Every beat of my heart
Così parlò la stella Dovunque
Ancora Epifania. Questa volta attraverso i versi, promessi da Roberto Mussapi la scorsa settimana, di Rainer Maria Rilke. Che racconta in forma di leggenda il viaggio dei Re Magi e il dialogo tra l’astro divino che indica la strada e Maria
Avevo promesso che non avrei concluso con il giorno dell’Epifania la sua presenza su queste pagine. Ora la magnifica poesia di Rainer Maria Rilke, che già nel sottotitolo annuncia ciò che diranno i versi, un’eco di leggenda, di verità lontana, oscura e evidente. E una poetica: leggenda è la scaturigine della poesia di Rilke, orficamente svelante il passato anche ignoto o perduto nello splendore d’immagine del presente.
E a Maria parla una stella, dopo avere guidato i Magi.
Rilke: nella sua poesia I Re Magi, sottotitolata Leggenda, l’incanto rivive come simultaneamente avvenne nei saggi e eleganti zoroastriani e nel porcaro analfabeta: Rilke fa tutto umile e tutto oro: «Un tempo, quando all’orlo del deserto/ si dischiuse la mano del Signore/ simile a un frutto estivo/ che il suo nocciolo annuncia,/ ci fu un prodigio: da lontano/ si incontrarono e si salutarono/ tre re e una stella».
Allora la stella ride, su «quei tre carichi d’oro e di topazi,/ con facce scure e ottuse di pagani», corre alla capanna e si rivolge a Maria e le dice, ti porto in viaggio da molti paesi lontani, tre grandi re, ma non avere paura del loro aspetto orientale, regale e fastoso, e dei loro volti bruni. Stanno andando da tanto tempo, seguendomi: sono simili a pastori, stanno per chinarsi alla nascita e perdere la regalità antica, entrando in una nuova dimensione. «E mentre il bue, qui, come vento caldo,/ soffia il suo alito ai re nell’orecchio,/ forse son diventati in quel frattempo/ poveri, forse già decapitati».
La stella corre a Maria, lasciando il suo cielo le indica i re che ora si sono inginocchiati, grazie alla loro sapienza, alla loro conoscenza del cielo, degli astri. E inginocchiandosi a Gesù hanno già perso tutto il potere terreno, sono già poveri, prevede la stella, forse sono già decapitati.
I Re Magi
Leggenda
Un tempo, quando all’orlo del deserto
si dischiuse la mano del Signore
simile a un frutto estivo
che il suo nocciolo annuncia,
ci fu un prodigio: da lontano
si incontrarono e si salutarono
tre re ed una stella.
Tre re dei Lunghi Cammini
e la stella Dovunque
tutti insieme marciarono (rifletti!)
a destra un Rex ed a sinistra un Rex,
alla volta di una tranquilla stella.
E quanti ricchi doni
portarono alla stella di Betlemme!
In largo raggio echeggiava ogni passo,
e il re che stava in sella sul destriero
comodo cavalcava nel velluto.
Quello che camminava alla sua destra
era vestito d’oro,
e l’altro alla sinistra incominciò
con foga e con fervore,
con tinno e con tintinno dondolando
un arnese rotondo
d’argento che s’era appeso a una catena,
a spander fumo azzurro.
Allora rise la stella Dovunque
una risata strana su quei tre,
e corse avanti e si fermò alla stalla
e a Maria disse:
Ecco, ti porto viandanti da molti
paesi lontani.
Tre re di gran possanza,
carichi d’oro e di topazi,
con facce scure e ottuse di pagani,-
non spaventarti troppo.
Tutti e tre hanno a casa
dodici figlie, nessun figlio,
perciò ti pregano di dargli il tuo
come sole del loro cielo azzurro
e conforto del trono. Ma non credere
che tuo figlio abbia in sorte d’esser solo
un principe che in trono fa faville,
o uno sceicco di pagani.
Pensa, il cammino è lungo.
Vanno di tanto in tanto, simili a pastori,
e intanto il loro regno,
maturo, cade a chi Dio sa chi nel grembo.
E mentre il bue, qui, come vento caldo,
soffia il suo alito ai re nell’orecchio,
forse son diventati in quel frattempo
poveri, forse già decapitati.
Perciò tu illumina col tuo sorriso
il caos che essi sono,
e rivolgi il tuo viso
e il tuo bambino verso Oriente;
in linee azzurre là si stende
ciò che ognuno di loro ti ha lasciato:
la terra di Smeralda e di Rubinia,
le valli di Turchese.
Rainer Maria Rilke
(Traduzione di Giacomo Cacciapaglia)