Every beat of my life
Io sono Ariel dei venti
Nell’immaginario del poeta Mussapi, giovane spettatore ventenne della leggendaria “Tempesta” di Shakespeare messa in scena da Strehler, il demone al servizio di Prospero ha assunto il volto di Giulia Lazzarini. Immaginiamola anche noi mentre recita questo monologo…
Nel mio libro Voci prima della scena che i nostri lettori già in parte conoscono, oltre ai personaggi tragici e del mito compaiono altre figure, di cui alcune shakespeariane. Ho scritto due monologhi in versi ispirandomi a Ariel, il demone dei venti nella Tempesta di Shakespeare. È Ariel che muove gli eventi, eseguendo gli ordini del mago Prospero. Mi dispiace ripetermi, ma dopo la leggendaria Tempesta di Strehler, che vidi ventenne alla prima, al Piccolo di Milano, e che continuo a rivedere nell’efficace filmato, e in sogno, a occhi chiusi o aperti, Ariel, che come ogni demone non aveva sesso, lo ha acquisito: è donna, bionda, si chiama Giulia Lazzarini, Ariel per sempre.
Ariel
Ho scatenato la tempesta, un augurio agli umani,
svegliatevi, solo la rovina potrà stordirvi,
lo stordimento permette l’incanto.
Io sono Ariel, il demone dei venti.
Servo di Prospero, ancora per poco,
creatura di William Shakespeare, per sempre.
Guardatelo, lì, Ferdinando, appena svegliato
dal sonno in cui ha vissuto l’affogamento.
Eccolo, guardatelo, incerto sulla riva, sulla sabbia bianca,
preda non del nostro ma del vostro incanto.
Non della magia di Prospero, della sapienza
nutrita del buio della grotta
in questa isola lontana, nel Caribe,
non dal mio soffio che muta le apparenze e suscita
lacerazione e strappo nella stoffa del mondo
squarciando il sudario incrostato dal tempo
rigenerando a nudo la visione,
che è lo stupore, che è il puro guardare:
non guardatelo, prigioniero del vostro incanto
il vostro incancrenito e compiaciuto inganno
d’essere soli, e persi per sempre,
la vostra superstizione che il buio non parli
che non ci siano voci nella notte
e che tra sillaba e sillaba solo il silenzio
sancisca il tempo della vostra clessidra.
Guardatelo, Ferdinando, sulla riva…
Ma abbiate fede, abbiate speranza:
la musica che sente per la prima volta,
la mia voce, il mio soffio…
ne percepisce la magia e l’incanto,
vedete, ora, scampato l’affogamento,
sospetta o intuisce di rinascere
che vuole dire essere al mondo
e percepire il soffio del mondo,
toccare la sabbia, immergersi nell’acqua,
guardare il cielo dove nascono canti,
vedete non ha più paura, ora, cammina
verso la voce senza fonte visibile
la mia, qui che lo guardo, il soffio magico
che restituisce lo stupore al pianeta.
Questo era il disegno di Prospero e il mio compito:
di suscitare una tempesta finta solo in parte
se veramente avete toccato il fondo e risalendo
nel brivido dell’acqua, toccando la riva
avrete spezzato la vostra catena
e liberato la vostra mente dall’incubo
che da troppo, troppo tempo vi ammorba:
la bieca consuetudine al disinganno.
Ora comincio a ridere della mia impresa,
a ridere di gioia, la nave fatta a pezzi,
gli uomini travolti dalle onde e inghiottiti
mentre gridavano disperati i nomi dei cari
e poi l’acqua nella gola fino ai polmoni, l’ipnotico ritorno
al fondo dell’oceano, all’origine
là dove la specie affratellata cominciò a nuotare,
ad aggrapparsi alle rive, poi a emergere.
Certo la mia tempesta è ingannevole:
credete di essere naufragati e vi svegliate
vestiti e respiranti su quell’isola
che è nuova per voi, inusitata,
ma io prego
che abbiate paura delle sue ombre e delle caverne,
che il brivido del fondo non vi abbandoni
che adesso, naufragati, siate pronti a rinascere.
Roberto Mussapi
(Da Voci prima della scena, Stampa 2009)