Itinerari per un giorno di festa
Le vie dell’acqua
Focus sugli appuntamenti del 13 e 14 ottobre con le Giornate Fai d’Autunno. In particolare su Napoli, dove il Fondo Ambiente Italiano, in accordo con la campagna #salvalacqua, promuove la sensibilizzazione al tema attraverso visite a mulini, dighe, cisterne, acquedotti, perfino depuratori
Raddoppia l’appuntamento con il Bel Paese chiuso a chiave: non solo le Giornate Fai di Primavera, ma anche quelle d’Autunno che il benemerito Fondo Ambiente Italiano presieduto da Andrea Carandini propone domani e domenica, 13 e 14 ottobre. Come di consueto apriranno eccezionalmente al pubblico ville, palazzi, chiese, giardini, aree archeologiche, architetture industriali, botteghe artigiane solitamente inaccessibili. I beni visitabili domani e domenica sono 660 spalmati in tutte le regioni e spiegati da 3800 volontari appartenenti per lo più al Gruppo Fai Giovani (un impegno civico a difesa dello Stivale). Molti dei percorsi hanno come fil rouge l’acqua, in accordo con la campagna #salvalacqua che il Fai promuove per sensibilizzare i cittadini sul valore di questa risorsa preziosa ma sempre più scarsa. Ecco allora che sarà possibile vedere mulini, dighe, cisterne, acquedotti, perfino depuratori. L’elenco completo dei luoghi è sul sito www.giornatefai.it.
Da parte sua Succedeoggi ha operato una scelta soggettiva, e forse un po’ del cuore, per il mix di vivacità, sapienza e scapigliatura e anche, diciamolo, miseria e nobiltà che promana dalla città che li conserva, l’inimitabile Napoli. Ecco allora che “saglienn’ pe l’Arena”, troveremo una zona poco conosciuta, strabiliante per gli spazi verdi, Eden improvvisi e lussureggianti, incastrati tra i palazzi storici. Intriga anche per il nome il Giardino di Babuk (nella foto), oasi vicina alla caotica via Foria. Intanto, perché Babuk? Perché così si chiamava il gatto della famiglia Caracciolo Del Sole che creò il giardino accanto al proprio palazzo cinquecentesco, permettendo appunto al felino di casa di nascondersi in quei 1000 metri quadrati sotto limoni, banani, un faggio piantato nel XIV secolo che ancora svetta fiero. Si sarà intrufolato, Babuk, anche nell’ipogeo scavato nel tufo sotto il giardino e adibito a cisterna per il rifornimento idrico del palazzo, articolata in quattro caverne naturali e in cunicoli di raccordo. Nel 1884, quando a causa di un’epidemia di colera fu decretata la dismissione delle cisterne, l’ipogeo perse l’originaria funzione. Ma servì durante la seconda guerra mondiale da rifugio antiaereo, come testimonia un impianto elettrico degli anni 40 realizzato con isolatori in porcellana. Un luogo misterioso dove ha strisciato tanta storia e tanta svariata gente che ha inciso nel tufo crocifissi, pesci, salamandre e altri simboli esoterici e religiosi.
Un’altra suggestione in via Foria proverrà anche dalla visita eccezionale del Real Orto Botanico (nella foto sotto) che su un terreno di 12 ettari ospita novemila specie vegetali per un totale di venticinquemila esemplari. È di proprietà dell’Università Federico II di Napoli, dunque solitamente aperto al pubblico ma solo nelle Giornate Fai i visitatori potranno scoprire come si irrigano le piante tipiche sia dei deserti che delle paludi. Una dimostrazione della modernità della Napoli ottocentesca, in questo caso non attrezzata dai Borbone ma – era il 1807 – dal re Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone. Con l’articolo 1 del decreto di fondazione venivano individuati – con un’apertura mentale e scientifica di tutto rispetto – gli scopi della struttura, destinata “alla istruzione del pubblico e alla moltiplicazione delle spezie utili alla salute, all’agricoltura e all’industria”. La costruzione del Real Orto Botanico terminò nel 1815. Ancora oggi le sue attività consistono nella coltivazione e conservazione di specie rare o in estinzione e nella ricerca e didattica offerta agli studenti.
A chi poi, oltre al contributo volontario, verserà 29 euro per iscriversi in loco al Fai (oppure a chi è già iscritto) è riservata la visita alla Villa di Donato, alle spalle dell’Albergo dei poveri e appunto del Real Orto Botanico. Fu, nel Settecento, casino di caccia dei baroni di Donato di Casteldonato. E infatti gli affreschi evocano scene venatorie e di vita campestre e ritraggono gli antichi abitanti della casa, oltre agli artigiani e progettisti che realizzarono la villa. La casa è rimasta disabitata per trent’anni, ma recentemente i proprietari hanno affrontato la sfida del recupero conservativo, rintracciando le memorie di famiglia e, nei documenti, le indicazioni per un restauro che mantenesse intatta l’identità della dimora. Che si riconferma luogo di svago, come testimonia un’iscrizione presente nel giardino d’inverno che restituisce i nomi delle nobili dame dal quale fu abitato e via via abbellito.