Alla Casa dei Tre Oci di Venezia
Foto senza rete
Una bellissima mostra rende omaggio alla lunga e felice carriera di Letizia Battaglia, fotografa tutta cuore, testa e coraggio che ha raccontato orrori e contraddizioni del nostro Paese
La vasta retrospettiva su Letizia Battaglia (oltre trecento scatti in b/n, molti dei quali inediti ) che la Casa dei Tre Oci di Venezia ha appena inaugurato nella sua prestigiosa sede di fronte a San Marco, riconferma la costante grande qualità delle sue esposizioni fotografiche che ne caratterizzano da anni la sua programmazione. Abbiamo visto le numerose sale assieme a lei e a Francesca Alfano Miglietti, curatrice della mostra e del poderoso catalogo edito da Marsilio. L’emozione di sentire dalla sua voce i commenti e i retroscena delle sue foto è stata intensa. Lei stessa ha ripercorso, tramite le sue istantanee, la sua lunga carriera di fotoreporter. In queste immagini c’è un poderoso ritratto di un’Italia spesso devastata da crimini di mafia, da povertà e contraddizioni irrisolte. «Un racconto del quotidiano fatto anche di piccole cose, di suggestioni intime, di riflessi di vita affidati a un’immagine e in essa fissati oltre la linea del tempo» come efficacemente ha raccontato Giampiero Brunello, presidente della fondazione di Venezia che ha fortemente voluto e reso possibile questa esposizione in accordo con Denis Curti, direttore artistico di questo autorevole tempio della fotografia internazionale.
Letizia Battaglia è l’emblema dell’impegno sociale: non ha mai cercato la “bella immagine” ma piuttosto la realtà. In ogni suo scatto ritroviamo la volontà di realizzare una sorta di inventario visivo delle persone, dei luoghi, di degli orizzonti e dei sentimenti. Le sue foto di cronaca nera sono temperate da un vasto repertorio di immagini rubate nel quotidiano, nella routine giornaliera di una popolazione come quella di Palermo, che ha convissuto in tutti questi anni con episodi tragici che tutti noi abbiamo registrato spesso proprio grazie agli scatti di Letizia Battaglia. Questa fotografa, del resto, ama le performance improvvisate di quella città ricca di stratificazioni storiche e di irrefrenabili vitalità della sua popolazione.
Ogni sua foto, ci ha ricordato la curatrice, è un tuffo senza rete, consapevole, coraggioso e rischioso. Un salto mortale in uno spazio denso di strati di memoria e di cultura. Tutte le foto provengono dall’archivio di Letizia Battaglia e la mostra si dipana nei tre piani dell’esposizione creando dei focus tematici come quelli dedicati ai ritratti di fotografi, donne, uomini, bambini, animali, e poi alla politica, alla vita, alla morte, all’amore, agli orizzonti ecc. Nei suoi scatti è presente la stessa pietas virgiliana che ritroviamo in Enea. Per cui, ogni sua immagine è anche una rivoluzione visiva, una sfida alle relazioni tradizionali. «La sua è stata una vita costantemente attratta dal concetto di cambiamento ed evoluzione, una vita all’insegna della lotta contro i pregiudizi, operando sempre scelte che le hanno permesso di non rinunciare ai sogno e all’incontenibile curiosità che l’anno resa una grande fotografa e ancor più una grande persona», come giustamente scrive la curatrice nell’introduzione al catalogo.
Di grande intensità la serie di ritratti di Pier Paolo Pasolini che la mostra raccoglie in un’intima sala: Letizia Battaglia ci ha raccontato come lui fosse una persona che lei adorava e che casualmente, leggendo sul Corriere della Sera di una sua conferenza a Roma, corse a sentire e a documentare con il suo magnifico bianco e nero.
Non mancano le tragiche, famose immagini degli omicidi di mafia e lei, emozionandosi davanti alla numerosissima stampa internazionale presente all’inaugurazione, ci ha rivelato che ancora più tremende erano le foto dei luoghi dove sarebbero avvenute le stragi perché cariche dell’atmosfera sinistra che pervadeva questi territori. Le sue foto hanno contribuito a gridare al mondo le connivenze della mafia a Palermo che per tanti anni ha macchiato questa città. Letizia Battaglia è stata testimone e voce di denuncia di questa aberrazione.
Le foto di letizia sanno coniugare la bellezza con la riflessione. Un realismo che si fa poetica.
Molto bello anche il testo del palemitano Filippo La Mantia, oggi famoso chef milanese e non solo, che in gioventù ebbe modo di lavorare con Letizia Battaglia come fotografo, ammirandone l’impegno e la qualità del suo lavoro. La Mantia a volte si è chiesto da dove le arrivasse questo coraggio, quasi fosse un dono di Dio o di qualsiasi altra divinità. Finche, conclude citando Tucidide: «Il segreto della felicità è la libertà, il segreto della libertà è il coraggio».
Molto significative, infine, le frasi della fotografa che punteggiano le stanze colme di sue fotografie; come ad esempio: «Non conta la macchina che usi: contano il fuoco, la profondità di campo. Non ho mai capito niente delle macchine fotografiche. Da una decina d’anni sono passata al digitale, ma il principio vale sempre: i risultati non dipendono dall’attrezzatura ma da testa, cuore, cervello. Dalla tua posizione politica, morale. Se odi il mondo, se lo ami. Le macchine, gli obbiettivi non sono niente. Piuttosto sconsiglio i teleobiettivi e tutte le tecniche che rendono uguali i lavori dei fotografi. Consiglio di fotografare tutto da molto vicino, a distanza di un cazzotto, o di una carezza». In questa affermazione è perfettamente racchiusa la sua poetica.
La mostra rimarrà aperta fino al 18 agosto.