Una tragedia d'amore
Marika, tengo solo te
«...allora Marika capisce, capisce che il padre ha paura di perderla. Si chiude in bagno e manda un messaggio a Marcello perché non le esce la voce, non ce la fa a dirgli come si sono messe le cose»
Da qualche tempo, la sera, quando il padre tira giù la saracinesca e s’accovaccia per mettere i lucchetti, Marika alza gli occhi verso il ragazzo appoggiato al muretto sul marciapiede di fronte. Lo guarda di sfuggita ma quasi con aria di sfida, poi subito gira la testa, fissa lo sguardo sulle spalle chine del padre, aspetta che l’uomo si alzi e insieme a lui s’incammina verso casa. Sono poche centinaia di metri, ma lungo il tragitto incontrano e salutano altri commercianti del quartiere, intenti anche loro a chiudere i negozi. Qualcuno si lamenta della cattiva giornata, qualcuno commenta il caldo arrivato già a maggio, qualcuno maliziosamente si complimenta E come si è fatta bella, vostra figlia, don Pasqua’.
L’uomo risponde a tutti con laconica cordialità, ma diventa asciutto, quasi risentito, quando viene trafitto dai commenti sulla figlia. Emette giusto un fiato, un Eh che non sa nemmeno lui se sia di condivisione o rassegnazione e procede diritto, guardando avanti, ma senza affrettare il passo, solo involontariamente stringendo un po’ più forte la mano intorno al braccio della figlia quando attraversano la strada.
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Un giovedì pomeriggio, che la salumeria è chiusa, Marika va con due amiche al centro a fare un giro per i saldi estivi. Da H&M c’è molta folla e mentre lei s’attarda a cercare la sua taglia in un mucchio di magliette rosse, perde di vista le amiche. Quando se ne accorge, ha un moto di stizza, pensa a uno scherzo: si sente persa, da sola. Mentre si guarda intorno per cercare di scorgere le compagne, si trova di fronte Marcello. Ha la stessa espressione risoluta e canzonatoria di quando di sera la osserva chiudere il negozio, solo che adesso lui non sta sul marciapiede di fronte e lei non ha il padre accanto.
Lui si accosta lentamente, guardandola da capo a piedi e fermandosi talmente vicino che lei ne può percepire distintamente il profumo. Ora stai con le tue amiche e non ti voglio disturbare. Ma giovedì prossimo trova una scusa ed esci con me.
Lei inghiotte la saliva dentro la gola asciutta, s’appoggia con una mano allo scaffale disordinando le maglie in saldo e trova la forza di dire Tu sei pazzo, mio padre mi uccide se sa che ci vediamo!
Ma lui per tutta risposta, come se le parole che ha appena ascoltato gli abbiano fatto cadere le ultime remore, le prende la testa tra le mani e la bacia sulla bocca. Ci vediamo qui fuori, giovedì, hai capito?
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Marika e Marcello ora si vedono regolarmente, ma sempre di nascosto. Approfittano dei giovedì pomeriggio e della copertura delle amiche di lei, qualche volta di un’uscita di gruppo il sabato sera e naturalmente degli incontri casuali. Dopo Ferragosto, proprio di fronte alla salumeria di don Pasquale, si è aperto un piccolo locale che vende kebab e bibite da asporto. Il negozietto è diventato in breve tempo un punto di incontro per i ragazzi del quartiere e Marcello si mescola spesso alla piccola folla di avventori per osservare Marika senza dare nell’occhio.
Dal canto suo, don Pasquale qualcosa l’ha intuita, ha capito che la figlia tiene qualcuno dietro, ma si sente abbastanza sicuro: Marika passa tutto il giorno dentro il negozio con lui, la sera sta a casa, e le poche amiche che ha, quelle del palazzo, le vede giusto il giovedì pomeriggio, quando vanno con la metro in centro. Non che gli faccia piacere, quest’abitudine del giovedì, e neppure riesce ad accettare che nell’ultimo anno la ragazza sia così cambiata, ma lo vede che la figlia si è fatta femmina tutt’insieme e che, come la mamma buonanima, piace molto agli uomini.
Ma è ancora piccola, non ha compiuto sedici anni, e non gli pare che sia molto interessata ai ragazzi. È presto – ripete dentro di sé – è presto.
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All’inizio di ottobre, una domenica, don Pasquale è costretto ad accettare l’invito a una scampagnata organizzata dagli altri negozianti del quartiere: l’occasione è data dalla cessazione dell’attività di don Luigi che, avendo superato i 70 anni ed essendo pieno di acciacchi, ha deciso di cedere il negozio di detersivi a una famiglia di cinesi che ha fatto un’offerta troppo buona.
La circostanza offre ai due ragazzi la straordinaria possibilità di passare tutta la giornata insieme e Marcello riesce a convincere Marika ad andare fuori città, in costiera, e addirittura con la macchina, quella di suo padre, che qualche volta gliela presta, ora che ha preso la patente.
A Marika questa bugia sembra grossa, più grossa delle altre, e all’inizio sta in tensione, non riesce a godersi la giornata, come se potesse trovarsi il padre di faccia da un momento all’altro. Poi però la novità della situazione, il tempo a disposizione, il clima e la luce che trovano in costiera –un posto dove andavano con la mamma, quando lei era piccola- la fanno rilassare, le fanno dimenticare preoccupazioni e paure. Nel pomeriggio, sulla via del ritorno, prendono una deviazione che porta a una piccola radura su un belvedere e lì, dentro l’abitacolo della macchina ma con il mare davanti, fanno l’amore, per la prima volta, senza parlare, lei attonita, lui finalmente appagato.
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Quando riprendono la strada, però, trovano un incidente, restano bloccati più di un’ora nel traffico, diventano nervosi, litigano. E quando finalmente Marika arriva a casa, scopre che il padre è già rientrato e non avendola trovata, l’ha cercata dalle amiche nel palazzo, poi le ha telefonato ma ha trovato il cellulare spento. Marika non è pronta per imbastire una buona scusa, o forse non ha più voglia di nascondersi, di raccontare bugie. Perché, poi? Quasi tutte le sue amiche e le ragazze della sua età che vivono nel quartiere hanno un ragazzo, lo vedono, ci escono da sole o con gli amici.
Perchè a lei non è concesso? Allora glielo chiede al padre Perché? Perché non vuoi che veda Marcello? Ma il padre questa domanda non la vuol sentire, urla come un pazzo, a stento si trattiene dal malmenarla, dà pugni nel muro, nei mobili e ripete: Tengo solo te, hai capito? Tengo solo te.
Finisce che bussano i vicini, allertati dalle urla, dai rumori, cercano di mettere pace, e don Pasquale è costretto a calmarsi, anzi a far finta di calmarsi, pur di togliersi la gente di casa. Ma dentro di se cova una rabbia senza appello.
L’indomani, prima di uscire di casa, e con una notte insonne sulle spalle, don Pasquale comunica a Marika la sua decisione: non deve più vedere Marcello, è piccola, è troppo presto per fare le catene.
Marika prova a opporsi, ma lui diventa rosso, le vene si fanno gonfie sul collo, sibila: Chiamalo, hai capito? Chiamalo. Digli che non si facesse più vedere fuori al negozio, altrimenti l’ammazzo.
Allora Marika capisce, capisce che il padre ha paura di perderla. Si chiude in bagno e manda un messaggio a Marcello perché non le esce la voce, non ce la fa a dirgli come si sono messe le cose. Gli scrive tutto a lettere maiuscole NON POSSO VEDERTI MAI PIU’, MIO PADRE NON VUOLE. E HA DETTO DI NON VENIRE FUORI AL NEGOZIO ALTRIMENTE TI UCCIDE. TI PREGO.
Poi padre e figlia aprono il negozio con le facce scure e passano come al solito tutta la giornata insieme, ma quasi senza rivolgersi la parola, giusto le poche frasi necessarie a coordinarsi nel lavoro.
Verso l’ora della chiusura, che è già buio, don Pasquale si fa sull’ingresso del negozio per fumarsi una sigaretta. È ancora sconvolto dallo scontro con la figlia ma anche leggermente rassicurato dal suo comportamento normale, tranquillo durante la giornata. È ragazza –pensa- le passerà.
Dà l’ultima boccata alla sigaretta e fa per rientrare quando vede un ragazzo avvicinarsi, guarda bene, non ci può credere, è Marcello. Che cazzo ci fai tu, qua? Lo pensa, ma non lo riesce a dire, perché fa prima Marcello, a parlare Don Pasqua’, io voglio bene a Marika, perché non volete che ci vediamo? –Pausa – E comunque io non mi metto paura di voi.
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La scena del crimine risultò essere piuttosto confusa, ma le varie testimonianze dei negozianti vicini aiutarono gli investigatori a chiarire la dinamica. Dopo le parole dette da Marcello, avevano visto don Pasquale correre all’interno della salumeria e uscirne subito dopo brandendo un coltello. Marcello lo aspettava sulla soglia del negozio, a braccia conserte, in aria di sfida, ma tranquillo. Non se l’aspettava e perciò non si era difeso mentre don Pasquale lo colpiva ben sei volte al torace troncandogli in gola la frase che ripeteva ad alta voce, per farsi sentire da tutti: Non mi metto paura di voi.
Dal bagno in fondo al negozio dove si trovava, Marika aveva sentito delle voci indistinte e si era affrettata a uscire. Il negozio era vuoto ma fuori aveva trovato il padre chino sul corpo di Marcello, quasi nella stessa postura di quando metteva il lucchetto la sera, e Marcello steso sul marciapiede con gli occhi sbarrati, in un lago di sangue.
Le era mancato il fiato, non aveva dato un grido, non aveva detto una parola. Sarebbe rimasta chissà quanto tempo pietrificata lì, se il padre non si fosse girato e le avesse porto il coltello, dicendole Te l’avevo detto di non farlo venire.
A quel punto lei si era come svegliata, avevano testimoniato i due indiani del negozio di kebab, aveva afferrato il coltello e l’aveva conficcato a due mani, con tutta la sua forza, nelle spalle del padre. Don Pasquale era caduto sotto quest’unico colpo, finendo addosso al corpo di Marcello con le braccia allargate, quasi nel gesto di proteggerlo. Allora Marika aveva messo a fuoco la scena e si era portata entrambe le mani al viso, aprendo la bocca, ma ancora una volta non le era uscita una parola, un grido, nulla.
Era rimasta qualche secondo ferma, fino a che una sirena non aveva rotto l’incantesimo. Allora si era riavuta, aveva guardato da una parte, dall’altra, come per capire dove fosse e poi si era buttata giù dal marciapiede, non si sa se consapevole di ciò che stava facendo. Ma era sopraggiunta un’auto a velocità sostenuta, che non aveva fatto in tempo a frenare e l’aveva presa in pieno. Marika aveva fatto un volo di cinque metri, era ricaduta sul marciapiede di fronte, finendo a rompersi la testa sul bordo del muretto dove si tratteneva Marcello, la sera.
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La salumeria, una volta rimossi i sigilli dell’autorità giudiziaria, fu rilevata da un nipote di don Pasquale, unico erede legittimo, che trasformò il locale un punto scommesse. Di fronte, accanto al muretto, le amiche di Marika nei primi giorni portarono fiori e peluche, lasciarono bigliettini e disegni, che furono fotografati per essere postati sulle pagine di Facebook ma anche pubblicati accanto agli articoli che i quotidiani e i siti d’informazione locali dedicarono alla vicenda.
Se ne parlò per mesi, nel quartiere. I genitori di Marcello furono invitati a varie trasmissioni televisive pomeridiane dove psicologi e criminologi analizzarono e commentarono i fatti cercando di risalire ai motivi che li avevano provocati. Ma nessuno degli esperti fu in grado di dire una parola definitiva.
Solo Marika aveva capito che il padre non poteva fare a meno di lei.
Ma Marika era morta e non poteva più spiegarlo a nessuno.