca come l’ombra spessa dei suoi portici… E quanto è bello ritrovare in un romanzo una lingua bella, pura, italiana, quasi fosse stato scritto agli inizi del Novecento, quando le scrittrici e gli scrittori sapevano scrivere (non è un’ovvietà). Verbi giusti, aggettivi coevi all’epoca, grande lavoro di ricerca, appassionante semantica. Da aprire, ogni tanto, per leggere quel passo ove Vipera tenta di assalire Giovanni o dove Rosina entra nell’abitazione di Giovanni, sfrontatamente. E, naturalmente, i passi in cui si narrano le gesta dei patrioti e le loro sofferenze.

Da ora in poi saremo tutti amici di Leopardi. Anche perché gli autori, ringraziamoli, forniscono una essenziale bibliografia che hanno consultato nel corso dell’elaborazione del testo. Grazie dunque ad Isabella Fabbri, giornalista e scrittrice che si occupa di comunicazione e promozione del patrimonio culturale, e grazie a Mauro Curati, giornalista e scrittore, amico dai tempi de l’Unità, già autore di questa piccola ma lucente casa editrice: Pendragon.

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