Auguri a una Signora della scena
Il secolo di Anna
Anna Campori oggi compie cent'anni. Un secolo di vitalità teatrale, dalla "Nonna del Corsaro nero" a Totò, dall'operetta alla prosa d'arte. Vediamo qual è la sua lezione
Vi ricordate Anna Campori? La Nonna del Corsaro nero della tv anni Sessanta? La spalla femminile di Totò in tanti film? L’attrice di prosa brillante e raffinata in decine di spettacoli di Antonio Calenda? La moglie del grandissimo Pietro De Vico, comico grandissimo e attore eduardiano? Insomma, lei: oggi compie cent’anni. Il suo sorriso ostinato e i suoi occhi limpidi stanno sempre lì a ricordarci un altro tempo dove le vite (anche a teatro) si consumavano diversamente rispetto a oggi; perché qualità e talento (anche a teatro) avevano spazio per manifestarsi e trovare una risposta nella società. Ecco, parlare di Anna Campori può aiutarci in questo: la tradizione è una ricchezza, se solo la si sa valutare. Strappando le foto della memoria ci perdiamo qualcosa tutti, non solo chi in quelle immagini ingiallite stava in primo piano.
Anna è la regina di un mondo che è stato, dispensatrice di bravura, memorie e ironie: non è una questione d’età, ma di educazione teatrale. Oggi festeggerà il suo primo secolo con la famiglia, a Roma, in quella Trastevere dove nacque nell’anno di Caporetto (prima di farsi napoletana accanto al compagno di una vita, Pietro De Vico); ma solo dieci anni fa, quando la famiglia e gli amici le organizzarono una festa a sorpresa, fu lei a ricambiare lo stupore inchiodandoci tutti ai suoi occhi e alla sua voce mettendosi a cantare e a ballare, all’improvviso, con verve e stile perfetti. A novant’anni. Appunto: Anna Campori è una donna vitalissima, anche oggi. La sua lezione è tutta qui. Pensate che nacque nel pieno della Prima Guerra praticamente in palcoscenico (i genitori avevano una formidabile compagnia d’operetta): mescolò da subito la vita con le scene e quasi bambina si fece cantante assai apprezzata. Per poi diventare diva d’avanspettacolo (quello degli anni Trenta del secolo scorso, beninteso), attrice cinematografica brillante di primo piano (appunto decine di volte accanto a Totò, dal Turco napoletano ai Tartassati…), protagonista della tv in bianco e nero (con quello sceneggiato memorabile, Giovanna, la nonna del Corsaro nero), poi di nuovo cantante d’operetta e infine attrice di culto della migliore prosa di fine secolo. In mezzo ci son stati il fascismo, la guerra, la ricostruzione, il boom (che per il mondo dello spettacolo ha significato l’esplosione creativa della tv), l’impegno, il riflusso e la lunga, travagliata stagione delle tv commerciali (che per i grandi attori della tradizione, invece, è stata una specie di calvario: ricordate Ginger e Fred di Fellini?). Anna ha affrontato le sue difficili stagioni di slancio, con la forza di un entusiasmo oggi impensabile: chi ha avuto il privilegio di conoscerla e chi l’ha ammirata a teatro o al cinema, sa che la sua qualità è la semplicità. E una capacità caparbia di superare gli ostacoli. Tante volte l’ho vista sopportare con un sorriso le ubbìe di certi registi che non sapevano risolvere una scena, fino a quando non interveniva lei a risolvere tutto con una trovata geniale.
Esistono i comici e i mami. Pietro De Vico era mamo: uno scemo apparente che con un artificio imprevisto e geniale scioglie tutti gli intrecci (riguardatevi Il giudizio universale di Zavattini e De Sica nel quale fa uno strepitoso venditore ambulante d’ombrelli durante il diluvio universale). Anna Campori è comica pura: forza della natura. In grado di rovesciare qualunque contraddizione. È sempre stato molto più difficile far ridere che far piangere, questo lo sanno tutti; ma ai comici del Novecento è toccato un compito ancora più ingrato: quello di farsi capro espiatorio di una società che aveva annullato le individualità scolorandole nel concetto di “massa”. Loro hanno dovuto prendere le bastonate che erano destinate al pubblico e, facendo ridere così gli spettatori, hanno rinnovato il fasto millenario della catarsi teatrale. Non più tragica ma comica, appunto. Ogni volta che ho fatto ad Anna questo discorso, mi ha canzonato con il suo modo lieve: come se non volesse ammettere di aver fatto cose tanto complicate. Questo è il suo segreto: sulla scena e nella vita Anna Campori ha sempre avuto la percezione netta della felicità, del privilegio di vivere. E di fronte alle parole (inutilmente?) difficili se n’è sempre uscita con un trucco comico che condivideva con Pietro De Vico: quel discorso imbrogliato che ingabbia l’interlocutore con una massa di parole e fonemi informi (ma spesso conditi di allusioni e doppi sensi ad arte) fino a zittirlo. Esiste sempre una strada più diretta per affrontare la vita; e magari risolverla: questa è la sua lezione, il più bel regalo del suo primo secolo. Tanti auguri, Anna!