Una biografia di coppia
La MoranteMoravia
Anna Folli racconta la tormentata vita comune dei due scrittori (tra matrimonio e abbandoni) che per decenni hanno rappresentato un faro nella cultura italiana: passionale lei, snob lui
Dal 1936 al 1985, salvo temporanee separazioni e tanti tradimenti, sono stati insieme. Era la coppia letteraria per eccellenza, nota a Roma ma non solo. Tanto è vero che veniva chiamata MoranteMoravia. La loro storia coincide con le vicende culturali e politiche dell’Italia. Il nomignolo a loro affibbiato è il titolo del documentatissimo libro della giornalista Anna Folli (edito in questi giorni da Neri Pozza, 297 pag., 18 euro). Si sono incontrati alla Birreria Dreher, nei pressi di Piazza Colonna. Elsa, invitata dal pittore Giuseppe Capogrossi, voleva ardentemente incontrare l’autore de Gli indifferenti e de Le ambizioni sbagliate. Ma aveva uno spiccato complesso di inferiorità: apparteneva alla piccola borghesia, mentre Alberto a una famiglia ricca che aveva conoscenze internazionali e frequentazioni tra i nobili di allora. Per ovviare all’imbarazzo la Morante beve molto. Al commiato dà a Moravia le chiavi del suo bilocale a corso Umberto, e gli dice sorridendo con malizia: «Vieni quando vuoi».
Lui non aspetta molto. Elsa ha una bellezza selvaggia e mutevole. Lo snob e freddo Moravia ha l’abitudine di filtrare le emozioni e i sentimenti secondo i canoni algidi della razionalità. Sui rapporti intimi con la “popolana“ dirà: «È passionale, non sentimentale». Ma gli va bene ugualmente: per lei ha una forte attrazione. E conosce subito il nucleo doloroso di lei, mai superato. Elsa è figlia della maestra Irma che si sposa con un uomo che alla prima notte di nozze le confessa di essere impotente. Volendo avere figli, d’accordo col marito li avrà con un altro uomo, che va e viene di notte. La futura scrittrice del Testaccio lo saprà a dieci anni e da allora, parlando di menzogna e sortilegio (titolo del suo primo romanzo, barocco e fantasioso), conclude che avendo due padri in pratica non ne ha nessuno.
Elsa fin da piccola racconta fiabe ai fratelli e alle sue amiche. Pubblicherà sul Corriere dei Piccoli un romanzo a puntate, per l’infanzia (Storia dei bimbi e delle stelle). La sua grande passione è scrivere. Moravia sentenzia: «Si considerava un angelo caduto dal cielo nell’inferno pratico del vivere quotidiano. Ma un angelo armato di penna». E ancora: «Ha una dolcezza smielata». Agli inizi della love story, il rapporto è rovesciato: è lei che lo cerca, mentre lui si sottrae e rivendica la propria libertà. Lei confessa in una lettera: «Io vorrei disperatamente essere te». Nelle vene ha l’insicurezza, e non ha torto perché Moravia viaggia spesso, incontra altre donne (una rimarrà incinta, poi abortirà), rinuncia alla fedeltà. Le donne sono una sorta di strumento di conoscenza, quel che gli preme è scrivere libri. Molte cose lo annoiano. Quando sarà ostracizzato come narratore dal fascismo, confessa: «Elsa e io facevamo parte di un piccolo gruppo di intellettuali, i quali passavano il tempo a parlare male del fascismo. Ma io ero quello che ne parlava meno, perché era un argomento che mi annoiava». Coerente alla sua endemica indifferenza, non sarà mai un vero oppositore al regime, tantomeno sarà attratto dalla Resistenza. Per reclamare la sua visibilità nelle librerie e sui giornali scrive a Mussolini rivendicando il suo essere cattolico e non ebreo (lo era suo padre). Una lettera di cui, all’apice della fama, non vorrà mai sentir parlare. Ma intanto la scrisse.
Elsa e Alberto si sposano, addirittura in chiesa. Lei si irriterà sempre di essere chiamata la signora Moravia. Lui si alza presto, si sbarba fa la doccia, si mette al tavolo e scrive. Lo farà sempre (a parte le assenze causa viaggi), come un meticoloso impiegato. Lei mai al mattino, preferenzialmente di pomeriggio o quando si sente ispirata. Quando è immersa in una suo racconto è capace di rifiutare qualsiasi proposta, anche la più allettante. Insieme frequentano Capri, meta tra le preferite. Diventano amici di Curzio Malaparte e di altri intellettuali. All’estero conosceranno nomi di prestigio. Non mancano le crisi coniugali. A volte sono laceranti. Ma addivengono a compromessi, a prima vista imbarazzanti. Come quando Elsa si innamora perdutamente del regista Luchino Visconti, bello e di nobile origine. È omosessuale e, anche o soprattutto per questo, cerca di arginare la passionalità della Morante evitando di essere coinvolto. Alberto ed Elsa si confidano, analizzano, sopportano. Con il gusto della trasgressione. Il cammino letterario si rivela buono per entrambi. Lei vince con Menzogna e Sortilegio il premio Viareggio ex aequo con Palazzeschi (autore de I fratelli cuccioli). Il romanzo ha un modesto successo di pubblico. Poi lo Strega con L’isola di Arturo. Per un breve periodo si cimenta come critica cinematografica. A un richiamo-censura della Rai, si dimette sdegnosamente. Intanto Moravia, premiato con lo Strega con I racconti, tocca la celebrità, tanto agognata. Non rifiuta mai un’intervista e parla di tutto. Pur di essere onnipresente.
La passionale Elsa s’innamora del pittore Bill Morrow. Suo marito di altre donne tra cui la contessa Silvia Piccolomini. Tra i due non manca mai la spudorata confidenza, si lasciano e si riprendono. Entrambi parlano dei loro amori. Avverrà la stessa cosa con l’apparire di Dacia Maraini, che si insedia a casa Moravia. È una donna assai più tranquilla (ci vuole poco, d’altronde), che oltretutto sa cucinare. Anna Folli trascrive nel suo libro i giudizi di Dacia sul celebre compagno. «Ci piacevano le stesse cose: muoverci, conoscere mondi diversi, mangiare cibi nuovi, nuotare in mare aperto, avere amici cari con cui progettare viaggi, tenere un cane, andare al cinema, visitare musei, ridere insieme, prendere il sole su una spiaggia deserta». Insomma, un idillio rispetto alla vita quotidiana di Alberto ed Elsa.
La scrittrice tormentata impiega cinque anni per finire il suo ultimo romanzo, Aracoeli. Si sente finita, quasi un’altra persona. In effetti pare molto invecchiata per essersi imposta l’isolamento. Anzi una clausura. Del romanzo dirà che è «un sepolcro, lo stesso che ci portiamo appresso; ma la tenebra del nostro corpo è più astrusa per noi delle tombe». Non stupisce che nel 1983 tenti il suicidio. Alla fine è divorata dalla malattia alle ossa, che a poco a poco la rendono non autosufficiente. Ricovero a Villa Margherita. Lì si accorge di non poter ricordare più come prima. Il marito (mai Moravia divorziò) paga la retta, ma lancia un appello perché lo stato provveda, in toto o in parte. La notizia suscita polemiche, e lui viene tacciato di taccagneria e di egoismo. La Morante muore nel 1985. Pochi giorni prima la va a trovare il presidente della Repubblica Sandro Pertini. L’ultimo grande regalo per Elsa, che finalmente si accorge di essere apprezzata.