Cartolina dall'America
Washington nel caos
Donald Trump che licenzia il ministro della Giustizia Jeff Sessions, Melania che licenzia la vice di John Bolton, consigliere per la sicurezza nazionale: neanche ai tempi del Watergate la Casa Bianca era così nel pallone
La vittoria dei democratici alle elezioni di midterm della scorsa settimana ha sancito la ripresa, dopo 8 anni, della maggioranza alla House of Representatives, nonostante il presidente Trump abbia twittato che questa tornata elettorale è stata un “enorme successo” per i repubblicani in quanto hanno vinto 3 seggi in più al Senato. Tuttavia, la vera vittoria di queste elezioni è stata l’enorme partecipazione popolare degli americani al voto: 113 milioni che rappresentano il 49% degli elettori registrati. In queste elezioni, di solito, i votanti non hanno mai superato i 100 milioni. Una percentuale, come sottolinea il Washington Post, che supera le onde repubblicane del 1994, del 2010 e del 2014 e che fa ben sperare per le prossime presidenziali. In risposta a tutto ciò, indiscrezioni provenienti dalla Casa Bianca fanno sapere che, a dispetto dei twitt che inneggiano alla vittoria, Trump è furioso per i risultati elettorali. Una rabbia che è accresciuta dall’indagine del procuratore speciale Robert Mueller sui suoi legami con la Russia di Putin durante le passate elezioni presidenziali.
Alla Casa Bianca, si apprende, regna il caos. Se fino ad ora i membri dello staff, contro i quali le sfuriate del presidente in questi giorni hanno raggiunto picchi senza precedenti, sono stati sostituiti alla velocità della luce, adesso si passa e a componenti essenziali del Gabinetto presidenziale. Così, subito dopo le elezioni è stato chiesto a Jeff Sessions, Ministro della Giustizia, di dimettersi. Motivo? La sua mancata opposizione all’investigazione di Mueller. E adesso che la House è di nuovo in mano ai democratici questo rappresenta una minaccia per il presidente, perché se dal Gabinetto presidenziale c’è una ricusazione dell’inchiesta di Mueller, la House può rimetterla sul piatto. E questo è molto pericoloso. Il fatto che Trump abbia nominato un sostituto, Matt Whitaker, che in precedenza si è espresso molto volte contro questa inchiesta, bypassando il vice di Sessions, Rod Rosenstein, la dice lunga al proposito. È un atto molto grave e totalmente arbitrario.
Si parla anche dell’allontanamento del generale John Kelly capo dello Staff presidenziale per avere messo a capo della Sicurezza nazionale Kirstjen Nielsen, la cui politica di emigrazione non è piaciuta affatto al presidente in quanto, specie in questi mesi, non è stata efficace e dura abbastanza.
Inoltre la moglie del presidente, Melania, in un atto pubblico senza precedenti, ha chiesto la testa del braccio destro di John Bolton, consigliere per la sicurezza nazionale, Mira Ricardel (nella foto con il presidente Trump), in quanto “non merita più l’onore di servire questa Casa Bianca”. I malumori tra le due donne erano cominciati con recente il viaggio di Melania in Africa. Trump, sempre a detta di fonti interne alla Casa Bianca, è infuriato per l’uscita della moglie che è avvenuta apparentemente a sua insaputa.
Come si vede il caos regna sovrano e le interferenze pesanti anche di persone, come la moglie di Trump, che non hanno niente a che vedere con l’amministrazione, entro campi che non sono di loro pertinenza, sono all’ordine del giorno. Per non parlare degli interventi a gamba tesa in settori istituzionali che devono rimanere separati per definizione come il potere esecutivo e quello giudiziario. Neanche un presidente dal pessimo temperamento come Nixon assieme il suo vicepresidente, Spiro Agnew anch’esso altrettanto arrogante e con molti segreti da nascondere, si comportarono, durante i drammatici giorni del Watergate, in questo modo prepotente, interferendo in settori non di loro competenza. E subirono le conseguenze di quel giornalismo di inchiesta che fece loro perdere il potere. Seppure il clima di caos di quei giorni ricorda molto quello della Casa Bianca attuale. Ma ciò che rende diverso e più pericoloso l’atteggiamento d Trump è che non gli passa neanche per la mente che sta attaccando uno dei pilastri della democrazia americana: la sua Costituzione. Ciliegina sulla torta di questa sua mancanza totale di capacità di giudizio politico elementare infatti è stata in questi giorni la revoca del pass alla Casa Bianca di Jim Acosta, giornalista presidenziale della CNN, accusato da Trump di comportamento scorretto nei confronti del presidente. Colpa del reporter, quella di non avere lasciato il microfono alla stagista di turno, mentre stava facendo una domanda proprio sul Russiagate e sulla carovana dei migranti al confine con il Messico. Per questo la CNN ha denunciato il presidente Trump per violazione del primo e del quinto emendamento, cioè della libertà di stampa e della possibilità di avere un giusto processo per le accuse rivolte. E il giudice preposto alla causa ha dato ragione al canale all news stabilendo che a Jim Acosta venga restituito al più presto il pass per la Casa Bianca.
Come si vede, la cosa grave è che non esiste da parte del presidente non solo la conoscenza delle procedure amministrative e di quello che un presidente può o non può fare, ma neanche la decenza di controllare i propri impulsi di fronte a domande imbarazzanti o ritenute offensive e che sono invece totalmente legittime specie da parte di un giornalista. Perché questo fa parte di una democrazia come quella americana dove la libertà di stampa è sacra. Tanto è vero che con la CNN si è schierata la maggior parte delle testate televisive, inclusa Foxnews. Il che è tutto dire.
Sembra davvero che Trump non si renda conto del significato dei suoi atti e delle conseguenze che essi comportano. Per difendere i suoi interessi sta compromettendo le basi di una democrazia, creando un caos pericoloso proprio perché ignaro di causarlo. Lo stesso caos che è il contrario di qualunque tipo di ragionevole negoziazione che si voglia definire politica.