Donne e Futurismo /9
Giannina aeroballerina
Un'applicazione della visione di corpo e movimento secondo Marinetti nell'aerodanza di Giannina Censi: l'arte prendeva il volo. Raffaella Resch ripercorre le tappe artistiche e professionali di un'artista del Novecento italiano (e non solo)
Giannina Censi (Milano, 25 gennaio 1913 – Voghera, 5 maggio 1995). Nasce in una famiglia di concertisti, nell’anno in cui la zia Rosina Ferrario riceve il diploma di pilota, prima donna aviatrice italiana: così racconta la danzatrice in un intervento del 1989 al MART di Rovereto, imbastendo curiose coincidenze. Censi ballerina di danza classica si tramuterà in un gioioso «corpo intelligente» per interpretare il volo – e attraverso le aerodanze futuriste rivoluzionerà l’arte coreutica in Italia. Marinetti è un amico di famiglia e su richiesta di Giannina ancora ragazza, le mette a disposizione una prova di volo acrobatico.
La sua formazione classica inizia nel 1926, studiando privatamente con l’insegnante scaligera Angelina Gini, secondo il metodo di Enrico Cecchetti. Nel 1929 esordisce al Teatro Licinum di Erba con il corpo di ballo di Jia Ruskaja. Nello stesso anno si cimenta anche nella coreografia – sperimentando un nuovo tipo di danza più espressivo rispetto ai canoni della danza classica – in rappresentazioni presso il Palazzo Carducci di Como. Nel 1930 si reca a Parigi dove frequenta i corsi di danza classica tenuti dalla russa Ljubov Egorova ed entra in contatto con il flamenco e la danza indiana. Gli anni 1930-1934 la vedono interprete di primo piano nelle esibizioni di aerodanza futurista. Il 14 marzo 1930, nel corso della serata futurista tenuta al Castello Sforzesco di Milano, interpreta le pantomime futuriste Oppio e Grottesco meccanico, scritte e recitate da Flavio Gioia su musica, rispettivamente, di Gian Francesco Malipiero e di Pick-Mangiagalli.
Nel 1931 veste i panni di Piff nella tournée teatrale futurista Simultanina, su opera scritta da Marinetti, che tocca ventotto città d’Italia. L’esibizione più importante è quella del 31 ottobre dello stesso anno, presso la Galleria Pesaro di Milano, in concomitanza con la Mostra di aeropittura e scenografia futurista, dove Giannina riesce a coniugare l’enfasi marinettiana del volo e della macchina con una grammatica corporale espressiva fatta di muscoli e sapienza coreutica. La sua interpretazione solo in parte assolve alle richieste del manifesto della danza futurista, apparso su L’Italia futurista del 1917, che Marinetti raccomandava essere «disarmonica, sgarbata, antigraziosa, asimmetrica»: Censi darà vita a una coreutica totalmente originale e unica nel panorama della danza moderna, italiana e non solo, del Novecento. La performance di Giannina si svolge in una scena vuota, accompagnata dalla lettura del poema di Marinetti A mille metri su Adrianopoli bombardata (pubblicato nel 1912), senza musica, con l’accompagnamento delle aeropitture di Prampolini che egli mostra muovendosi tra il pubblico. Il costume con cui si esibisce, disegnato da Prampolini, è in raso metallizzato aderente al corpo, con gambe e braccia nude e la testa coperta da un casco. I movimenti della ballerina evadono totalmente dal repertorio del balletto classico, incentrato sulla leggerezza eterea del corpo fluttuante armoniosamente nell’aria. La Censi rappresenta cadute vorticose e planate mozzafiato, giri della morte e capovolgimenti, restituendo al fisico la resistenza al salto, la materialità data dalla forza di gravità, grazie all’azione totale del corpo. L’espressività corporea diventa onomatopeica, utilizzando gestualità che riproducono suoni e movimenti dell’aeroplano; dal punto di vista strutturale, invece, la sua danza è una parolibera, in quanto trasposizione di realtà sperimentate.
Altri spettacoli dello stesso tenore si tengono l’anno successivo in occasione di vernici e di serate futuriste. Nel 1934 interpreta al Teatro sperimentale Convegno di Milano i poemi di Fortunato Depero Il vento e Macchina monella. Censi non abbandona comunque il repertorio più tradizionale, amato dal vasto pubblico: tra il 1934 e il 1935 è impegnata nel teatro leggero, a fianco di Wanda Osiris e Riccardo Billi. Nel 1936 una lesione al menisco blocca le sue esibizioni per alcuni anni, fino a quando, nel dopoguerra, lasciata l’attività di modista e sarta, si dedica all’insegnamento della danza nelle scuole di Sanremo, di Milano, di Genova (dal 1954 e fino al 1980) e di Voghera (dal 1960 fino ai primi anni Novanta). Il ritorno dell’interesse della critica per l’esperienza futurista la vede coinvolta, a partire dagli anni Settanta, in esperienze di studio e recupero della danza futurista, come il Programma di danze futuriste tenutosi nel 1979 al Centro d’arte e cultura “Il Brandale” di Savona; la sua figura è presente nello stesso anno alla mostra di New York dedicata alle donne dell’avanguardia italiana presso il Center for Italian Studies della Columbia University, a cura di Mirella Bentivoglio; nel 1994 è consulente per le aerodanze nello spettacolo di P. P. Koss W la macchina e lo stile d’acciaio, tenuto alla seconda Biennale di danza di Charleroi in Belgio.