Visto al Teatro Eliseo di Roma
I 25 anni di Novecento
A 25 anni dal debutto al Festival di Asti, torna a teatro il monologo di Alessandro Baricco dedicato al pianista sull'oceano che non era mai sceso a terra: "Novecento". Regista e interprete storici, Gabriele Vacis e Eugenio Allegri, ridanno vita alla storia di Danny Boodman T.D. Lemon Novecento
«Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla». Alessandro Baricco, Gabriele Vacis ed Eugenio Allegri sono tra coloro che una buona storia da raccontare ce l’hanno. E pure un pubblico, numeroso e caloroso, cui raccontarla. Per i suoi venticinque anni dal debutto nazionale, Novecento, il monologo teatrale scritto da Baricco, diretto da Vacis e interpretato da Allegri, ritorna in scena, allo Stabile di Torino e all’Eliseo di Roma.
Era luglio del 1994 quando il Festival di Asti 16 ospitò per la prima volta questo piccolo miracolo della drammaturgia italiana contemporanea. Nel settembre dello stesso anno sarebbe diventato un libro edito da Feltrinelli. Del 1998 la consacrazione sul grande schermo, La leggenda del pianista sull’oceano, per la regia di Giuseppe Tornatore, la prova attoriale di un Tim Roth in stato di grazia e la mirabile colonna sonora di Ennio Morricone. Dopo oltre 500 repliche, torna nella sua forma originale incantando il pubblico e strappando applausi commossi e invasati. Standing ovation la sera di sabato 6 aprile al secondo turno di recita dopo il pomeridiano delle 16:00. Se Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, protagonista eponimo del monologo, aveva «disarmato l’infelicità», aveva «sfilato via la vita dai desideri», ebbene, per il venticinquesimo dello spettacolo Allegri ha disarmato il pubblico. Risate, meraviglia, commozione: Novecento rinnova ogni volta la magia del racconto e riesce ad emozionare e trascinare il pubblico.
Interprete versatile e pieno di risorse, Allegri è il trombettista amico di Danny Boodman T.D. Lemon Novecento nonché depositario della sua storia, ma è anche la ricca signora in vestaglia rosa e pinzette nei capelli, il competitivo e vanaglorioso Jelly Roll Morton, autoproclamatosi “l’inventore del jazz”, e Danny, l’omone nero di Chicago macchinista del piroscafo Virginian che dà un nome al bambino abbandonato in una scatola di carta. Allegri trasforma il monologo in un melologo, intonando gesti e voce alla musica che accompagna lo svolgersi del racconto. Impressionante, ad esempio, l’imitazione del suono della tromba solo con il nasale della voce, e altrettanto i glissati a suon di ragtime e blues. Delicatissimi i passaggi da voce narrante a personaggi. Allegri domina la scena e nel testo si sente a casa. Baricco aveva scritto la pièce pensando proprio a lui. Eppure, nonostante la performance di Allegri non appaia sempre smagliante come dovrebbe, la metafora dell’oceano e della musica contro il rumore vorticoso e caotico della terra ferma non perde vigore. Anzi, ne acquista ad ogni allestimento. Storia tra le storie, quella del pianista mai sceso dalla nave che in quella nave nasce e muore, per sua volontà, è la storia dell’anima nobile e visionaria dell’artista che ha difficoltà nel trovare il suo spazio nel mondo. Pur detenendo il ruolo indiscusso di originale, lo spettacolo a volte fatica a reggere il confronto, sleale, con la pellicola di Tornatore, con lo sguardo naif di Tim Roth nuovo Forrest Gump della musica, con le note impeccabili e toccanti di Morricone. Ma non sei fregato finché hai una storia da raccontare, e la storia di Novecento è universale e intensa.
Ph. Andrea Macchia