A Pistoia il Premio Ceppo Leone Piccioni
Da Magris a Piccioni
Claudio Magris (di cui esce una nuova raccolta di racconti) riceve domani il prestigioso riconoscimento intitolato al grande critico. Pubblichiamo una lettera che lo scrittore gli mandò in occasione dei suoi 90 anni. A proposito di incontri e di maestri
«Nella sua prima edizione, il Premio intitolato a Leone Piccioni, è consegnato al professor Claudio Magris, autorevole erede dei principi fondatori dell’umanesimo europeo e testimone di una sapienza che trae linfa dalle essenziali “radici dell’universale umano: la Bibbia e la tragedia greca”». Inizia così la motivazione del premio letterario internazionale che domani a Pistoia sarà consegnato a Claudio Magris in coincidenza con l’uscita del suo nuovo libro di racconti “Tempo curvo a Krems” edito da Garzanti. Il riconoscimento è nato dall’Associazione Amici di Leone Piccioni (guidata dalla nostra Gloria e da Giovanni Piccioni) e dal Premio Ceppo Pistoia (a cura di Paolo Fabrizio Iacuzzi), per celebrare la memoria del grande critico che tanta linfa ha dato anche a noi di Succedeoggi.
La motivazione ufficiale così prosegue: «La profonda conoscenza delle specifiche tradizioni storico-culturali nazionali e mitteleuropee unita all’inedita capacità di reinterpretarle attraverso una letteratura aderente alla vita e a alla realtà contemporanea rendono l’opera di Magris un punto fermo della cultura europea degli ultimi cinquant’anni. La sua attività di prosatore è stata scandita da continue scommesse sulla possibile commistione tra narrativa, saggistica e scrittura giornalistica, dettate dal bisogno autentico, morale e non sperimentale, di rifondare un linguaggio letterario per la nostra epoca. La vastità degli interessi ˗ dalla musica, alla filosofia, all’antropologia, alle scienze politico-sociali ˗ e la naturale predisposizione a farli confluire in una scrittura controllata e persuasiva nel rispondere agli inquietanti interrogativi di ogni essere umano e dell’attualità hanno portato gli “Amici di Leone” a riconoscere nell’opera del professor Magris l’espressione alta e originale di valori già sentiti e partecipati dalla esperienza umana e professionale di Leone Piccioni».
Alla premiazione, che si terrà presso la Biblioteca San Giorgio di Pistoia oggi alle 16,30, parteciperanno, oltre al vincitore Claudio Magris e al presidente del Premio Ceppo Paolo Fabrizio Iacuzzi, Gloria e Giovanni Piccioni e la scrittrice Sandra Petrignani. Uno dei temi del dibattito sarà una lettera che Claudio Magris inviò a Leone Piccioni per i suoi novant’anni, raccolta nel libro “Maestro e amico” (pubblicato in edizione limitata da Pananti, Firenze) e che qui riproduciamo per gentile concessione dell’autore.
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Caro Leone,
dovevo avere dodici, forse tredici anni quando ti ho incontrato per la prima volta. Non incontrato personalmente, ma in un libro che mi ha segnato profondamente e che naturalmente ho ancora nella mia biblioteca e che prendo spesso in mano. In particolare in questi ultimi mesi, perché mi ha aiutato in un libro, un romanzo che ho appena finito di scrivere. Si tratta di quel libro sulla letteratura dei negri d’America, che ricordo di avere comprato nella vecchia Libreria Borsatti e di aver letto e riletto tante volte, tante volte nel corso di questi ormai lunghi anni. I testi, la tua scelta, la tua straordinaria introduzione che mi ha fatto capire meglio un mondo verso il quale ero, chissà perché, istintivamente profondamente portato con passione. Tanto che, quando avevo dieci anni, visto che il mio compleanno è il 10 aprile e i miei genitori ovviamente lo festeggiavano in quella data, ho chiesto (pare con grande solennità, come mi raccontava più tardi mio padre) di festeggiarlo invece il 9 aprile. E alla domanda di mio padre sul perché di questa richiesta ho risposto «Perché il 9 aprile 1863 Abramo Lincoln ha dichiarato liberi gli schiavi neri d’America».
Poi ho letto tuoi articoli e saggi su giornali e riviste finché, a Torino, io studente e tu ancora molto giovane ma saggista e critico molto affermato, hai tenuto una lezione che ricordo ancora benissimo, che potrei quasi ripetere, perché è stata molto importante per i miei studi, le mie ricerche, il mio sguardo sulla letteratura. Era una lezione – che poi hai sviluppato più ampiamente – sulla narrativa italiana tra romanzo e racconti. Quella dialettica tra romanzo e racconti sarebbe divenuta, molto più tardi, un tema per me affascinante, assillante, sul quale ho molto riflettuto, cercato di scriverne, che mi ha anche influenzato nelle mie scritture di invenzione. Quella lezione l’hai tenuta nel seminario di letteratura italiana moderna e contemporanea su invito di Giovanni Getto, persona alla quale devo tanto perché è stato lui, dopo avermi conosciuto a Trieste dove era venuto a presiedere la commissione dell’esame di maturità nel mio liceo, per così dire a portarmi a Torino, a consigliarmi di andare a studiare a Torino, ed è stata una scelta che ha deciso della mia vita.
Poi non ci siamo per molto tempo più incontrati, ci siamo incontrati ancora sulle nostre pagine, finché ci siamo incontrati, relativamente di recente, di nuovo anche personalmente. E tu sai quanto significhino per me quei tuoi libri, talora smilzi ma aurei libretti, che hanno una leggerezza che sarebbe piaciuta a Goethe e che è tanto più profonda proprio nella sua levità, libri che ho ricevuto ogni volta non solo come un dono ma come una vera piccola illuminazione. Poi ancora il tuo ritorno ai vecchi amori, col libro su Malcom X e tante altre cose. I tuoi scritti sono come la tua personalità: ironica, apparentemente sorniona e sotto sotto molto affettuosa e generosa, attenta a quelle cose piccole, a quei dettagli in cui, come è stato detto, c’è Dio. Se non fossi un po’ sopraffatto dalle cose e dalle difficoltà, sarei felice di poter farti un omaggio più ampio, di discutere con te a fondo il complesso della tua opera e della tua personalità, della tua umanità nell’esistenza e nella scrittura. Posso invece soltanto renderti questa testimonianza di gratitudine e di affetto, sperando di ricevere molto presto un altro di quei piccoli gioielli di parole.
Ti abbraccio, Claudio Magris