Al Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Canova napoletano
Le “Tre Grazie” troneggiano al centro della straordinaria mostra dedicata a Canova. Così il grande scultore neoclassico "torna" nella città dove scoprì le forme e le luci mediterranee
«Chi conosce la terra, dove il cielo d’indicibile azzurro si colora? Dove tranquillo il mar con l’onda sfiora rovine del passato?» Bastano due righe, a Puškin, grande ammiratore di Canova, per descrivere l’Italia meridionale. D’altra parte, fu proprio qui, nella culla della cultura antica, riportata all’attenzione internazionale dai primi scavi di Pompei, che Antonio Canova «l’ultimo degli antichi e il primo dei moderni», mosse i primi passi. Arrivò a Napoli nel 1780, visitò la città, le chiese, i teatri; stupì per il gran parlare e le estrazioni del lotto, ammirò il Cristo Velato alla Cappella San Severo, la Galleria di Capodimonte e il Museo di Portici. Ma soprattutto visitò Ercolano, Pompei e Paestum, ricavandone un’indelebile ispirazione.
E oggi Napoli, con la mostra Canova e l’Antico riaccende i riflettori sul maestro che con la città, «veramente situata in una delle più amene situazioni del mondo», ebbe un rapporto lungo e costante, costellato di significative committenze dei regnanti (sia dell’antico regime che dell’età napoleonica) e dell’aristocrazia. La mostra, inaugurata lo scorso 28 marzo al Museo Archeologico Nazionale, offre una panoramica completa sull’arte e la vita di Antonio Canova, genio «tenace, alacre, caparbio», che nato nel 1757 a Possagno (Treviso) e morto a Venezia all’età di 65 anni, lavorò senza soste, ricevendo in quegli anni di rivolgimenti politici continue commesse che lo portarono anche a Venezia, Roma, Vienna, Parigi e Londra.
Il pezzo forte della mostra è la celebre scultura Tre Grazie, (le tre dee figlie di Zeus che rappresentano splendore, gioia e prosperità, atteggiate come amiche che si fanno delle confidenze), proveniente insieme ad altri cinque marmi dall’Ermitage di San Pietroburgo, museo che grazie a filantropi e collezionisti russi, entusiasti estimatori del talento di Canova, possiede la più grande collezione al mondo di statue in marmo del maestro italiano. Ma sono ben 110 i lavori del grande artista esposti per l’occasione, fra cui 12 marmi, grandi modelli, calchi in gesso, bassorilievi, disegni e dipinti che nell’esposizione si confrontano con le opere delle collezioni permanenti del Museo Archeologico sotto lo sguardo reale della gigantesca statua di Ferdinando IV di Borbone, commissionata dallo stesso re all’artista, che troneggia in una grande nicchia dello scalone monumentale.
Ma chi conosce soltanto il Canova scultore resterà ammirato davanti alla grazia delle 34 tempere, recentemente restaurate, su carta a fondo nero e conservate nella casa natale dell’artista: sono prevalentemente leggiadre danzatrici, «varj pensieri di danze e scherzi di Ninfe con amori, di Muse e Filosofi ecc, disegnati per solo studio e diletto dell’Artista», un incanto.
Due istallazioni poste all’inizio del percorso raccontano la profonda conoscenza di Canova della cultura classica e della mitologia cui si ispirano le sue opere e spiegano le varie fasi della realizzazione dei marmi: dal bozzetto al disegno, dal modello alla copia in gesso, fino all’opera d’arte definitiva. Nel suo atelier l’artista applicava una serie di processi di lavorazione che gli consentivano di non affaticarsi inutilmente, specie per scolpire le opere di maggior impegno, lasciando agli aiutanti i compiti non creativi. Il ricco Catalogo Electa, una serie illustrata dedicata ai più piccoli e a breve un fumetto con Topolinio Canova completano l’offerta per i visitatori.
Considerato la massima figura del Neoclassicismo, osannato ovunque esponesse, con la poetica di coniugare antico, natura e invenzione Canova ci conduce dalla cultura dell’antichità all’Europa delle Corti e oggi a quella delle Nazioni, ci dice chi siamo e soprattutto da dove veniamo perché «conviene sudare dì e notte su’ Greci esemplari, investirsi del loro stile, mandarselo in sangue». Per lui Napoli si è messa in fila. Da quando è stata inaugurata, la mostra sta attirando ogni giorno, non solo nei weekend affollati di turisti, un altissimo numero di visitatori. Dalla mescolanza di lingue e di sguardi affascinati sorge un unico Oh! di stupore e ammirazione. Sarà che la bellezza classica mette d’accordo esperti e incompetenti, sarà che la mostra riunisce opere provenienti da mezzo mondo, sarà che il ricchissimo Museo Archeologico ha riconquistato in questi anni di direzione di Paolo Giulierini visibilità e vivacità, sarà quello che volete ma l’antico sta sbancando.