Pier Mario Fasanotti
A proposito di “Una donna può tutto”

Le streghe di Stalin

Ritanna Armeni ha raccontato la storia di Marina Raskova e delle donne aviatrici che, durante la Seconda guerra mondiale, frenarono l'avanzata dei nazisti verso Mosca

Che Josip Stalin sia stato alfiere dell’emancipazione femminile è semplicemente ridicolo pensarlo. Lo stesso vale per altri leader europei e mondiali. Esiste tuttavia un episodio, durante la seconda guerra mondiale che pone il “piccolo padre” della nazione russa (allora sovietica, ed estremamente ampia come territorio) come fautore (involontario) di una “certa emancipazione” delle donne, comunque limitato all’uso delle soldatesse dell’armata rossa. L’intento è, ed è soltanto a fini bellici, soprattutto quando le truppe della Wermacht stavano sfondando l’ultima barriera difensiva di Mosca. È poco noto questo episodio, che peraltro risultò circoscritto nel tempo.

A sottrarlo dal semi-oblio è stata la brava e cocciuta giornalista Ritanna Armeni che, dopo tante difficoltà, è riuscita a ricostruire la figura dell’eroina, che assieme a tante eroina, ha dato del filo da torcere ai soldati nazisti. Si tratta di Marina Raskova, così determinata a entrare nell’aviazione sovietica da incontrare di persona Stalin. In quale si appellò al realismo e accettò il suo spericolato piano. Questo in un momento – durato decenni e decenni e poi continuato a fine conflitto – in cui la società russa ricalcava rigorosamente il modello rigidamente patriarcale. La Armeni ha raccontato questa incredibile storia nel libro appena uscito, con titolo Una donna può tutto-1941: volano le Sttreghe della notte, dall’editore Ponte alle Grazie (pag., 230, 16 euro).

L’armata del Fuhrer era a un passo da Mosca. Ci aveva già provato Napoleone Bonaparte, poi sappiamo come è andata. Marina Raskova, con studi musicali (era diventata cantante lirica) e seri studi nel campo nella chimica, fu assunta nel laboratorio dell’Accademia militare dell’aviazione e qui lavorò al fianco di famosi esperti tra cui gli inventori della moderna tecnologia di bordo. Marina lavorò tenacemente per migliorare le prestazioni dell’aviazione sovietica, di dotarla di tutti gli strumenti che la potessero collocare all’avanguardia. Gli aerei devono volare giorno e notte, su rotte precise, al buio, con la nebbia o con la neve, e per questo non sono sufficienti le capacità umane. Occorrono bussole, anemometri, sestanti, compassi sempre più maneggevoli e millimetri, tabelle di rapida consultazione…. Marina lavora senza sosta e insegna ai giovani allievi. Ha tutti i numeri per farlo. Dopo un certo periodo parla alla radio. «…Care sorelle, è arrivata l’ora più dura di una dura ricompensa: entrare nei ranghi guerrieri per la libertà».

Questo il suo appello: «Le donne devono combattere come uomini combattendo contro uomini… se verrete scelte, potreste anche non essere uccise, ma essere bruciate al punto che neppure vostra madre potreste riconoscervi, potreste diventare cieche, perdere una mano o una gamba, potreste perdere i vostri amici, potreste essere catturate dai tedeschi. Siete pronte ad affrontare tutto questo?». Linguaggio determinato ed estremamente duro. Resta il fatto, come scrive Ritanna Armeni, che Marina riuscì a convincere i comandanti dell’Armata Rossa ad accoglierle, a far accettare nientemeno a Stalin che le donne fossero mandate in prima linea.

Il dittatore, dunque, alla fine dice sì: il “piccolo padre” della grande Russia sapeva che Marina era un’abilissima aviatrice. Una leggenda vorrebbe Stalin attratto, e non per ragioni solo militari, dall’ostinata Marina. Acconsente al ruolo delle donne aviatrici, ben consapevole che i nazisti hanno abbattuto migliaia di aerei russi. L’aviazione di Mosca è semi-distrutta. Stalin non può negarlo. Poco c’entra l’emancipazione femminile – impostagli dalla situazione bellica – qui si tratta della ragion di stato. Fatto sta che gli ordini impartiti vanno in direzione del “femminismo“, sia pure con uno scopo ben circoscritto. Come dire: non è, il suo, un programma che riguarda l’emancipazione delle donne. Soprattutto quando il conflitto cesserà, un giorno. Inevitabilmente, “dopo”, la parentesi dovrà essere irrimediabilmente chiusa.

Siamo alla data fatidica: l’9 ottobre del 1941 c’è il colloquio diretto tra Marina Rascova e Stalin. Qualche giorno dopo è in vigore l’ordine 0099: nascono i reggimenti femminili, «il primo è formato da caccia bombardieri, aerei in grado di compiere attacchi da terra e di sostenere battaglie aeree; il secondo da bombardieri e, infine, il terzo dai “Polikarpov” (tipo di velivolo, ndr), per il bombardamento leggero notturno. Gli esperti di scacchi parlano della mossa del cavallo». Marina esce dallo studio di Stalin, che immediatamente dopo informerà i papaveri della sua aviazione, tutti uomini. Nascono così «le streghe della notte». Rimandiamo al documentatissimo testo della Armeni sull’impegno profuso da Marina nelle trasvolate ardimentose lungo la linea orizzontale dell’impero sovietico.

Marina dalla lunga treccia bruna è pronta, così come le sue “sorelle” (tantissime). Un barbiere recide i capelli fini all’orlo delle orecchie. Il rituale si compie, come da regolamento militare. Le aspetta il Polikarpov, bimotore semplice, privo della tecnologia di bordo. Ci sono due leve, una per alzare il velivolo, l’altro per abbassarlo altrettanto bruscamente. È di legno, proprio come un giocattolo. Nessuno strumento adatto per prendere la mira. L’addestramento è duro: 14 ore al giorno. Tra l’altro, devono sopportare l’irrisione maschile. Le streghe della notte sono divise in tre reggimenti. Qualcuna piange perché crede di non farcela. Ma serpeggia anche una solidarietà d’acciaio, malgrado qualcuno parli del «reggimento delle stupidine». Spesso vengono derise: «Non sanno distinguere la Stella rossa da una svastica». Non sarà così.

L’8 giugno è il giorno della loro prima azione di guerra. Devono raggiungere e bombardare una divisione tedesca vicino a Vorosilovgrad, a circa mezz’ora di volo dall’atterraggio. L’operazione dura un’ora. Silenziose come animali di giungla. Via, una notte dopo l’altra, con l’accortezza di non essere intercettate dai nazisti. Le luci dei Polikarpov si accendono e si spengono. Le missioni di Marina riescono: sgancia bombe a poca distanza dagli accampamenti avversari, disorienta le postazioni nemiche, l’aereo sale improvvisamente sperando che la nebbia lo nasconda dalla contraerea. Hitler intanto ha lasciato la sua offensiva nella parte meridionale e orientale dell’Urss (la famosa “Operazione blu”). L’Armata rossa potrebbe subire una debacle. Marina dice alle compagne «Ne sagu nazad», non un passo indietro. Le streghe della notte continuano a disorientale i nemici, tra i quali dilaga l’allarmismo. Marina non si preoccupa degli ordini di ritirata. Procede e bombarda. E torna alla base.

Ritanna Armeni ascolta la testimonianza d’una sopravvissuta, che racconta con estrema precisione come andarono i fatti: «Abbiamo fatto un massimo di 325 voli per notte e volevano fare sempre di più. 23mila in tutta la guerra. Sì, certo per patriottismo, ma anche perché volevano superare gli uomini». Una donna può tutto, appunto. Anche contro le tempeste di neve, anche contro il ghiaccio che si depositava sulle ali di quei trabiccoli volanti e silenziosissimi. Lei parla anche in nome di Marina Raskova, perita in quegli anni strani.

Racconta la superstite Irina Rakobolskaja: «Finché rischiavo di morire, ero adatta all’aviazione. Ora, con la pace, non hanno più bisogno di me». Annota Ritanna Armeni a proposito della strega: è tornata a essere una qualsiasi, ed è arrabbiata. «Sapevano quel che avevano fatto per la Russia ma, ora ci sentiamo offese. È che gli uomini della patria socialista non vogliono più donne nei ruoli che hanno avuto durante la guerra». Molte le hanno elogiate, insignite di importanti onorificenze. Ma ciò non ha più alcun valore. È il destino di milioni di donne: hanno servito eroicamente la patria, ora tornino nei loro tinelli. L’emancipazione delle donne è stata una parentesi, anche se qualcuno si ricorda di loro e quel che hanno fatto. Questo avrà ripercussioni negli anni a venire. Grazie anche alle streghe della notte.

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