Di aria elettorale
Vera sinistra
Chi c'è a sinistra della sinistra della sinistra? La vera sinistra, ovvio! Che però si divide in trotskisti mediatici e trotskisti movimentisti. Per non parlare dei rifondatori della Quarta internazionale...
Non si fa che discutere della destra estrema e del pericolo del neofascismo, così finiamo per trascurare l’altrettanto appassionante indagine sulla sinistra della sinistra: certo, abbiamo avuto modo di conoscere “Potere al Popolo”, ma è solo un movimento di moderati, non scherziamo! Tolta la maschera dei centri sociali, infatti, ritroviamo il solito e rassicurante Partito della Rifondazione Comunista, quello che fu prima di Bertinotti, poi di Franco Giordano, quindi di Paolo Ferrero, infine di Maurizio Acerbo: ciò che a noi interessa è la sinistra “vera”, vale a dire ciò che si è generato, nel corso del tempo, dalla sinistra di quel partito. Coi fuoriusciti da destra dovremmo riuscire a sbrigarcela rapidamente: chi si ricorda il Partito dei Comunisti Italiani di Armando Cossutta, Oliviero Diliberto e Marco Rizzo? Ecco, quest’ultimo è ancora in campo e sulla scheda elettorale troverete il suo PARTITO COMUNISTA (rigorosamente da scrivere in maiuscolo, come risulta da ogni loro organo d’informazione): come definirli? Sul fatto che siano comunisti sembrano esserci pochi dubbi, ma a caratterizzarli è l’indistruttibile stalinismo, piuttosto raro nel panorama circostante – chissà perché. A pensarci bene e abbandonando per un attimo la contesa elettorale, di stalinisti tutti d’un pezzo vengono in mente soltanto i compagni fiorentini del Partito Marxista-Leninista Italiano, che da tradizione invitano a non partecipare alla borghese finzione delle urne: dopodiché, esibiscono il numero degli astenuti come un proprio successo – questo è il genio, applausi.
Ma torniamo a sinistra, perché lo stalinismo ha il proprio avversario più irriducibile, naturalmente, nel trotskismo, e qui le cose si fanno complicate: la galassia dell’estrema sinistra contiene un’altra galassia, quella del trotskismo, che una volta era “pacificamente” contenuto nel Partito della Rifondazione Comunista, quantomeno fino al 2006, quando la scelta del partito di aderire all’Unione di Romano Prodi causò la fuga dell’opposizione di sinistra che si raggruppava intorno all’Associazione Marxista Rivoluzionaria “Progetto Comunista”. La fuoriuscita, però, non poteva non comportare dissidi sulla futura destinazione, perciò ecco la scissione: i trotskisti italiani si separano, gli uni dando vita al Partito Comunista dei Lavoratori, gli altri al Partito di Alternativa Comunista, facendo cominciare un antagonismo che non avrà tregua. I primi, che hanno in Marco Ferrando il proprio teorico e capo carismatico, non aderiscono alla Liga Internacional de los Trabajadores – Cuarta Internacional (delle quale fa parte, invece, il Partito di Alternativa Comunista), bensì alla Coordinadora por la Refundación de la Cuarta Internacional: mettono in discussione, cioè, la continuazione del lavoro di Trotsky per opera delle generazioni successive, proponendo una rifondazione della Quarta Internazionale su altre basi. Ora, il fatto è che al più recente Quarto Congresso, il Partito Comunista dei Lavoratori ha scoperto la possibilità che esista qualcuno più puro di te: una piattaforma concorrente ha rotto la pace, si è data il nome di Frazione Internazionalista Rivoluzionaria e si è auto-collocata alla sinistra di quella di maggioranza. Tutto ciò potrebbe far sorridere, considerato che i militanti del PCL non dovrebbero andare oltre le poche centinaia, ma la faccenda è seria: a Ferrando, per esempio, vengono contestate l’ossessione elettoralistica e la ricerca di visibilità mediatica. Ne sia una prova che il trotskismo italiano, sulla scheda elettorale del 4 marzo, sarà rappresentato soltanto dal PCL, per l’occasione unito, sotto il cartello di Per una Sinistra Rivoluzionaria, ai compagni (anch’essi fuoriusciti dal PRC, ma più recentemente) di Sinistra Classe Rivoluzione – Sezione Italiana della Tendenza Marxista Internazionale, ovvero l’organizzazione capitanata da Alan Woods e Ted Grant.
Anti-spontaneismo, anti-movimentismo, necessità di un partito leninista che ispiri, organizzi e guidi i lavoratori: esattamente ciò che fece scegliere al sottoscritto di seguire da vicino il percorso di Ferrando, sulla scorta della lettura delle opere del grande vecchio del quartinternazionalismo, Livio Maitan. Con affetto, oggi, va riconosciuto al politico genovese non soltanto di avere mantenuto la barra… a sinistra, ma di non avere ceduto al diegofusarismo, alla sirene delle alleanze rosso-brune e di avere individuato nel grillismo un movimento del populismo reazionario. E le masse, le grandi masse? Arriveranno.