Every beat of my heart
Il soffio di Orfeo
Rainer Maria Rilke celebra con i suoi versi il dio della poesia, la sua prima voce, la sua origine. Quella “Poetry” senza la quale l’uomo non vive, credendo di vivere. Un anelito che è «impeto d’amore»
Orfeo, il dio della poesia, la sua prima voce, la sua origine. Esistono divinità greche, la maggior parte, che vivono ancora nell’arte, nell’archeologia, nel pensiero e nella storia delle religioni. Solo lì. Quasi tutte: chi pregherebbe seriamente, oggi, Zeus, o farebbe voti a Atena? Ma due di queste divinità sopravvivono, ancora divinamente, Dioniso esiste ancora, è una parte di noi, pulsa nascosto nei cespugli, nelle torsioni della vite, nell’estasi poetica e teatrale, nell’uscita di sé che rammemora, ciò che Dino Campana e poi Luzi definirono “il ricordo che non ricorda”.
E poi Orfeo, a Dioniso congiunto, e che non è la pura esecuzione poetica, non è soltanto l’esito, anche se di esiti straordinari è intessuta la sua esistenza. È l’anima stessa della poesia. Poetry, la definiva Shelley, la dimensione poetica senza la quale l’uomo non vive, credendo di vivere. Poetry è un anelito, una fame, a volte un furente desiderio. Poem, definiva invece Shelley la composizione ultimata, per opera e merito del poeta.
Orfeo è tutto: incanta con la sua voce piante, alberi secolari, rocce, animali mansueti e belve feroci. Commuove le divinità atre di Ade ottenendo di scendere al regno di Acheronte per riprendersi l’amata sposa Euridice, appena morta per il morso di un serpente.
Non importa, qui, come finisce la storia: si voltò, non seppe resistere: è ovvio, nel poeta l’amore supera sempre la parola, anche quella giurata e espressa, anche quella data agli dei. L’amore è la prima realtà. Per questo nel magnifico Orfeo del sommo Rilke, la sua voce non è imitabile, è soffio, respiro. È vento.
Un dio lo può. Ma un uomo, dimmi, come
potrà seguirlo sulla lira impari?
Discorde è il senso. Apollo non ha altari
all’incrociarsi di due vie del cuore.
Il canto che tu insegni non è brama,
non è speranza che conduci a segno.
Cantare è per te esistere. Un impegno
facile al dio. Ma noi, noi quando siamo?
Quando astri e terra il nostro essere tocca?
O giovane, non basta, se la bocca
anche ti trema di parole, ardire
nell’impeto d’amore. Ecco, si è spento.
In verità cantare è un altro respiro.
È un soffio in nulla. Un calmo alito. Un vento.
Rainer Maria Rilke
(Da Sonetti a Orfeo, traduzione di Giaime Pintor)