Itinerari per un giorno di festa
Il mosaico di Caligola
Riflettori accesi sul Museo delle Navi di Nemi rinnovato con un inedito allestimento dei reperti risalenti all’epoca dell’“imperatore folle” e il restyling della struttura firmata da Morpurgo negli anni Trenta. In attesa di un altro prezioso ritrovamento…
C’è una ragione nuova per andare a visitare il Museo delle Navi di Nemi, che nello scorso giugno aveva acceso i riflettori su di sé per il restauro dei padiglioni: appena quindici giorni fa negli Usa è stato annunciato il ritrovamento di un prezioso mosaico che ornava il ponte di comando di una delle Navi di Caligola inabissatesi nel Lago di Nemi e che, ritrovate sul fondale negli anni Trenta del Novecento, erano state sistemate nel museo. Il reperto si trovava nella collezione privata di una signora di origine italiana da tempo residente a New York ed è stato individuato dal comando dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale. È opera raffinata, un quadrato nel quale il rosso carminio del porfido, il blu, l’ocra e il verde del serpentino formano un decoro floreale. E tornerà presto a casa, appunto nel Museo delle Navi, a testimonianza della sontuosità dei natanti apprestati dall’“imperatore folle”: secondo gli storici erano destinati a cerimonie religiose, per questo erano lunghe settanta metri e ricoperte di marmi e smalti, di ori e di bronzi. Una “meraviglia” tale da giustificare le ricerche avviate con avvistamenti già nel Rinascimento e le missioni durante l’Ottocento, con parziali recuperi tutti dilapidati.
Dunque, un periodo fortunato per la raccolta sullo specchio d’acqua di origine vulcanica, a una trentina di chilometri da Roma. Meno di due anni fa aveva un aspetto desolante: macchie di umidità sui muri, pozze d’acqua nelle sale, accanto alle vetrine. Dalla scorsa estate i visitatori lo hanno visto trasformato: restauri all’edificio, “ricucito” nei suoi ambienti riportati a nuovo, e, soprattutto, inedito allestimento dei reperti, presentati con video e cartelli esplicativi. Il rilancio porta la firma di Edith Gabrielli, che – alla guida del Polo Museale del Lazio dal 2015 – sta accendendo i riflettori su numerosi musei del territorio per lo più dimenticati, da quello intitolato a Manzù ad Ardea alle collezioni capitoline di Palazzo Venezia e del Museo Napoleonico.
Quella del Museo delle Navi di Nemi, però, è forse la resurrezione più eclatante, tanto la struttura era rovinata e ignorata dai flussi turistici. E tanto è stata finora sfortunata la vita dei due padiglioni ideati dall’architetto razionalista Vittorio Ballio Morpurgo, lo stesso che sistemò Piazza Augusto Imperatore e progettò la teca dell’Ara Pacis ora sostituita dal bianco contenitore dello statunitense Richard Meier. Morpurgo ideò il Museo delle Navi Romane nei primi anni Trenta (la costruzione cominciò nel ’34 e finì sei anni dopo) per esporre i relitti delle due grandi navi realizzate ai tempi di Caligola, che se ne giovava per diletto e per il culto facendole galleggiare sull’“occhio” lacustre. Il loro recupero, dopo essersi inabissate – era il primo secolo dopo Cristo – ha del sensazionale, anche in considerazione che avvenne tra il 1929 e il 1931: gli ingegneri idraulici abbassarono di venti metri il livello del lago permettendo il ritorno in superficie degli scafi e degli oggetti di navigazione in essi contenuti. Cotanta impresa fu messa in risalto, anche a gloria del regime fascista, proprio dalla creazione del museo: due corpi rettangolari uniti da una serie di archi e una galleria centrale, un ingresso geometrico con grandi vetrate, come nella architettura razionalista. Durò poco però: il 31 maggio 1944, poco prima dell’arrivo degli americani a Roma, un incendio doloso distrusse le navi di Caligola annichilendo il museo. Che riaprì dal 1953 – allorché furono realizzati due modellini dei natanti dell’imperatore – al 1962, a causa di ulteriori problemi strutturali. Ancora anni di buio, poi l’edificio spalancò definitivamente l’ingresso dal 1988. Senza però mai decollare, sia per la dislocazione di parecchi suoi reperti nel Museo Nazionale Romano sia probabilmente per una damnatio memoriae di quanto realizzato durante il Fascismo.
Ora la struttura si è svegliata dal lungo sonno: mostra se stessa come esempio di una stagione architettonica e insieme vivifica lo scenario, compreso quel tratto della antica via Virbia, ancora in alcune parti coperta di basolato e per decenni preda delle erbacce. All’interno, oltre ai due modelli in scala ridotta delle navi originali, una sezione archeologica sulla protostoria e una centrata sugli insediamenti nel territorio lacustre in età repubblicana e imperiale. I “nuovi percorsi museologici” progettati dall’architetto Gabriella Musto, peraltro direttrice del Vittoriano, hanno eliminato le gravi manomissioni seguite alla chiusura dell’edificio, permettendo così di riapprezzare canoni estetici degli anni Trenta, gli stessi cui si deve, per esempio, la realizzazione del complesso del Foro Italico e del Ministero degli Esteri. Presto poi vi troverà collocazione il mosaico rubato a Nemi nel secondo dopoguerra, scovato dagli investigatori dell’Arma negli Stati Uniti e restituito all’Italia.
Ma c’è un’altra suggestione, nella visita al rinnovato Museo delle Navi (il biglietto costa 3 euro): quella di veder emergere dal lago una terza nave di Caligola, che si ipotizza giaccia sul fondo. La scorsa primavera nella parte del bacino non esplorata negli anni Trenta sono stati calati, alla presenza della Guardia Costiera di Fiumicino, del nucleo dei Carabinieri Subacquei e di un ingegnere di Arpacal, due sofisticati strumenti, un side scan sonar e un sub bottom profiler. Alla mappatura del fondale del lago seguirà lo sviluppo delle immagini al computer. Chissà, il rinato Museo delle Navi potrebbe ospitare un altro scafo del primo secolo dopo Cristo.