Alessandra Pratesi
Al Teatro Costanzi di Roma

Ritorno alla musica

Il racconto per musica degli ultimi due secoli: da Beethoven a Schönberg e ritorno (passando per Schnittke) con l'Orchestra del Teatro dell'Opera di Roma diretta da Lothar Koenigs

Chiusura della stagione concertistica del Teatro Costanzi di Roma, giovedì 17 maggio: al quarto appuntamento con la musica sinfonica nel tempio romano della lirica e del balletto, l’Orchestra del Teatro dell’Opera si cimenta con la Kammersinfonie n.2 di Schönberg (prima esecuzione 1940), con i Wesendonck Lieder di Wagner (1857-58) e con la Settima di Beethoven (1813). Dirige Lothar Koenigs; al filosofo e musicologo Stefano Catucci, invece, il compito di introdurre la serata. E una sorpresa: l’esecuzione di Stimmen der Natur per sole voci femminili di Schnittke (1972). «Un viaggio musicale a ritroso», secondo le parole di Catucci, in cui epoche e repertori della tradizione e del contemporaneo si confrontano.

In apertura proprio Schnittcke. Le sonorità delicate e l’intonazione sacrale del coro a cappella di Schnittke coinvolgono il pubblico e lo trasportano gradualmente in una particolare condizione di ascolto. La disposizione dei cantanti a ferro di cavallo lungo il perimetro della platea fa il resto. Gli effetti ricordano il canto degli elfi de Il signore degli anelli, ma l’effetto travalica il narrativo e arriva al mistico. In italiano è traducibile con Le voci della natura: il titolo non è casuale. È un passo indietro rispetto alla contemporaneità di avanguardia, è un ritorno all’eternità. Sulla scena del fasto e dell’inventiva di registi, scenografi e costumisti, salgono i maestri dell’orchestra. Il risultato è il riconoscimento della centralità della musica. In un’epoca che soffre di una saturazione audiovisiva senza precedenti, per un paio d’ore alla musica viene dedicata la giusta, doverosa, attenzione.

Segue l’esecuzione di Schönberg. Composto a partire dagli anni Dieci, ma eseguito soltanto nel 1940, si presenta lacerato e frammentato come l’Europa di quei primi decenni del Novecento, attraversata e logorata dall’odio e dalle guerre. È una musica che graffia, in particolare negli acuti di violino e ottavino. La musica di Schönberg racconta più di mille saggi storici, in quell’adesione parziale alla struttura tradizionale della sinfonia che trasforma il tema rendendolo inafferrabile e confondendolo nelle variazioni. Qualcosa si è incrinato e le regole dell’armonia lasciano il posto alle sperimentazioni dodecafoniche. La superficie romantica aveva cominciato a incresparsi con Wagner. Negli anni 1857-58, ospite di Mathilde Wesendonck e del marito, compone dei Lieder a partire dai testi di lei. È terreno fertile per le sperimentazioni che lo portano a scrivere, nello stesso giro di anni, il Tristan und Isolde. L’interpretazione è del soprano Rachel Nicholls (nella foto sopra). Gioco forza la musica, forse troppo cerebrale nel suo processo di innovazione, ma la dolcezza della voce non riesce a colpire fino in fondo.

Con Beethoven si torna a casa. Chiude la serata la Settima Sinfonia, per la quale fiumi di inchiostro non sono stati sufficienti a trovare un titolo esemplificativo del suo carattere, come era stato invece possibile per la Pastorale o per l’Eroica. L’Allegretto del secondo movimento vale tutta la serata. Celebrato come uno dei migliori brani musicali di sempre, ha un fascino e un’energia che travalicano le barriere geotemporali e linguistiche. L’Allegretto si pone al confine tra una marcia funebre e una marcia trionfale. O forse è entrambe. Lo dimostra la scelta a cura di Alexandre Desplat per la colonna sonora di The King’s Speech, film del 2010 per la regia di Tom Hooper, con Colin Firth e Geoffrey Rush nei ruoli principali. Nella scena finale, ovvero il discorso del re, punto apicale di tutta la costruzione filmica di Hooper, a fare da sfondo è proprio il secondo movimento. È una vittoria, è il personalissimo trionfo del re balbuziente, Giorgio VI, che con un po’ di training psicofisico e con il supporto del suo coach, Lionel, riesce a sostenere il peso di un discorso in pubblico, via radio a tutte le nazioni del Commonwealth. È una marcia funebre, però, perché annuncia senza possibilità d’appello l’entrata in guerra dell’Inghilterra contro la Germania di Hitler. Una sinfonia è un racconto in cui tutto è affidato alla musica e, paradosso, non c’è nulla di più concreto, vero e universalmente percepibile dell’astrazione musicale. Parla a ogni poro, muscolo, corda dell’animo umano: la musica si respira a pieni polmoni. E con Beethoven si rimane senza fiato.

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