Chiara Ragosta
A Roma, nei giardini di Castel Sant’Angelo

La sostenibile leggerezza del leggere

Chiara Trevisan, cartomante della pagina giusta, è la Lettrice vis-à-vis alla manifestazione romana “Letture d’Estate”. Un’intervista vis-à-vis in cui racconta la sua esperienza romana, spiega premesse e obiettivi della sua missione, ragiona sull’importanza della lettura per la mente e per lo spirito della società

Una bicicletta, un carretto pieno di libri e una scatola con dei foglietti: è tutto ciò che serve all’attrice torinese Chiara Trevisan per impersonare la Lettrice vis-à-vis, l’artista di strada il cui motto è «la pagina giusta, al momento giusto, per la persona giusta». Un’idea che nasce da una forte passione per la lettura coltivata fin da bambina e che, da quasi cinque anni, la porta in giro per l’Italia a dispensare consigli e a regalare attimi di confronto, dialogo e ascolto a chiunque abbia la voglia o la curiosità di fermarsi a parlare con lei. Come è successo alla manifestazione romana “Letture d’Estate”.

Come è stata l’esperienza a “Letture d’Estate”?
Dopo 16 anni di lavoro professionale in giro per festival e manifestazioni, è stata la mia prima esperienza a Roma: una bellissima e inaspettata sorpresa. I testi sono stati selezionati con la collaborazione della direzione artistica e della curatrice Margherita Schirmacher che ha saputo valorizzare il mio lavoro. Ho trovato tanto affetto ed entusiasmo, un pubblico molto vario e attento, di una cortesia e di un garbo che mi hanno colpito.

Come è nata la Lettrice?
Ho sempre lavorato prevalentemente con uno spettatore alla volta, perché mi interessa il rapporto uno a uno, un rapporto che sia di domanda-risposta, di ascolto-restituzione. La mia arte si è spostata gradualmente più sulla relazione che sulla performance: i libri rispondevano bene a questa esigenza identitaria ed espressiva. Il desiderio di lavorare in strada e di girare liberamente ha fatto il resto.

È per questo che ha scelto di lavorare in maniera itinerante?
Mi muovo con una bici e un carretto: una volta che scelgo una posizione, tengo quella. Quando sono a Torino, per esempio, lavoro quasi sempre nella stessa piazza [Piazza Carignano, ndr], perché ormai è un po’ il mio salotto.

Quanto la Lettrice è personaggio? E quanto invece è Chiara?
È un confine molto sottile. Se leggo per mio diletto, uso una parte del mio cervello. Se leggo cercando le pagine giuste per il lavoro che faccio, sono un altro tipo di lettrice, molto più distanziata e attenta ad altri dettagli. Il modo di rielaborare le informazioni – quello che io chiamo “la pagina giusta” – mette in gioco molta della mia sensibilità: alla fine le persone che mi incontrano hanno l’impressione di vivere un grande momento di intimità.

Come avviene la selezione dei libri nel carretto?
A volte capita che io abbia una selezione di libri scelti in collaborazione con la direzione artistica di un evento su un tema o su un programma specifici. Ci sono le collaborazioni che ho con autori ed editori, soprattutto i piccoli editori indipendenti, che conoscono me e il mio lavoro: quando esce qualcosa che può essere di mio interesse, me lo fanno avere. In generale, leggo tanto di quello che viene prodotto e vado in cerca di quei titoli che possano contenere le idee che mi servono, ovvero le tematiche più diffuse ma viste da punti di vista singolari.

Viene in mente l’iscrizione sulla porta della Biblioteca di Tebe: «(I libri sono) Medicina per l’anima». Si sente un po’ dottore?
In tanti mi hanno chiesto se ci fosse un aspetto psicologico nel mio lavoro, quasi da ‘biblioterapeuta’. Mi stupisce sempre come chi metta al centro l’ascolto e non l’assertività venga immediatamente considerato un terapeuta di professione. Mi sono resa conto che questa opinione caratterizza troppo la mia attività e sento il bisogno di staccarmi da un elemento così personale e di maneggiare questioni che siano più ‘sociali’ e meno ‘individuali’. Sto cominciando a immaginare una virata per il mio lavoro. Dopo cinque anni di lavoro in strada, ho ormai una visione del mondo reale forte e immediata, più di quella che emerge dalle statistiche, da Facebook o dai giornali. Perché non approfittarne per cominciare a mettere ordine nella mia libreria ambulante?

Quale episodio L’ha resa più soddisfatta del suo lavoro di Lettrice?
Tantissimi. Tutte le volte in cui qualcuno si è seduto premettendo che non legge proprio, per esempio. Oppure la gente che solo al sentir menzionare ‘poesia’ ha dei singulti e poi va via contenta. Mi considero un mezzo di comunicazione fra un potenziale lettore e tutta la filiera letteraria globale. Nel mio piccolo, e con tanta pazienza.
Sono sempre felice quando posso incontrare chi la pensa diversamente da me. Mi piacerebbe, soprattutto, incontrare chi classifica la lettura – e l’attività intellettuale o artistica in generale – come vezzo non indispensabile: vorrei dimostrare, invece, quanto possano essere attività necessarie.

Dalle statistiche 2017 è stato rilevato che in Italia si legge sempre meno: come si possono riavvicinare le persone, in particolare le nuove generazioni, alla lettura?
Bisognerebbe ‘stracciare’ le varie campagne di promozione della lettura. Bisognerebbe ricominciare dalle persone e chiedere a ognuno «Perché non leggi?». Solo in questo modo si possono avere gli strumenti per rilanciare e promuovere la lettura, mentre continuare a sbandierare il perché si legge non fa che aumentare il divario fra chi legge e chi non legge.

Che risposte ha ricevuto finora alla domanda «Perché non leggi»?
Un classico: «Perché non ho tempo». Allora controbatto: io non ho tempo di fare le pulizie e sono una drogata di serie televisive, ma se guardassi meno serie tv avrei il tempo per fare le pulizie. È una questione di scelte. La risposta più interessante che mi è capitata è: «Ho smesso di leggere». Persone che leggono magari tanta saggistica, manualistica e letteratura specialistica di settore, ma non romanzi. La maggior parte arriva a questa distanza in seguito a qualche evento traumatico o difficile della vita, qualcosa che allontana, suppongo, da quel potersi abbandonare alla propria emotività. Qualcosa che un buon romanzo consente di fare. I motivi sono tanti e io vorrei saperne di più. 

Julian Barnes, scrittore britannico postmodernista, afferma che «Leggere è l’arte di una minoranza»: è d’accordo?
Non credo. Dal punto di vista fisico e fisiologico è un lavoro, al pari di un complicato esercizio di ginnastica artistica: faticoso, complicato e difficile. Ma mi permette di controllare il mio corpo e fare qualunque evoluzione. Leggere è un esercizio che, una volta appreso, permette di maneggiare il proprio cervello in modi alle volte sorprendenti. Leggere significa avere la possibilità di moltiplicare i punti di vista con cui rispondere alla stessa domanda.
Lo scrittore e grande camminatore inglese Robert Macfarlane ha scritto un libro
, Le antiche vie: un elogio del camminare, dove racconta tutti i sentieri intrapresi in giro per il mondo. Quando cammina non è mai da solo: ripercorre le strade già fatte da altri, oppure raggiunge una persona e con essa una storia che lo aspetta; qualcuno cammina con lui, oppure intraprende quel sentiero perché c’è chi gliene ha raccontato la storia. Il camminare di Macfarlane è una forma di relazione, è un modo per mettere in connessione le persone. Leggere è come camminare.

Ha mai pensato di scrivere un libro?
Personalmente ho la fortuna di poter rispondere a qualcuno «io non scrivo, io leggo». È una cosa che pochissimi Italiani dicono. Da vecchia forse metterò insieme gli aneddoti che mi sono capitati in strada, perché ce ne sono di divertenti e illuminanti. Ora scrivo tantissimo per me stessa, non per pubblicare: poesie, pezzi di racconti, ciò che mi arriva dall’osservazione della realtà.

Scrittore, poeta e libro preferito?
È come chiedere ad una madre quale sia il suo figlio preferito: non esiste risposta. Il libro preferito è quello che mi serve in un certo istante: la pagina giusta al momento giusto per la persona giusta.

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