Sabino Caronia
Un libro di Jan Brokken

A spasso con Anna

Non solo l'Achmatova, ma Esenin e Solzenicyn, Nabokov e Rachmaninov, e poi Dostoevskij, Turgenev, Ciajkovskij e Gogol. In “Bagliori a San Pietroburgo” l’autore olandese, abbagliato dalla cultura russa e dai suoi esponenti, compie un pellegrinaggio nella città dove vissero. Sulle loro tracce…

I libri di Jan Brokken sembrano tutti un grande unico racconto. L’autore spesso si cita, e qui in particolare ovviamente fa più volte riferimento al Giardino dei cosacchi, di cui questo libro è stato in parte preparatorio. Questo accade perché non sono dei romanzi tout cour ma sono piuttosto dei racconti in prima persona. L’autore è quasi sempre anche personaggio.

In questo Bagliori a San Pietroburgo (Iperborea, 224 pagine, 17 euro), Brokken racconta di due suoi viaggi nella città russa, o meglio di un suo recente viaggio in cui non può non mettere a confronto la San Pietroburgo – dunque la Russia – del 1975 con quella di oggi. Il viaggio è in effetti una sorta di pellegrinaggio sulle orme dei grandi personaggi – scrittori e musicisti – che hanno soggiornato a San Pietroburgo. La città appare un po’ come doveva apparire Parigi nella Belle époque, quando vi si incontravano Hemingway e gli altri…

Il primo personaggio che incontriamo – Brokken insegue le case dove hanno soggiornato – è Anna Achmatova, su cui si sofferma più volte anche in seguito. Camminando lungo la Neva in una sera di freddo e neve si imbatte nella statua della grande poetessa, messa proprio di fronte a dove lei ha aspettato disperatamente per diciassette anni di vedere uscire il figlio incarcerato nella famigerata prigione di Krestji (“croce” in russo, perché ha forma di croce). Ci sembra di essere lì, risentiamo i bellissimi versi che lui riporta. Più avanti va a vedere il museo dedicato alla Achmatova, nella Casa della Fontana, che abitò dal 1920 al 1952. Anche qui ci accompagna per mano, rivediamo la Achmatova che fuma una sigaretta mentre aspetta che introducano nella stanza il filosofo Isaiah Berlin, che così la descrive: «Una signora maestosa, con i capelli grigi, uno scialle bianco intorno alle spalle, si alzò lentamente per salutarci». E qui, nella pagina di fronte, è riportato il quadro che ispirò Leopold Plotek in cui è raffigurato questo incontro. Segue una bellissima descrizione del suo carattere, che incuteva rispetto anche al governo sovietico che infierì sui suoi cari ma mai ebbe il coraggio di misurarsi con lei che «ogni volta che prendeva la parola [in pubblico] scatenava un’adorazione quasi religiosa».

Il pellegrinaggio prosegue: alloggia nell’albergo dove si impiccò nel 1925 l’altro grande poeta, Sergej Esenin. Anche qui ci sono foto e versi riportati. E poi i nomi si susseguono (ora non è il caso di soffermarsi, bisogna leggere): Solzenicyn e Nabokov, altro grande scrittore assai amato da Brokken. E ancora la musica, Rachmaninov, che «ebbe con San Pietroburgo un rapporto difficile» e, immancabile, la strada di Dostoevskij («la prima casa dignitosa in cui Dostoevskij abitò a San Pietroburgo»), di Turgenev, Ciajkovskij e Gogol: «La casa di Gogol è diventata un ristorante. I pasti vengono serviti in tutte le stanzette al pianterreno e al primo piano».

Insomma è un tripudio di arte a ogni passo: «In questa città mi lascio ininterrottamente distrarre; a ogni passo mi viene in mente il titolo di un libro o mi risuona in testa una musica. È una scoperta continua, c’è quasi da impazzire, vorrei fare cinque cose contemporaneamente».

 

Facebooktwitterlinkedin