Al Teatro India di Roma
Libere contaminazioni
Apre la XII edizione di “Contaminazioni”, il festival dei giovani artisti del panorama romano dedicato alle libera circolazione di idee. Attori, autori e registi, scenografi, costumisti e tecnici in erba si danno appuntamento al Teatro India dal 18 al 23 settembre per fare il punto sullo stato dell’arte e del teatro oggi e per guardare al domani
Dal 18 al 23 settembre, il Teatro India di Roma ospiterà per il secondo anno consecutivo Contaminazioni, il festival di libere espressioni teatrali alla sua XII edizione. Promosso dall’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” (per tradizione la gestione è nelle mani degli studenti del primo anno dei corsi triennali di regia e recitazione), si avvale del supporto dei ragazzi del Master in Critica Giornalistica dell’Accademia stessa e, per la prima volta, della collaborazione degli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Roma. La manifestazione vedrà coinvolti più di cento giovani nelle vesti di autori, interpreti e registi, affiancati da scenografi, costumisti e tecnici. La supervisione di professori e maestri si limiterà alla parte burocratica, perché parola d’ordine è libertà. Cosa significa partecipare a Contaminazioni? Lo abbiamo chiesto a due dei coordinatori dell’evento, Andrea Dante Benazzo (22 anni) ed Evelina Rosselli (23 anni).
Tre parole per descrivere Contaminazioni 2018?
ADB: Libertà, contaminazione, passione. È l’unico momento dell’anno in cui riusciamo a varcare i limiti del corso entro cui solitamente ci muoviamo. Contaminazioni è una bellissima vetrina per l’arte di domani in tutti i suoi aspetti.
ER: Indipendente, responsabilizzante, sperimentale. Lascia totale libertà e volutamente i docenti non prendono parte a questo Festival. Viene data la possibilità a tutti i partecipanti di misurarsi con recitazione, regia, messa in scena, luci, costumi, scenografia… Tutto concorre a rendere questa esperienza formativa ed impegnativa.
Perché Contaminazioni è diverso da altri Festival?
ADB: Alle spalle di Contaminazioni non ci sono persone che fanno questo nella vita. Viene dato molto più spazio alla passione, che è l’unica risorsa a cui puoi aggrapparti quando ti mancano le conoscenze tecniche. Ma la grande differenza è che questo è un teatro che mira al futuro e non al presente: se l’Accademia forma gli attori di domani, questo è il teatro di domani.
ER: Per gli altri festival c’è un apparato organizzativo apposito. Noi non siamo professionisti dell’organizzazione. Qui sta la vera differenza: tutto è gestito e vissuto dagli studenti. La complessità si accresce, poi, se consideriamo che anche noi, che siamo gli organizzatori, partecipiamo con dei progetti nostri: gestire organizzazione generale e prove individuali è stato un lavoro a tempo pieno.
L’Accademia di Belle Arti interverrà con una mostra nel foyer del Teatro India: di cosa si tratta?
ADB: Non c’è un Leitmotiv: è stata creata con un bando di “chiamata alle opere” (secondo la denominazione dei ragazzi della Consulta degli studenti). È una selezione, compiuta dagli stessi studenti di Belle Arti, di lavori realizzati in totale libertà. Non sono legate strettamente agli spettacoli, sono opere di giovani artisti.
Il simbolo di quest’anno è la leggenda biblica della Torre di Babele: perché?
ADB: Solitamente la Torre di Babele viene vista in maniera negativa. Ci si dimentica che essa è il punto di contatto di tutte le lingue del mondo, da cui nascono tutte le culture: ogni lingua, infatti, è un punto di vista sul mondo, e così ogni linguaggio artistico. La Torre esprime un po’ questo: la contaminazione fra le arti è l’essenza del Festival.
ER: La caduta della Torre ha significato la nascita di molte lingue e proprio perché il nostro Festival è una contaminazione di linguaggi, stili e gusti differenti, abbiamo voluto riprendere questo simbolo in nome della diversità e del plurilinguismo teatrale.
C’è un fil rouge che lega gli spettacoli della XII edizione?
ADB: La libertà di espressione. Non abbiamo posto vincoli o temi da rispettare, perché avrebbe voluto dire limitare noi studenti e non è nelle intenzioni del Festival.
EV: Assoluta eterogeneità di temi. C’è un progetto tratto dalla Salomè di Oscar Wilde e ci sono molte opere inedite: tutto nel rispetto del principio di libera contaminazione del Festival.
Chi e perché dovrebbe venire al Festival?
ADB: Chiunque! L’abitudine è di avere un pubblico fisso a seconda della città, del teatro e dello spettacolo, mentre Contaminazioni vuole essere aperto a tutti. Chi desidera conoscere cosa succede all’interno delle mura dell’Accademia, per esempio. Oppure chi è curioso di sapere domani cosa potrebbe proporre il mondo della recitazione; o chi è semplicemente interessato all’oggi e a ciò che un giovane che studia recitazione o regia può offrire.
ER: Perché? Per scoprire nuovi talenti e nuove idee, per comprendere quali sono i gusti e gli orientamenti dei ragazzi, per respirare ciò che viene dall’Accademia ma non è strettamente ‘accademico’. Rivolgerei un appello non solo all’ambiente teatrale romano, ma anche e soprattutto a tutti coloro che non sono ‘addetti ai lavori’, perché a volte lo sguardo vergine del puro e del curioso è il riscontro migliore.