Al Festivaletteratura di Mantova
Ridere con Sedaris
Incontro con David Sedaris, giornalista, scrittore, genio dell'ironia made in Usa (ma che ha scelto di vivere in Inghilterra): «Mi piace sentirmi straniero, mi piace vivere in costante stupore, nella sorpresa»
Innanzitutto ride di sé. David Sedaris ha uno spiritello sbarazzino, capace di ridere anche quando è molto difficile. E lo ha dimostrato al Festivaletteratura di Mantova. «Mi piace sentire la gente ridere – mi dice –. Una risata è il suono più bello del mondo. Non importa se si ride di me o con me. Cado dalle scale? Se qualcuno ride, mi consolo. Al New York Times, dove lavoro, qualcuno mi ha chiesto: perché non metti le tue battute su twitter? Tempo buttato, gli ho risposto: se non sento la gente ridere, che gusto c’è?». Sentite lo spiritello? È così forte che quando ha cominciato a scrivere, componendo la sua autobiografia, cose vere che gli sono accadute, i critici e gli americanisti lo hanno subito iscritto nella categoria “romanzi”, espellendolo dalle autobiografie. Fa ridere, non c’è dubbio. E non è solo mestiere, è passione.
Che cosa fa ridere, dunque?
Vedere uno che cade, questo fa ridere – risponde – qualcuno che cammina leggendo e sbatte contro un palo. Lo so, non è una risposta politicamente corretta. Una risposta politicamente corretta sarebbe che mi fa ridere l’audacia del mio essere uomo bianco. Ma non fa ridere come uno che inciampa.
Eccetto i presenti, perché è così difficile ridere di sé?
È difficile per molte persone. Ma forse non hanno pensato che è sempre meglio ridere di se stessi, perché almeno l’idea è tua. Peggio è se ti trovi circondato da quindici persone che ridono di te, e tu sei solo oggetto.
E che cosa ne pensa di Donald Trump?
Mi pare buffo il fatto che qualcuno possa avere una tale considerazione di sé… pensate: è convinto di essere bello, lo crede davvero. Uno che si ama così incondizionatamente non può non far ridere.
Qual è il ruolo dello scrittore, oggi?
Mostrare qualche verità. Ma anche raccontare una bella storia, così bella da trascinarci dentro… Molti libri mi hanno reso felice, quando li leggevo. È un lavoro che ti rende straniero, dovunque tu viva. Quanto a me, io sono straniero d’elezione, per scelta. Sono americano, vivo in Inghilterra; facile, direte voi, è la stessa lingua. Già, ma spesso non capisco perché dicono quel che dicono. Mi piace sentirmi straniero, mi piace vivere in costante stupore, nella sorpresa.
Ci sarà pure qualcosa che la rende triste.
Molte cose. Mio padre, ad esempio: ha 95 anni e da poco si è trasferito in una residenza per anziani. È triste. Ha portato con sé una pendola di famiglia, era di mio nonno, che era stata battezzata “padre tempo”. Ecco, padre tempo tempo fa gli è caduto addosso, lui è dovuto andare in ospedale. È triste, ma pure comico se a 95 anni padre tempo cade e ti stende.
C’è una battuta che non vorrebbe ripetere?
Certo, e non la ripeterò. Era stata tagliata dal mio editor, che mi aveva avvertito, questa meglio di no. Invece su un palcoscenico l’ho detta e l’atmosfera si è raggelata all’istante. Ho giurato di non ridirla mai più.