Visto al Globe Theatre di Roma
Shakespeare tarantolato
“Molto rumore per nulla” di Scaramella-Santopietro apre la 15° stagione del Globe Theatre a Roma: effervescenza povera di sodio ma dal ritmo travolgente garantito dalla pizzica
«E, di grazia, c’è un tal Signor Gradasso, fra i reduci di questa spedizione? […] Di grazia, quanti ne ha uccisi in questa guerra? Perché mi ero impegnata a mangiare tutti quelli che avesse ucciso»: così l’inconfondibile lingua tagliente della Beatrice shakesperiana presenta, descrivendolo prima ancora della sua entrata in scena, Benedetto – suo futuro consorte. Loredana Scaramella, anche quest’anno impegnata con i classici del Bardo al Globe Theatre di Roma, riporta in scena l’ennesima versione di Molto rumore per nulla, la sua, di cui nel 2014 aveva firmato regia, traduzione e adattamento (coadiuvata da Mauro Santopietro). Solo nel 2017 il cartellone del Globe offriva sia la variazione siciliana e sia in lingua originale, rispettivamente per la regia di Giuseppe Dipasquale e di Chris Pickles.
Raccontare Molto rumore per nulla è come percorrere tutte le strade possibili per la soluzione del cubo di Rubik: racchiude, condensati, gli ingredienti della comicità e della drammaturgia shakesperiana. Ben conscio delle astuzie dello storytelling per mantenere sempre viva l’attenzione del pubblico elisabettiano, Shakespeare sfrutta tutte le cartucce a sua disposizione: dal metateatro all’intreccio di più filoni narrativi, dalla commistione dei temi alti della ragion di stato (la vendetta, o meglio i dispetti, del tenebroso Don Juan) a quelli pedestri dei servi e dell’innamoramento giocoso, non manca niente davvero. È la storia di una doppia messa in scena, quella dell’innamoramento di Benedetto per Beatrice a opera di Leonato, Don Pedro e Claudio e, viceversa, di Beatrice per Benedetto grazie agli sforzi congiunti di Ero, Orsola e Margherita. C’è sempre qualcuno che recita con il fine di convincere e qualcuno che, ignaro della manipolazione, ascolta e si lascia persuadere. Una grande allegoria del teatro in fondo. Non è un caso, forse, che la sensazione che la macchina scenica si fosse finalmente avviata arriva quando vengono definiti i termini della scommessa: in sette giorni far innamorare l’uno dell’altra. «Quando dicevo di morire scapolo – precisa un Benedetto ormai completamente vinto da Cupido – non pensavo di viver fino al giorno del mio matrimonio».
L’impressione è di assistere alla versione per la scena del Much Ado About Nothing in pellicola annata 1993 in cui Kenneth Branagh e Emma Thompson, coppia sul set e all’epoca nella vita, interpretavano gli esuberanti, poliedrici, effervescenti Benedetto e Beatrice. (E nel precedente cinematografico la costumista, Susanna Proietti, ha avuto nume tutelare e fonte di ispirazione evidente). Mauro Santopietro e Barbara Moselli sono al Globe 2018 Benedetto e Beatrice. Rispetto al prototipo (o ai prototipi) è una copia, però, sbiadita quella che apre la 15° stagione del Globe Theatre: mancano, infatti, il brio e il nerbo che il testo di Shakespeare richiede. Anzi, esige. Ragion d’essere e struttura portante della pièce, se si smussano la feroce ironia di Benedetto e l’affilata arguzia di Beatrice, se gli attori viaggiano a velocità diverse e si incontrano a singhiozzi, cosa rimane?
Le prove attoriali migliori sono delle parti comiche: sono Jacopo Crovella e Federico Tolardo, nei panni delle guardie, sostanzialmente due mimi muti che si esprimono con il corpo mostrando di avere la stessa agilità dei primi Arlecchini. Vera sorpresa dello spettacolo, però, è la musica, curata da Stefano Fresi e affidata alla versatilità di Carlo Ragone (cantante e attore nei panni del musico di corte Baldassarre e di Corniolo, il capo della Ronda del Principe) e agli strumenti del Trio William Kemp (le percussioni di Michele Di Paolo, il mandolino di Luca Mereu e la chitarra di Antonio Pappadà). Lo spettacolo si apre con la musica eseguita dal vivo e con un ballo festoso che, dopo gli applausi finali, coinvolge tutto il pubblico sulle note di Tambureddu meu. Sulla pizzica viene intonata tutta la commedia che, seppur ambientata a Messina, nella taranta salentina trova il sapore della festa paesana mediterranea, con ottima riuscita a livello di creazione dell’atmosfera da serata estiva e di coinvolgimento del pubblico, a riprova che il Globe è sempre una festa.