Due libri indirizzati ai più giovani
La mafia per i ragazzi
“Onora il padre”, una storia di coraggio ambientata a Palermo dove una ragazza di buona famiglia apre gli occhi su una realtà ignorata, e una vicenda ispirata alla voce libera di Peppino Impastato
L’argomento è quanto mai attuale: la mafia. Nessuno si illude che sia stata eliminata, neppure arginata, forse c’è solo una consapevolezza più diffusa – ma non sempre efficace – dei danni alla società che questo fenomeno crea, ricordi allarmanti, esperienze orribili che forse bisogna aver vissuto da vicino per non cedere alla tentazione di eludere, cancellare. Il romanzo di Annamaria Piccione, Onora il padre – una storia di coraggio e di mafia (Feltrinelli, 173 pagine, 13 euro) solleva il sipario su una realtà sconosciuta alla maggior parte della gente e la fa intravedere attraverso le vicende di una ragazza di diciotto anni, ricca, di rispettabile famiglia, più che di aspetto gradevole, bella con i suoi folti capelli biondi e i lineamenti delicati, che vive a Palermo. Insieme a lei un gruppo di ragazzi che frequentano un costoso liceo. Quando il professore d’italiano invita le sue classi alla presentazione di un libro sul fenomeno mafioso, scritto da un noto magistrato, molti alunni sono presenti se non altro perché il prof ha fatto capire che sarà più clemente agli scrutini. La maggior parte di loro alla fine sono soddisfatti, attenti alle parole, pronti a fare domande.
«Certo, sapevano benissimo che esisteva la mafia e ad alcuni quartieri non si sarebbero avvicinati neppure sotto tortura, ma loro erano figli di persone perbene, non c’entravano con la guerra dello spaccio, il pizzo, gli appalti truccati, il traffico di rifiuti, le speculazioni sui migranti, la cupola, i latitanti, il giro di affari sporchi». La vita è facile e serena per questi ragazzi che hanno tutto, ma cominciano a porsi interrogativi spinosi e a non trovare risposte. Ma il senso d’isolamento, solitudine, angoscia prendono forma dinanzi a una realtà che lentamente si dipana come un gomitolo caduto a terra, a caso, trascinato dalle unghie innocenti di un gatto che gioca.
Come scrive Alessandro Manzoni. «è meno mal agitarsi nel dubbio, che il riposar nell’errore». E la giovane protagonista comincia a inquietarsi, non è più sicura di nulla: lei è stata adottata, ma adora i suoi genitori adottivi, il padre commercialista stimato, la madre di origine francese bella ed elegante. Quando il giorno del suo compleanno trova un biglietto anonimo che vuole rivelare qualcosa che nessuno sa, comincia a riflettere su di sé e la sua origine. Certo i biglietti anonimi hanno qualcosa di meschino, ma forse in un territorio in cui la mafia ancora domina, non ci sono alternative e la ragazza decide di chiarire il mistero della sua origine.
È tutto un insieme di circostanze che la spingono a prendere questa decisione e le parole dette casualmente da un amico che le spiega cos’è “la legalizzazione della mafia”. Il problema non sono i delinquenti che conosciamo tutti, loro sono la punta dell’iceberg! Non sono quelli che sparano, chiedono il pizzo e si arricchiscono con la droga. Non solo almeno. I mafiosi finirebbero subito isolati se in tanti non stringessero con loro delle alleanze. E sai chi? Le persone normali, che si vendono in cambio di promesse. Grazie a loro, i guadagni illeciti si trasformano in affari leciti e i soldi sporchi diventano puliti…». Anziché luogo rassicurante di rapporti sinceri e di vita tranquilla, Palermo assume così per la giovane protagonista la dimensione inquietante di un incubo popolato di amici nemici che le incutono disagio e paura.
Questo tema è affrontato in modo egualmente incisivo e toccante nel libro di Davide Morosinotto, Peppino Impastato, una voce libera (Einaudi, “Semplicemente Eroi”, 126 pagine, 10 euro). La sua storia e la sua precoce fine ormai note a tutti anche per il drammatico e avvincente film di Marco Tullio Giordana, I cento passi, continua a destare interesse e preoccupazione. La figura di questo grande eroe dei nostri tempi è raccontata attraverso le vicende di un ragazzino di dodici anni, Totò, che vive a Cinisi, vicino a Palermo. Frequenta la scuola, gioca a pallone, vede spesso zii, cugini e parenti. È proprio durante il matrimonio della sorella che sente il nome di don Tano, Gaetano Badalamenti, che vuole essere chiamato “zio” anche se non lo davvero, che «è uno che sa come va il mondo…Un galantuomo».
In quello scenario luminoso dove l’azzurro del cielo si confonde con quello del mare e l’intensità dei profumi stordisce, Totò passa dallo stupore alla consapevolezza della crudeltà degli uomini. La sua vita inizia a girare come una trottola quando comincia a seguire la voce «squillata fortissima fuori dalla radio» di Peppino Impastato, l’unico che aveva il coraggio di raccontare attraverso sberleffi e musica le cose come stavano in quella minuscola parte del mondo. Da quel momento Totò comincia a raccontare bugie, quelle vere, per riuscire di nascosto ad ascoltare quella voce, e comprende che solo dandosi da fare e rischiando di persona potrà trovare il suo posto nel mondo e guadagnare la possibilità di modificarlo.