Visto al Teatro Quirino di Roma
Sorelle taglia e cuci
Tornano a teatro le Sorelle Materassi, le signorine tumistufi nate dalla penna di Palazzeschi e approdate sulla scena grazie alla collaborazione di Geppy Gleijeses e Ugo Chiti e all’interpretazione di Lucia Poli, Milena Vukotic e Marilù Prati. Sobrio e pacato, mai esilarante o fuori le righe, come l’ironia di Palazzeschi
Fare taglia e cuci: dicesi dell’attività di una persona pettegola, incapace di non esprimere maldicenze, commenti, malignità gratuite sugli altri. Nella estrema ricchezza e versatilità delle combinazioni della lingua italiana, l’espressione “fare taglia e cuci” si presta particolarmente a dare uno schizzo di situazioni e temperatura emotiva dello spettacolo andato in scena al Teatro Quirino di Roma: le Sorelle Materassi. Le Signorine, infatti, sono ottime sarte e ricamatrici, zitelle e beghine, rigide moraliste seppur naturalmente propense a smancerie e carinerie verso l’aitante nipote ventitreenne. Ricamano, notte e dì, mentre civettuole si incantano all’idea degli uomini che avrebbero potuto avere («Noi gli uomini li conosciamo per sentito dire», onesta la Carolina; «Se volevo…», le fa eco Teresa, bonariamente gradassa).
Lo spettacolo messo in scena da Geppy Gleijeses al Quirino è la prima trasposizione teatrale dell’omonimo romanzo scritto da Aldo Palazzeschi nel 1934. Dopo il successo al suo debutto nella stagione 2017-18, e dopo la sosta al Franco Parenti di Milano, alla Pergola di Firenze, allo Stabile di Torino, al Duse di Bologna, ritorna a casa per una settimana. Ad accoglierlo un pubblico divertitissimo, dalla prima all’ultima battuta, dalla prima all’ultima smorfia, dal primo all’ultimo quadretto. Interpretano i ruoli delle protagoniste Lucia Poli (Teresa) e Milena Vukotic (Carolina), arcigna e legnosa l’una come frivola e vezzosa l’altra, duo perfetto nella complementarietà complice dei gesti e degli sguardi.
La leggerezza tagliente e incisiva del tono seriosamente giocondo del romanzo di Palazzeschi è al centro dell’indagine di Ugo Chiti, autore dell’adattamento, e del regista Geppy Gleijeses. Individuare il vero carattere delle Sorelle Materassi non è sterile esercizio da filologi, bensì requisito imprescindibile per l’operazione from page to stage. «Una commedia, una tragedia, un grottesco, un vaudeville, una farsa?», si legge nelle note di regia, finché non si arriva alla risposta parafrasando Antonio Ruccello: «piccola tragicommedia minimale». È un valzer crudele, una girandola dispettosa, un gioco dell’oca in cui ci si ritrova sempre al punto di partenza. Dopo aver lavorato per una vita intera per mantenere la madre prima, le sorelle minori poi, Teresa e Carolina ormai non più nel fiore degli anni si ritrovano ancora una volta a dover affrontare ipoteche e cambiali per far fronte ai debiti dell’uomo di casa, un tempo il padre ora il viziatissimo e gaudentissimo nipote Remo (Gabriele Anagni). Soltanto Giselda, la terza sorella (Marilù Prati), scorge nel comportamento del nipote opportunismo e non affetto.
La spirale di non-eventi della quotidianità è condita da una comicità semplice, quasi disarmante. Immancabili i lazzi dei servi, come Palle (Gian Luca Mandarini) ubriaco con il fiasco in mano e l’esuberante domestica Niobe (Sandra Garuglieri) che corre, in camicia da notte e grembiule, con una padella calda in mano. Si prosegue con la schiena incriccata di Carolina, l’aria spavalda di Teresa, l’accento what’s America dell’avvenente e appariscente sposa di Remo (Roberta Lucca). Spettacolo sobrio e posato, ma con i risvolti cupi e amari di una vita votata al sacrificio per gli altri. Di una tenerezza e di un’ironia sottile, come nello spirito di Palazzeschi.