Lidia Lombardi
Itinerari per un giorno di festa

L’eterna vita della Curia Iulia

“Mythologica” e i “Giovedì del ParCo”: appuntamenti bisettimanali con archeologi, storici della romanità, esperti stranieri nella sede del Senato Romano, voluto da Giulio Cesare ma inaugurato da Augusto, ora restaurato e aperto al pubblico

Cesare la volle, Cesare le diede il nome, ma non fece in tempo a vederla. La Curia Iulia, il severo, compatto edificio che scorgiamo al culmine del lato breve del Foro Romano, fu infatti inaugurata da Augusto, quindici anni dopo che il più celebre condottiero dell’Urbs con mire dittatoriali era stato trucidato a pugnalate, nelle fosche Idi di Marzo del 44 avanti Cristo. Il futuro imperatore metteva così il suo suggello al luogo per eccellenza della democrazia della Caput Mundi. Perché la Curia Iulia – rettangolare edificio di mattoni, tetto spiovente, finestre alte – era la sede del Senato Romano. La riempivano i “curiati”, ovvero i cittadini dal censo più elevato, capidinastia insomma, prima riuniti nell’attiguo Comizio, come il Senato. Del Comizio restano poche pietre. La Curia Iulia è invece intatta e squaderna il suo spazio, accuratamente restaurato, aperto al pubblico ormai regolarmente, secondo la politica di fruizione sempre più allargata messa in atto dalla direzione del Parco Archeologico del Colosseo.

Così, la blasonata costruzione inserita da Giulio Cesare ai margini del Foro che porta il suo nome (un modo implicito per rendersi subalterno il Senato) ora ospita convegni, presentazioni di libri e mostre, ma soprattutto due serie di incontri settimanali: il sabato mattina alle 11,30 il ciclo organizzato da Electa e dal filologo-antropologo Maurizio Bettini Mythologica, arrivato con grande successo all’ottavo appuntamento. E, da ieri, i Giovedì del ParCo, pomeriggi (ore 16,30) con archeologi, storici della romanità, esperti stranieri. Nel primo incontro ha tenuto banco Aldo Schiavone, professore di istituzioni di diritto romano, che ha parlato della Constitutio Antoniniana, il rivoluzionario provvedimento emesso da Caracalla nel 212 dopo Cristo, con il quale venne concessa la cittadinanza romana a tutti gli abitanti liberi dell’Impero. La mattina di sabato 23 febbraio invece Mythologica narrerà le figure di Fedra, Artemide e Ippolito con la voce del latinista Giusto Picone (il 9 marzo per Edipo e gli enigmi Stefano Bartezzaghi affiancherà un classicista, come pure farà Roberto Vecchioni il 23 marzo per parlare di Ulisse e di Itaca).

Ascoltare e alzare lo sguardo, dunque, dentro all’aula che conserva il pavimento marmoreo rifatto da Diocleziano dopo l’incendio del 283, circondato dai gradoni sui quali sedevano i senatori. E ripercorrere le ere stratificate in questo luogo e il suo uso continuo, che gli ha permesso di giungere a noi integro. Al tempo del re Teodorico nella Curia si riunisce ancora il Senato, sopravvissuto alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente ma svuotato di quasi tutto il suo potere, tanto che l’edificio è confuso anche nel nome con il vicino Atrium Libertatis, dove anticamente veniva sancita la liberazione degli schiavi. L’alto Medioevo cristiano si impossessa poi della Curia: anno 630, papa Onorio I regnante, viene trasformata in chiesa e cambia nuovamente nome, Sant’Adriano al Foro. La decorano affreschi bizantini, in parte ancora visibili, e un campanile. Arriva l’epoca del barocco, e l’edificio muta pelle. Ci mette lo zampino nel 1653 l’architetto Martino Longhi il Giovane. E ancora una volta la costruzione realizzata rispettando le proporzioni vitruviane (altezza pari a circa metà della somma tra lunghezza e larghezza) si ricicla. Fino a ritrovare l’originario aspetto tra il 1930 e il 1936, allorché durante una campagna di scavi che interessa il Foro Romano (nel 1932 è inaugurata dal Duce la pretenziosa via dell’Impero) la chiesa di Sant’Adriano viene sconsacrata e privata delle aggiunte accumulatesi dopo l’era dioclezianea.

Ecco allora nella loro purezza la pianta rettangolare, le due facciate sormontate da timpani, i quattro pilastri-contrafforti sui lati esterni, le tre finestre ad arco sopra la cornice in travertino del portale, copia in bronzo di quello autentico, trasferito nel XVII secolo a San Giovanni in Laterano. E se dei trascorsi cristiani restano loculi ai lati dell’ingresso, dell’epoca imperiale ci parlano vestigia emozionanti. In fondo all’aula, la statua della Libertà, portata da Ottaviano Augusto, venerata per il forte valore simbolico e oggetto di contesa quattro secoli dopo, allorché Sant’Ambrogio si oppose al senatore Quinto Aurelio Simmaco e le fece togliere contrastando la volontà delle residue famiglie pagane di Roma. All’imperatore Traiano risalgono invece due grandi rilievi, i Plutei, che raffigurano altrettanti momenti del principato: la distruzione dei registri dei debitori e la concessione di aiuti alle famiglie indigenti.

La Roma repubblicana e imperiale, quella cristiana e barocca, il Ventennio fascista e la recente costituzione del Parco archeologico del Colosseo, tutto riassunto nel rettangolo della Curia. Che a partire dal prossimo ottobre intreccerà anche il filo, a cura di Sofia Gnoli, con il mondo del costume e della moda in incontri, il sabato mattina, con Silvia Venturini Fendi, presidente di Altaroma, e con Gabriella Pescucci, costumista Premio Oscar. Quanto ai Giovedì del ParCo, il 21 febbraio Francesca Ghedini, dell’Università di Padova, parlerà di Giulia Domna, la moglie di Settimio Severo dalla grande influenza politica come documentato dalla mostra in corso tra Colosseo e Foro sulla dinastia del Severi. Il programma si chiuderà il 4 aprile, con Carthago, il mito immortale.

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