Il nostro inviato al Lido
Epica di Lilliput
“Downsizing” di Alexander Payne con Hong Chau, Matt Damon, Christoph Waltz e Udo Kier apre la Mostra. Un film socio-ecologico su un mondo (quasi) perfetto perché piccolissimo...
Tutto il mondo è paese, piccolo, grande o ridotto che sia, ma vale comunque la pena di esserci. Questa, in estrema e miniaturizzata sintesi il senso di Downsizing, film di Alexander Payne (nella foto sotto) che inaugura, in concorso, la 74^ edizione della Mostra d’arte cinematografica di Venezia. Tutto parte in Norvegia, e dove sennò? Qui un corpulento professore scopre la formula per ridurre gli esseri umani, e la scopre dopo averla sperimentata con successo su delle cavie, dei piccoli topolini bianchi. A proposito, non si vede mai il piccolo topolino protagonista della scoperta, forse perché proprio non si vedeva, e non si sarebbe potuto vedere nemmeno con i prodigiosi effetti speciali utilizzati il cui finanziamento ha fatto a lungo ritardare l’uscita della pellicola. Quindi questo è già un fatto: più riduci i protagonisti, più aumenti il budget.
Il proposito iniziale del pacioccone norvegese sarebbe chiaramente ecologico, ovvero ridurre la popolazione, o meglio, lo spazio che la popolazione nella sua attuale dimensione occupa in un pianeta che sta dando chiari segni di insofferenza. Ma la scoperta offre naturalmente una miriade di sconvolgimenti sociali. Innanzitutto, se ci si riduce diventando lillipuziani, si riducono drasticamente anche le spese. Si va a vivere in delle città meravigliose, protette da insetti e uccelli che potrebbero essere letali (altro che quelli di Hitchcock). Non solo i tuoi soldi, ma anche i tuoi oggetti di valore diventano ancora più preziosi: la fede di matrimonio riempirebbe metà caveau di una ipotetica Fort Knox miniaturizzata. Ma ci sono anche delle magagne. Tralasciando quella esistenziale che capita al protagonista Matt Damon per evitare fastidiose anticipazioni, c’è innanzitutto da dire che il processo è irreversibile. Quindi se superi il metro e ottanta diventi dodici centimetri e così rimani, vita natural durante. Al di là di considerazioni sulla logica del film, che non hanno alcun effetto né devono essere considerate, va detto che dove la pellicola di Payne fa centro è nella dimostrazione che pregiudizi ed emarginazione non sono appannaggio di un mondo imperfetto come quello in cui viviamo: l’umanità riproduce inesorabilmente i suoi difetti, e anche una città meravigliosa come quella dove il protagonista va ad abitare ha le sue periferie, i suoi disperati, le sue scorie umane. E i suoi eroi.
Come Hong Chau, nella parte di una rivoluzionaria, miniaturizzata per rappresaglia dal regime del suo paese, il Vietnam, che si riduce a fare le pulizie come una filippina qualsiasi (è una frase molto razzista, ma è voluta al di là di ogni falsa ipocrisia). Hong Chau è una attrice straordinaria. Il suo personaggio si srotola davanti ai nostri occhi con una potenza e una naturalezza che rendono tutto il resto del cast relativo, e lo stesso tono del film ne beneficia rimanendone contagiato e condizionato. Come contagiosa è la performance di due padreterni come Christoph Waltz e soprattutto Udo Kier. Anche perché, ve lo confessiamo, per noi un film non può essere modesto se nel cast appare Udo.
Downsizing è davvero un film epico, come lo ha ironicamente definito il suo autore. Perché parla del destino dell’umanità, perché tocca le corde del destino comune, talvolta calcando anche un po’ troppo la mano, in virtù di una musica che sembra un inno alla retorica più vieta. Ma, sostanzialmente, è un film normale, che tutti possono vedere, che non ci cambia la vita, e nemmeno la giornata. Ma nemmeno ci mette di malumore. E non è poco. Le reazioni in sala sono state tiepide, ma crediamo appropriate, soprattutto considerando la ferocia e l’arroganza di certi spettatori professionisti.
Film che ci sono venuti in mente guardando Downsizing: Il dottor Cyclops, Gli Argonauti, Valhalla rising, Il dormiglione. E qualsiasi cosa che abbia a che fare con Ray Harryhausen.