Storie da una città che si racconta
Archivio Milano
Incontro con Francesco Martelli, direttore della Cittadella degli Archivi di Milano: «Il nostro compito è custodire la storia facendola però continuamente riscoprire attraverso i mezzi che il progresso ci offre: la tecnologia, il digitale, l’arte contemporanea»
La Cittadella degli Archivi di Milano è il luogo in cui vengono archiviati tutti i documenti della città, in particolare i progetti architettonici e urbanistici. Negli ultimi anni si è iniziato un percorso di ampio respiro per rendere questo luogo un museo a cielo aperto. Il progetto è stato fortemente voluto dal direttore della Cittadella, Francesco Martelli, patrocinato dal Comune di Milano e ha visto coinvolti l’assessore alla Trasformazione Digitale e Servizi Civici, Roberta Cocco nonché, per quanto riguarda i murales fatti dagli street artists iraniani Nafir e Frz, l’assessore alla Partecipazione, Cittadinanza Attiva e Open Data, Lorenzo Lipparini. La curatrice del progetto è la critica d’arte Rossella Farinotti. Succedeoggi ha intervistato il direttore della Cittadella degli Archivi di Milano, Francesco Martelli.
Quali sono i documenti più interessanti che custodisce la Cittadella degli Archivi di Milano?
Ospitiamo una porzione del Fondo Storico (1802-1927) e tutta la documentazione passata per il Comune dal 1927, dai disegni dei grandi architetti, agli archivi dei sindaci, fino ai documenti di anagrafe. Abbiamo tra le varie “perle” le celebrazioni in morte di Alessandro Manzoni e il carteggio con cui Giuseppe Verdi dedicò a quest’ultimo un requiem nel 1874. L’orazione funebre che si tenne alla Sorbona in morte di Giuseppe Verdi e la sua ultima lettera al Comune nel gennaio 1900, il contratto di acquisto della Pietà Rondanini di Michelangelo per 135 milioni di lire nel 1952 e una lettera con cui Filippo Tommaso Marinetti vende al Comune di Milano la Linea unica della continuità dello spazio di Boccioni nel 1933 per 8.000 lire. Sono presenti anche le schedature di dodici mila persone sospettate di essere ebree nel 1938, all’indomani delle leggi razziali.
Com’è nata l’idea di trasformare la Cittadella in un museo a cielo aperto?
Il progetto è nato insieme alla critica d’arte Rossella Farinotti, anzitutto dal bisogno di riqualificare un’area di periferia abbandonata a se stessa da decenni e dal desiderio di comunicare all’esterno che cosa contenesse questo luogo, ipertecnologico all’interno, ma triste e malandato all’esterno. L’arte si è rivelata uno straordinario mezzo di comunicazione e divulgazione dei nostri contenuti. Gli artisti che lavorano con noi devono obbligatoriamente confrontarsi e farsi ispirare dalla storia di Milano e dai nostri fondi.
Con quali artisti avete collaborato?
Abbiamo e stiamo lavorando su tre fronti: i wall-paintings, le installazioni e le mostre/progetti documentali. Il duo Vedovamazzei ha realizzato un enorme neon di 8 metri dedicato a Boccioni che illumina tutto il quartiere. Il collettivo ATRII Archivi Aperti con Alice Pedroletti, ospitato qui stabilmente, cura una serie di mostre e progetti legati all’archivio d’arte. Mentre con la prestigiosa Collezione Iannaccone abbiamo ospitato la nostra prima mostra, sugli Anni ’30 in Italia. I wall-paintings, tutti rigorosamente dedicati a pratiche d’archivio, sono stati realizzati da Thomas Berra, Giulio Zanet, Irene Balia, Bruno Marrapodi, Michael Rotondi, Linda Carrara, Ivan il Poeta, Anna Caurso e poi una incursione raffinatissima dei due artisti iraniani Nafir e FRZ. Tra poco inizieremo una nuova serie di murales con Piger, Sebastiano Impellizzeri, Riccardo Gavazzi, Lorenza Boisi, Giovanni Copelli, Giacomo Montanelli. Tutti bravissimi pittori di studio, ma spesso al loro primo murale.
Come direttore della Cittadella ha aperto le porte dell’archivio per importanti pubblicazioni. Per esempio un bellissimo libro sugli ingressi dei palazzi di Milano.
Sì, cerchiamo sempre di essere molto disponibili verso la realizzazione di pubblicazioni che facciano riscoprire Milano e la sua storia. Abbiamo collaborato alla collana di docufilm Giants in Milan di Pino Farinotti sulla storia della città e a molte pubblicazioni tra cui Entryways of Milan della Taschen, La Galleria Vittorio Emanuele II di Skira, Milano Città d’acqua di Spirale, Case Milanesi di Hoepli e molti altri.
La Cittadella custodisce i progetti di alcune delle più importanti architetture milanesi. Me ne racconta qualcuna?
È difficile, è come scegliere tra Maradona e Pelè! Abbiamo tutti i grandissimi: Portaluppi con Villa Necchi, Muzio con la Triennale, Giò Ponti e il Pirellone, Moretti con la “Vela” di Corso Italia, Piacentini con il Tribunale, Mattioni con Piazza San Babila e altri ancora.
Chi è Eustorgio?
Eustorgio è un archivista robot, che ha sostituito il vecchio sistema di prelievo manuale delle pratiche, consentendoci di passare da 250 a 2.000 pratiche consultate ogni mese. Può ospitare fino a 70 km lineari di fondi d’archivio in 3.500 metri quadrati di superficie. Un vero rivoluzionario..! Grazie al suo lavoro sono stati recuperati documenti che erano rimasti sepolti tra le carte per anni perché nessuno li cercava. Per esempio l’Università di Oakland ci ha richiesto i documenti della spedizione al Karakorum del 1929 che era stata finanziata dal Comune di Milano. Nonostante noi non sapessimo di possedere questi documenti nell’archivio, Eustorgio in 10 minuti ha riportato alla luce fotografie, negativi, carteggi, codici cifrati, tutti inediti.
Come si sente a essere il custode di un luogo che preserva la storia di Milano?
È un po’ come maneggiare il vetro soffiato … Se sei troppo delicato e hai paura, rischi che ti caschi dalle mani, se lo tratti con la giusta energia si dispiega in forme fantastiche e rivela storie inaspettate e favolose. Si tratta di custodire la storia facendola però continuamente riscoprire attraverso i mezzi che il progresso ci offre: la tecnologia, il digitale, l’arte contemporanea. È un patrimonio che può continuare a dare frutto e insegnamenti preziosi, oltre a farci meravigliare un po’, cosa di cui abbiamo sempre bisogno!