Giuseppe Bonaviri a dieci anni dalla morte
Quel Nobel mancato per un solo voto
Ricordo del medico scrittore siciliano apprezzato fin dal suo esordio da Vittorini. Celebrato all’estero, tanto da sfiorare nel 2004 il prestigioso riconoscimento svedese, il suo grande patrimonio memoriale e letterario sarà ora destinato ai Beni Culturali
Non sono in molti a sapere che Giuseppe Bonaviri, il medico scrittore siciliano più volte entrato nella rosa dei candidati al Premio Nobel per la letteratura, nel 2004 soltanto per un voto aveva mancato il prestigioso riconoscimento. Lo ha rivelato, qualche tempo fa, nel corso di un convegno dedicato a Bonaviri, la moglie Raffaella, affermando che il particolare le era stato segnalato con una lettera riservata da parte dell’Accademia svedese. E ancora. Nel corso dello stesso simposio Donato Tamblè, già Soprintendente archivistico per il Lazio e consigliere del Centro Studi Internazionale Giuseppe Bonaviri ha annunciato che tutte le opere pubblicate, gli scritti inediti, i manoscritti, le lettere, le carte private, gli appunti agli amici e ai familiari, insomma tutto quello che appartiene oggi, a dieci anni dalla scomparsa (avvenuta a Frosinone il 21 marzo del 2009), al grande patrimonio memoriale e letterario dello scrittore, costituiranno un grande archivio presso i Beni Culturali.
Ma chi è stato Bonaviri, quale la sua importanza, la sua incidenza nel panorama letterario italiano? Nato a Mineo, in provincia di Catania, Bonaviri, prima di essere scrittore, era medico, medico cardiologo. Aveva svolto il servizio militare in Piemonte, a Casalmonferrato, con il grado di ufficiale medico, e lì aveva terminato la stesura del suo primo libro, Il sarto della strada lunga (nel 1954), che aveva ottenuto grande considerazione e approvazione da parte di Elio Vittorini, e per questo pubblicato da Einaudi. Fu l’inizio di una vastissima produzione letteraria. Davvero impressionante la mole delle sue opere, dai romanzi alle poesie, alla saggistica, alla produzione teatrale. Opere tradotte in tutto il mondo e che gli valsero l’attenzione dell’Accademia di Stoccolma. Quasi impossibile menzionarle tutte. Da La divina foresta a Notti sull’altura, a Silvinia, a L’infinito lunare a Il vicolo blu a L’incredibile storia di un cranio. Opere con in primo piano, quasi sempre, la Sicilia. La Sicilia di Bonaviri come infanzia, come natura, come luogo delle rimembranze, come approdo finale dell’anima.
Uno scrittore cosmico nel senso vero della parola, con conoscenze, saperi, intuizioni che vanno dalla letteratura all’astronomia, dalla medicina (e questo è ovvio dato che era medico) alla fisica, alla biologia, dalla linguistica alla storia delle religioni, alla mitologia classica, in un sorprendente caleidoscopio di scienza tuttologica. Ma un autore, Bonaviri, che sfugge a ogni catalogazione, che è sempre stato oltre i canoni e le mode, mai conformista o legato a schemi precostituiti, costantemente fuori dal coro. E forse, proprio per questo, non completamente conosciuto (e apprezzato) in Italia per il valore che invece meritava, e che merita, ovviamente. E se la critica italiana appare alquanto silente nei confronti di questo grande letterato, non così si può dire per quella internazionale. Nel 2015 Dagmar Reichardt, allora docente all’università olandese di Groningen e traduttrice in tedesco di molti libri dello scrittore, ha organizzato a Ginevra, in collaborazione con l’università svizzera e con la Fondazione Erica Sauter, un grande simposio cui hanno partecipato studiosi americani, spagnoli, tunisini e romeni. Nel 2016 la stessa Reichardt, attualmente docente all’Accademia di Cultura di Riga, in Lettonia, si è fatta promotrice di altri due convegni, sempre dedicati a Bonaviri, a Vienna e a Budapest.
Oggi si va verso una letteratura documentaristica, giornalistica, agganciata alla realtà quotidiana. Tutto il contrario degli scritti di Bonaviri, del secondo Bonaviri. C’è da fare, infatti, una precisazione, in quanto si può dire che l’opera dello scrittore siciliano viva due fasi diverse (ma non necessariamente contrapposte). Nella prima abbiamo uno scrittore nostalgico, ostaggio consapevole degli insopprimibili ricordi della sua infanzia, delle memorie di Mineo, dei rimpianti di un mondo antico che non c’è più nella realtà ma che vive, incancellabile, nella sua mente. Questa è la prima fase della sua vita letteraria. Un autore che fa del realismo, del verismo alla Verga, alla Capuana, l’asse portante della sua scrittura. Ma c’è una seconda fase, forse la più importante, o, in ogni caso, la più moderna, che abbandona, o meglio, pone in secondo piano le memorie isolane per creare universi fantastici, avventure straordinarie, visioni e miraggi di mondi lontani, inafferrabili, irraggiungibili.