Zattere agli Incurabili
Marameo al diavolo
Il nuovo film di William Friedkin (“L'esorcista") non è nemmeno un film: è il documento inquietante di un autentico esorcismo. Con il protagonista, Padre Amorth, che letteralmente fa marameo al maligno
Primo caso di VAR alla Mostra del cinema: il diavolo è uscito o non è uscito? Risposta non c’è, o forse chissà, come cantava il poeta: l’indemoniata si nega al telefono e non sapremo mai se l’esorcismo è andato a buon fine. Parliamo di Il diavolo e padre Amorth, sicuramente l’oggetto più inquietante visto quest’anno a Venezia. Nonostante sia firmato da William Friedkin, uno dei più grandi registi americani del dopoguerra, non è nemmeno sicuro che si tratti veramente di un film: dura 68 minuti, è tecnicamente un documentario e Friedkin si mette in scena come speaker assomigliando pericolosamente, qua e là, ad Alberto Angela. Ma la storia che racconta è talmente incredibile, e i venti minuti centrali sono così impressionanti da renderlo, appunto, un “oggetto” indefinibile e sfuggente ad ogni categorizzazione.
Con ordine. Nel 1973 William Friedkin gira L’esorcista e insinua in tutti coloro che vedono il film, anche non credenti, forti sospetti sull’effettiva esistenza del diavolo. Poi passa ad altro, Friedkin: la saga dell’Esorcista viene tenuta in vita da altri registi. Nel 2016, però, torna a riflettere sul tema e tramite un giovane amico italiano che viene nominato produttore sul campo, Francesco Zippel, riesce a intervistare per una rivista padre Amorth, il più famoso esorcista d’Italia e forse del mondo. A margine dell’intervista, gli chiede se sia possibile filmare un esorcismo. Padre Amorth ci pensa un po’, poi – da grande fan del vecchio film – gli dice di sì. Ed ecco Friedkin partire per Alatri, a Sud di Roma, dove padre Amorth ha già impiegato otto sedute per tentare di liberare dal demonio una giovane donna di nome Cristina. È al nono tentativo, ed è quello che Friedkin potrà filmare: solo lui, con una videocamera microscopica, niente troupe, niente fonici, niente di niente.
Sono questi, i venti minuti centrali del film che danno letteralmente i brividi. La povera Cristina si dibatte come un’ossessa, parla con voci sinistre, devono tenerla in quattro (ed è una donnina esile) perché quando il demonio, o chi per lui, la controlla acquista una forza erculea. Padre Amorth (nella foto) inizia la seduta facendo marameo al maligno: sì, proprio con la mano agitata davanti al naso, è una sua tecnica, pare funzioni. A un certo punto Cristina si calma e l’esorcismo sembra andare a buon fine, ma mentre padre Amorth controlla che il diavolo non sia entrato nel corpo di qualcuno degli astanti (è una verifica di protocollo), riparte la rumba. Cristina ricomincia a dimenarsi, a urlare. Sarà necessaria una decima seduta? Nessuno può dirlo, perché il 16 settembre del 2016, pochi giorni dopo, padre Amorth muore. Friedkin e Zippel tentano di ricontattare Cristina, ma lei risponde al cellulare con la voce del diavolo e li manda a quel paese (no, non faremo QUELLA battuta). Il mistero rimane e non c’è VAR che tenga.
Ripetiamo: il film di Friedkin forse non è neanche un film, ma lascia in bocca lo stesso sapore che lasciava L’esorcista. Hai voglia a esser laico, ateo, agnostico, scegliete voi la parola: il dubbio che il diavolo esista non ti abbandonerà mai più.