Consigli per gli acquisti
I segreti di Warhol
Flavio Caroli racconta le manie dei pittori, Domenico Quirico gli italiani d'africa e Alessandro Barbero le meraviglie di Istambul. Tre modi diversi di “viaggiare” con i libri
Il nulla. Uno dei più affidabili critici d’arte, Flavio Caroli, racconta di famosi artisti, in Storia di artisti e di bastardi (edito da Utet, 187 pag., 25 euro). La fonte è ovviamente sicura, ma anche divertente. Incontrò due volte Andy Warhol, che definisce “il filosofo del nulla“. Entrò nel tuo studio newyorchese (la “Factory“) e si sorprese subito dinanzi a una ricca collezione di falli finti. C’era pure il cane impagliato del famoso regista Cecil DeMille. Andy fotografò subito Caroli, secondo il quale quel clic conteneva questo messaggio: “Tu per me sei un’immagine anonima, nulla di più“. Alla domanda su quale pittore italiano ammirasse, l’estroso biondino, imbeccato da un suo dipendente, accennò ai soliti grandi come Michelangelo e Raffaello. Si sbloccò quando il colloquio scivolò su Pier Paolo Pasolini.
Ebbe un sussulto quando Caroli sintetizzò vita e opere dello scrittore-regista-poeta, informandolo che nelle librerie Rizzoli della città c’era la sua opera omnia. Mandò subito il segretario a comprare i testi. Il secondo incontro avvenne da Krizia, a Milano. Non aveva più capelli. La parrucca argentata andò fuori posto. La settimana dopo sui giornali apparve la notizia della sua morte. Fu come ricordare un teschio e tante ossessioni. Imparagonabili alle fantasie pasoliniane.
Africa. I generali italiani, che per certi versi formavano una casta, avevano in comune una forte avversione per l’Africa. Chissà, certe nostre disavventure militari si spiegano anche così. Lo fa notare Domenico Quirico nel documentatissimo libro I generali (edito da Superbeat, gruppo Neri Pozza, 446 pag., 15 euro). Alessandro Asinari di San Marzano fu incaricato di vendicare la vergogna di Adua. Giunto nel Corno d’Africa, impiegò quattro mesi per percorrere 30 chilometri. Voleva incontrare il Negus, ma questi non si fece vedere, e nemmeno i suoi soldati. Il generale Asinari partì da Massaua ponendosi alle spalle un vero incubo. Altri, giunti successivamente, ebbero la stessa impressione. Come dire: «Questo è un luogo di delizie per mosche e zanzare e cammelli». Il sole A Massaua e a Tripoli «pare che coli come piombo fuso». Insomma, fascismo o non fascismo, tenetevele quelle delizie!
L’impero. Di grande e temibile attualità, oggi è la Turchia, erede dell’impero ottomano (“Osmanli“). Se vi volete informare meglio lasciar perdere internet e affidarvi allo storico Alessandro Barbero, che nel Divano di Istanbul (editore Sellerio, pag.,212, euro 12). Il regno ottomano venne fondato dalla dinastia turca. Un impero multietnico e multireligioso che andava da Algeri alla Mecca, da Baghdad a Belgrado. Nacque nel Trecento. Per molto tempo rappresentò una minaccia all’Europa, che temeva d’essere invasa. Però quei musulmani finirono per non reggere più: l’inferiorità tecnologica arrestò l’espansione, fermò il tempo. L’impero, come si sa, a causa della prima guerra mondiale si sfaldò. In origine molti erano nomadi. La loro lingua è comunque parlata da 200 milioni di persone in diversi paesi, anche in quelli a dominio russo come il Turkestan e l’Uzbekistan (si deve fare attenzione al finale “stan”). Parlano turco anche nel Xinjian cinese, nel Caucaso e nelle zone del Caspio. Una curiosità: la parola più lunga in turco è formata da ben 70 lettere. È considerata molto armoniosa. Crediamoci.