La seconda parte di un viaggio in Cina
La Cina celeste
La religione, la storia antica e lo (smodato) sviluppo attuale: uno sguardo sulla Cina di questi decenni ci mostra come essa si sia preoccupata poco dell'etica terrena e pochissimo dell’aldilà. Finendo per contraddire il suo passato
I templi buddisti, scintoisti o confuciani, e i giardini appaiono piccoli e snaturati nella nuova giungla. Il tempio del Budda di Giada a Shanghai è un isolotto nel traffico. Entriamo. L’atmosfera è fascinosa, i colori luccicanti e smaltati, i bracieri, dove i devoti depongono sul fuoco, dopo aver fatto cerimoniose ma contenute devozioni, bastoncini profumati e colorati che spandono attorno aromi intensi e mistici da fumosi camini architettonicamente pregevoli; il fumo si disperde con un effetto scenico suggestivo che sorprende l’animo e l’affascina.
La ressa è tremenda, si confondono fedeli devoti, giovani e anziani, e torme di turisti stranieri. In tutti i templi stupisce la forma delle coperture con i tipici spigoli ricurvi verso il cielo, decorati con elementi geometrici e zoomorfi, mai antropomorfi. Nessun elemento strutturale è privo di colori e l’armonia dell’insieme, architettura, colori, luce, sorprende e riempie di stupore in una soluzione estetica che ammiro senza commenti.
Per i buddisti i colori essenziali sono l’ocra, il giallo e il blu cobalto; per gli scintoisti è il bianco, che è anche segno di lutto perché nell’aldilà la luce è bianca e il bianco poi è la composizione dei vari elementi cromatici che si riuniscono fondendosi; per i confuciani il colore essenziale è il rosso che è il colore del sangue ed è il segno della vita, il che dimostra come il confucianesimo si preoccupasse dell’etica terrena e non dell’aldilà.
Usciamo dal tempio: una giovane donna elegante in vestiti “moderni” cammina con l’ombrellino: è bella e fascinosa in questo mix di moda. L’ombrellino mantiene la pelle, levigata e finemente liscia, del colore della porcellana!
Visitiamo il famoso parco, dove una volta c’era il cartello messo dagli inglesi: «È vietato l’ingresso ai cani e ai cinesi». La diligente guida ci spiega i significati dei luoghi: hanno tutti nomi aulici e riposanti: armonia celeste e suprema, tranquillità e pace… Ma ci stiamo muovendo tra queste forme armoniche circondati, attorniati, assediati da ragazzi e ragazze che vogliono vendere di tutto: orologi, penne, borse, cappelli e cappellini. Soprattutto una ragazza, bruna e tosta, non mi molla per mezzo chilometro. Compro infine una borsa (che non mi sembra tra l’altro affatto brutta, è un ”tarocco” egregio). Non l’avessi mai fatto: devo ora affrontare i ripetuti assalti dei suoi competitori, che mi toccano con mille mani e mi mettono la merce sotto il naso a prezzi sempre più stracciati, e così cammino nell’afa con le mani vicino al portafoglio e al passaporto, roteando la femminea borsetta e con in testa un cappello a quadretti simil-pagoda … Infine il battello su un lago “celestiale” mi salva ! E, all’uscita, magliette e cappelli per i giochi olimpici. Costano poco. Saranno prodotte da bambini schiavi?
Quale sarà la reazione cinese, viene da chiedersi, a una eventuale inversione del ciclo economico o a una improvvisa battuta d’arresto di una crescita febbrile e vertiginosa? Quali tensioni sociali e politiche nasceranno dalla distribuzione diseguale del benessere? Mi sfuggono paragoni, ignoro elementi radicali di diversità e mi rimane il senso dell’imprevedibilità che pervade il mondo globalizzato.
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Finalmente la cena. Il ristorante, nell’ex quartiere francese dove alloggiamo, è bello. Una scintillante Lamborghini nera luccica sotto un faro.
I cinesi a tavola conversano, familiarizzando fra loro, assaggiano, mangiano, ma si curano anche: attribuiscono infatti a ogni alimento una virtù terapeutica. Shulin mi spiega che rispetto al nostro pasto strutturato in rigide fasi – antipasto, primo, secondo, dessert – in Cina si mangia alternando tutti i cibi ordinati secondo un gusto e una sequenza individuali: si assaggia un piatto, poi un altro, un altro ancora, si torna al primo e così via. Le portate, più di dieci, vengono collocate su di un tavolo con la parte centrale rotante, che i commensali fanno girare servendosi di volta in volta. Un rito straordinario e ricchissimo, in cui il gusto della combinazione è l’elemento fondamentale. Non ho mai visto nessuno al ristorante mangiare da solo: il cibo va consumato in compagnia. E noi a tavola siamo un’ottima compagnia, e regna il buonumore e la curiosità divertita per i cibi, tutti degnissimi e magistralmente illustrati nel loro significato terapeutico-filosofico da Shulin Shu.
Brindiamo, facciamo “gambe” in un sol fiato con il Wulianghe di 50 gradi, più interessante del noto Maotai. Dicono i cinesi “Dopo un bicchiere di buona grappa, ogni poeta scrive una poesia, ogni generale vince una battaglia, ogni uomo trova la sua metà”.
Il percorso nella terra: gallerie ed eserciti nel loess. Xining, capitale della provincia Cinese di Quinghai, ha una storia di oltre 2100 anni. Si trova a 2300 metri di quota sul “corridoio del “Gansu” o “Hexi”, ramo della via della seta sulla carovaniera verso il Tibet. Sorge su una formazione geologica formata da loess. Il loess è una siltite poco coerente, leggermente calcarea, giallastra, di deposito eolico ed eluviale ed ha consistenza tufacea. I depositi, anche di spessore superiore a 1000 m come in Mongolia, derivano dalle aree che furono sede delle calotte glaciali quaternarie che per erasione crearono i materiali polverosi poi portati lontano dal vento. Il loess è protagonista di questa parte del viaggio sia per le gallerie visitate della ferrovia in costruzione sia dei siti archeologici dei Guerrieri di terracotta e dei Mausolei sepolcrali sotterranei.
A Xining visitiamo due gallerie in costruzione per la linea di 110 Km che si congiunge con la linea del “Treno dei cieli” che scende dal Tibet e la prosegue per raggiungere Lanzhou. (v. il mio reportage su “succedeoggi.it” del 2016).
Prima di partire da Xining visitiamo il complesso del Monastero lamaista tibetano di Ta’ er, immenso, con un centinaio di padiglioni ripristinati a fondo. Sono suggestioni di tetti, colori, luci intensissime ed avvincente è il numero incredibile di rulli di preghiera, grandi, di varie epoche e stili che faccio ruotare fidando nella buona sorte dei messaggi che vogliono esprimere.
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Xi’ an. Da Xining proseguiamo per Xi’ an: visitiamo lo sterminato esercito di terracotta creato da Qin Shi, re dei Qin che unificò la Cina, per fermare in eterno la sua gloria. Egli assunse il titolo di “Huang Di,” “Signore Supremo”, ed è ricordato come Primo Imperatore. La dinastia iniziò nel 221 a.C. e terminò nel 206 a.C. quando presero il potere gli Han.
Dallo storico Sima Qian si sapeva di sontuosi mausolei imperiali la cui esistenza veniva messa in dubbio. Nel 1974 durante la costruzione di un pozzo è venuta improvvisamente la conferma archeologica: lo scopritore dei resti è un contadino che, oggi ottantenne, al grande museo sorto sul posto, firma i libri sul “Risveglio dell’esercito” ed anche il mio è firmato da lui.
L’esercito è collocato in fosse scavate nel loess aventi la n°1 le dimensioni di 230m per 62 per 14200 mq, la n°2 di 6000 mq, la n°3 di 520 mq. Ogni fossa, o meglio collina artificiale scoperchiata, contiene trincee o corridoi scavati nel loess grigio-giallo dove ci sono le statue di terracotta a grandezza naturale degli squadroni dell’armata che celebra la gloria dell’imperatore. A completare l’opera segreta era stata ricostruita al disopra una collina per nascondere a chicchessia l’armata. Ma a nulla valse tutto ciò e in breve i nemici riuscirono a penetrare nei sotterranei e con furia a spaccare con le mazze l’intera armata e a incendiare il sotterraneo. Il fuoco fuse i colori di cui le statue erano dipinte e fece crollare gran parte delle coperture. La natura riprese il sopravvento e per 2000 anni si perse ogni memoria dell’armata. Oggi le fosse sono aperte e l’armata è visibile sotto grandi tettoie.
È un’armata delle tenebre formata da cavalieri scortati dai loro cavalli, auriga e carri da combattimento, balestrieri e fanti, tutti a dimensione naturale, tutti perfettamente riprodotti, dalle armature ben disegnate e dai lineamenti personalizzati. Formidabile è la visione in situ ben diversa da quella museale ma non mi dilungo oltre data a la notorietà del sito. Solo una parte è restaurata: in una zona c’è come un’ infermeria dove di notte gli archeologi rimettono insieme i pezzi con maestria.
L’insieme, i dettagli dei personaggi e gli oggetti costituiscono una eredità artistica e culturale di grande impatto ma quello che mi ha più colpito sono le fosse in cui non sono ancora stati rimossi i corpi di uomini, cavalli, carri e armature che giacciono confusi come a rappresentare una fatalità ineluttabile: danno una sorta di commozione paragonabile a quella che ho avuto anni fa ad Ercolano quando erano stati scoperti gruppi di fuggiaschi all’atto della loro morte per l’eruzione del Vesuvio e che potei visitare pochi giorni dopo la scoperta ed oggi solo più visibili in parte perché molti andati distrutti da visitatori “distratti”.
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Saltiamo il pranzo per non perdere a Hanyang il mausoleo dell’imperatore Jing (188-141 a C) della dinastia Han (succeduta a quella del Primo Imperatore) e della imperatrice Xiaojng, che è una scoperta del 2000, meno nota ma della stesso impatto emozionale dei guerrieri e che completa gli scenari umani di 2100 anni fa. Un gelato Nestlè e un buon caffè dall’incredibile costo di 2 euro e mezzo (nel 2007) ci confortano.
Ci accoglie una presentazione eccezionale: in un piccolo teatro vi sono oggetti autentici del palazzo imperiale e con un gioco di retroproiezione (una sorta di nuovo teatro delle ombre) compaiono sul palcoscenico a luci spente, piccoli tra le vestigia antiche, degli attori veri che con poche scene raccontano i fatti dell’ancella che diventa principessa grazie al figlio avuto dal principe e poi tanti avvenimenti da favola. L’ imperatrice volle immortalare in trincee nel loess tutta la sua vita riproducendo in terracotta il palazzo imperiale vivo nella realtà quotidiana e ci sono statue di bambini, di animali da cortile, di servitori, di mandarini, di concubine e oggetti di vita domestica come vasi ed utensili. Completano la scena del percorso della vita umana numerose tombe e luoghi sacrificali.
È un luogo sorprendente per i contenuti e la qualità dell’esposizione cosi come è interessante il Museo Archeologico, il più grande della Cina. Vi sono esposti i primi reperti, tra cui spiccano le quadrighe dorate con il cocchio, provenienti dal grande mausoleo dell’imperatore Qin, solo parzialmente scoperto (è un monumento che si trova a 35 km e che compare come una collina: ad esso lavorarono oltre 700.000 prigionieri nel corso di 10 anni di lavoro), che forse rivelerà impensabili novità. Al museo i reperti riguardano tutte le epoche e sono particolarmente incentrati sui vari percorsi della Via Della Seta che passava di qui.
Lasciamo la città di Xi’an di poco più di un milione di abitanti ma in rapida crescita (più di 6 milioni stimati oggi, 2019) con edifici forse migliori di quelli della Spina 3 di Torino pur in una dispersione urbanistica tale da far pensare come sola possibile risoluzione una rete estesa di metropolitane.
Il percorso Olimpico: Beijing 2008. Beijing: ci sono luoghi dove il fluire della vita sembra essere più veloce. I cambiamenti, anche epocali, avvengono in pochi anni, le classi sociali si mescolano, il livello culturale della popolazione sale rapidamente, le attività produttive fioriscono a ritmo accelerato. A volte capita che questi luoghi abbiano, come per una curiosa antitesi, una storia antichissima. È certamente il caso della Cina, impero unificato dai Quin nel terzo secolo a.C, e delle sue grandi città. Impero vastissimo e rimasto solido nei suoi confini fino ad oggi.
Pechino ha 15 milioni di abitanti (nel 2007 mentre oggi, 2019, ne conta 21,5) e i contadini pronti a trasferirsi nei centri urbani (dove oggi risiede già il 48% della popolazione) si gonfiano a vista d’occhio: sono ancora il 50% (oggi Il 45%) della popolazione contro il 2% degli USA.
La Cina industriale raccoglie il 23% della popolazione (oggi il 40% è passato dall’agricoltura all’industria) . la Cina che si dedica alla ricerca e ai servizi è il 27% (oggi oltre un terzo contro il 75% in Usa). È questo settore che costituisce il fulcro del futuro: le università, i laboratori, gli atelier, dove brulicano milioni di ingegneri, architetti, designer, professionisti, artisti, stilisti che inventano, scoprono, disegnano e progettano, creando conoscenza, simboli, valori, estetica sotto forma di brevetti, hi-tech, film, moda, media, entertainment.
I venditori di pesce fritto e i ragazzi che ancora tirano i risciò saranno prossimamente solo folclore.
La Cina è convinta che presto tornerà ad essere ciò che è già stata per mille anni, fino al sedicesimo secolo: la potenza più ricca del pianeta, quella intorno alla quale ha ruotato molta storia dell’umanità, ma già oggi è una potenza in atto, dove il numero dei ricchi equivale a tutta la popolazione della Germania e in pochi anni raddoppierà (in effetti da fonti occidentali di tutto rispetto ed indipendenti si prevede che per il 2020 il PIL cinese sorpassi quello USA). (Questa fatto oggi, 2019, pare più lontano).
Salgono i grattacieli come a Shanghai e l’estensione urbana e la congestione è immensa come vediamo al ritorno della visita alla grande Muraglia distante 80 km, costruita a partire dal VII secolo a. C. e proseguita fino a raggiungere la sua massima estensione di 5600 Km con la dinastia Ming nel XVII secolo. L’ingresso a Pechino richiede 2 ore e mezza di coda in autostrada: per la visita alla Grande Muraglia il viaggio è stato più lungo che 30 anni fa e l’unica differenza da allora nella visita alla stupefacente opera sono le funivie per salire e un intrigante divertentissimo taboga disneyano per scendere. Ci salveranno le nuove modernissime metrò in costruzione? Il “rimpicciolimento” relativo dei monumenti antichi è minore che a Shanghai .
La Città Proibita con i suoi 150.000 mq ha ancora dimensioni accettabili per la nuova città immensa: non la visito più come 30 anni fa quasi da solo con due guide cinesi parlanti un perfetto italiano. Adesso la folla preme ma si può cogliere ancora l’armonia dei numeri e dei colori. Nel 1978 mi ero seduto sul trono dell’“ultimo imperatore” quello del film di Bertolucci, ora lo posso vedere solo dalla porta sporgendomi a turno da una catena.
Il suo significato di luoghi e colori penso debba essere colto astraendosi in solitudine. La solitudine doveva essere pur tra 20.000 uomini, metà donne, metà eunuchi, il filo conduttore degli imperatori nel concepire e poi contemplare tutte queste opere che sono trattati scientifici, spirituali e d’arte.
Forse sto pensando alla scenografia di un film ma il vero film si sta attuando a ritmi accelerati per le Olimpiadi “Beijing 2008”. I giochi olimpici del 2008 nello slogan ufficiale sono definiti, “verdi, high-tech e per il popolo”. Il master-plan del Parco Olimpico dello studio Sasaki Associates costituisce in tal senso una sfida importante per lo sviluppo di Pechino. Shulin Shu ne è entusiasta. Lo Stadio Olimpico “Bird’s Nest” di Herzog e de Meuron è, probabilmente, l’opera emblema dei nuovi impianti olimpici. Il progetto degli svizzeri si segnala per l’originalità della struttura, un grande nido d’uccello che protegge il manto erboso. Come rami di paglia gli elementi orizzontali e verticali della griglia strutturale si piegano e si intrecciano, creando un effetto suggestivo di leggerezza e trasparenza, esaltato dalla doppia tamponatura in materiale traslucido e isolante. Lo stadio sarà in grado di contenere fino a 90.000 persone sotto una copertura completamente trasparente e apribile.
Un’altro edificio destinato a rimanere impresso nella memoria degli spettatori sarà lo Stadio del Nuoto “Watercube”, progettato per 17.000 spettatori dallo studio di architettura PTW di Sydney. L’intenzionalità del progetto fonde una logica hi-tech che sfrutta l’energia solare, espressa in una forma rigorosa e con un simbolismo evidente nella doppia pelle traslucida, che sembra intrappolare bolle d’acqua eteree e permette giochi di luce, proiezioni e dialoghi evanescenti tra interno e esterno.
Vediamo le due opere da fuori la recinzione dei cantieri e brillano ai raggi del sole che ci ha sempre seguito nella visita anche se nei giornali bene informati nostrani ho letto che le opere sarebbero state visibili solo ogni tanto a causa dello smog. Ma le archi-star progettisti non devono essersi parlati perché le due opere sono vicine e lo stadio “ammazza” con la sua mole il Watercube che forse doveva stare su un rialzo di terreno ponendosi con una altezza di sommità simile al vicino (vedi a Torino il nostro modesto piccolo stadio e il Pala-Isozaki ben armonizzati).
Non meno eclatante è il Centro per la Televisione di Stato CCTV “Z-crisscross”. Il progettista, l’olandese Rem Koolhaas, ha ipotizzato un macrosegno urbano, un blocco scultoreo alto 230 metri. La sagoma può leggersi come due enormi L, una capovolta ed una inclinata, connesse alla base e alla sommità da volumi a ponte. Altre opere stanno caratterizzando i luoghi come il grande elissoide del teatro a conchiglia levitante su un lago che si vede dalla Città Proibita.
Finora sono state le archi-star internazionali ad imporsi piuttosto che i progettisti locali. Le trasformazioni urbane, hanno coinciso con l’importazione di modelli estranei, prevalentemente eclatanti, episodici e all’insegna del “grande gesto”. Noi europei abbiamo cercato, almeno fino all’era pre-guerra, di concepire nella composizione urbana un rapporto armonico tra edifici e la città e questo abbiamo nell’animo visitando questi luoghi immensamente nuovi, sempre che la decadenza culturale non faccia venir meno in noi ogni valenza estetica aprendo una zona grigia dell’animo. I cinesi, che hanno sempre aspirato alla Grande Armonia, troveranno stimoli certi dalla nuova architettura spettacolare che ha di sicuro una valenza più forte di una architettura ripetitiva e noiosa?
Mentre ci avviamo al festino dell’anatra laccata che, con un crudele sacrificio del suo corpo, ci regalerà delizie al palato, cerco il cielo che non si vede per lo smog e la luce: quanti Kilowatt luminosi si aggiungeranno nel cielo quando nei prossimi dieci anni ci sarà il previsto trasferimento di circa centocinquanta milioni di cinesi dalle campagne alle città e con altrettanti pendolari?
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2019 Tempi attuali, ipnosi e droga. Parlare della Cina e delle sue città in tempi reali è impossibile. La velocità della crescita non permette commenti e giudizi duraturi. E’ tutto un immenso laboratorio: nel trascorre dei temi forse una via sarebbe quella di sentire, rivivere gli abitanti in ambienti protetti nell’immensità, quei luoghi dove rimane un uso antico del suolo come luogo comune: la strada in cui è possibile vedere un tavolo dove si gioca a carte, una sedia dove si mangia …ma questo è solo un ricordo degli storici utong cari a un visitatore antico e un po’ romantico. Sta di fatto che è vano cercare luoghi come quelli in cui viviamo noi europei: il concetto degli spazi è totalmente diverso ed è inutile ad esempio cercare le piazze della nostra tradizione. Vince l’inarrestabile nuovo… Ne porto due esempi tra i più eclatanti:
A Pechino compare ora un nuovo oggetto nella skyline: è il Chaoyang Park Plaza costruito su progetto dello studio cinese MAD architects, sorto nel 2004 a Pechino ed ora in espansione mondiale. Il progetto pensa a un dialogo tra ambiente costruito e paesaggio. Il complesso è un centro per affari su 220 mila metri quadrati che sorge nel più grande parco rimasto a Pechino: comprende 10 edifici con l’ambizione di realizzare una pittura di paesaggio tipo Shanshui. Due edifici svettano a 120 metri: sono torri ad andamento irregolare modellato con creste e avallamenti come un rilievo montuoso lavorato dall’erosione: si sono ricercate la ventilazione naturale, i filtraggi dell’aria ecc. L’ambizione è stata quella di creare un nuovo Central Park. Varrà l’ipnosi?
Mi dice l’amico Shu Shulin che Pechino oggi ha 21,5 milioni di abitanti ma che le impressioni del nostro viaggio del 2007 non sono molto mutate.
A Shanghai i grattacieli, che dal Pudong si innalzano nel cielo, sono aumentati così come gli edifici altissimi e le strade vorticose nello smog della più grande città del mondo con i sui quasi 27 milioni di abitanti. In questa nuova città verticale, fitta di grattacieli svetta la Shanghai Tower di 632 metri, il secondo grattacielo al mondo (primo è a Dubai con 830 m), è un’opera dell’architetto Gensler concepita in acciaio con un corpo che si svolge curvo racchiuso in una spirale vetrata.
Ogni 12 -15 piani, un giardino aereo vuole essere un filtro verde, sussidio e ricordo.
…Ma ormai è necessario cambiare i movimenti focali dei nostri occhi e innestare un potente zoom, passare dall’antico al nuovo assestando la mente tra passato e futuro: ipnosi e droga. L’occhio del vecchio viaggiatore nel riposo del giardino, adatta le sue lenti riandando agli uomini delle solitudini lassù sugli altipiani tibetani nel loro cielo stellato e riflette su come la corsa dell’uomo verso le stelle sia (sia stata) simbolo di felicità.
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2. Fine. Clicca qui per leggere la prima parte.