Every beat of my heart
Epifania di lei
Byron comprese la donna e il prodigio del suo farsi immagine assoluta. Fusione di notte e giorno, puro incanto, come un sogno capace di donarsi e mutare il nostro essere. Radiosa apparizione che passa e il poeta coglie l’inafferrabile...
Radiosa. Apparizione. She Walks in Beauty, nel titolo. Tradurlo significa non cadere nell’inganno di una donna che cammina, ma comprendere il senso del verbo inglese che indica passaggio. Origine, cammino, meta. Oscura, la meta, agli occhi di chi contempla questa donna apparsa immagine con la sua bellezza. Completa perché non da afferrare come la Lesbia di Catullo (anche lei, peraltro, nel grande poeta romano, sì da prendere, possedere, ma in ultimo irraggiungibile, come è irraggiungibile il nostro io amante e poetante).
Epifanica come le donne apparizioni degli stilnovisti, ma quanto e più di quelle egiziamente astrale, nutrita dall’elisir dei poeti inglesi, elisir che essi custodiscono come i veneziani custodivano quello del vetro.
La donna che passa, appare non svanisce, in Byron, perché Byron la ferma la fa sua e nostra per sempre: lei, come Giulietta di Billy e di Verona, è la congiunzione della notte e del giorno: non preda della prima che ottenebra nel sogno assoluto, non asservita alla lucentezza greca del giorno, troppo radiante per la sua radiosa, non radiante bellezza.
Fusione di notte e giorno, puro incanto che solo una donna può assumere: senza rendersene conto, è dolce, mite e inconsapevole, nei versi di Byron. Non è Elena dei greci e dei troiani che greci e troiani travolge e annichila e da cui è fatta vittima. Questa è una donna che appare come un’immagine shakespeariana, assoluta, ma, come il sogno, capace di donarsi e mutare il nostro essere. Radiosa, incantevole apparizione. Byron non fu solo un accanito amatore di donne. Fu un poeta che aveva capito la donna e il suo prodigio epifanico.
Lei passa, radiosa
I
Lei passa radiosa, come la notte
di climi senza nuvole e cieli stellati,
e al loro estremo buio e splendore
si baciano nel suo viso e nei suoi occhi
così addolciti a quella tenera luce
che il cielo nega allo sfarzo del giorno.
II
Un’ombra in più, o un raggio in meno
avrebbero offuscato la grazia senza nome
che ondeggia in ogni scia corvina dei suoi capelli
o illumina meravigliosamente il suo volto
dove pensieri soavi e dolci svelano
quanto sia pura e cara lei, dove dimorano.
III
Su quella guancia, e sopra quella fronte
così calme e serene ma eloquenti,
i sorrisi incantanti, i colori splendenti
narrano giorni volti pienamente al bene,
di un’anima in pace col mondo sottostante,
di un cuore che è innocente amore.
George Gordon Byron
(Traduzione di Roberto Mussapi)