Un documento tra arte e politica
Manifesto della fragilità
Vogliamo convincere chi non ne è consapevole che la fragilità sociale non è un castigo eterno. È il prodotto della disuguaglianza e dell’ingiustizia sociale. E che la fragilità individuale non è una condanna ma la precondizione di ogni affermazione personale.
Viviamo il tempo dell’arroganza e della sfrenata competizione, che moltiplica solitudini e diseguaglianze. Viviamo il tempo del dogmatismo tecno-scientista e dell’idiotismo individualista, che frammenta e destruttura consegnando l’uomo e il pensiero all’inconsistenza e all’irrazionale. Orgogliosi di una posizione controcorrente, vogliamo stilare i punti salienti di un Manifesto che resiste, reagisce e ricostruisce: un Manifesto della fragilità.
La fragilità è di due tipi: individuale e sociale. La fragilità individuale è comune a tutti perché tutti gli uomini sono fragili, come dimostra lo scarto insanabile fra le loro aspettative e la possibilità di soddisfarle. La fragilità sociale riguarda coloro i quali appartengono a classi e a soggettività subalterne, che costituiscono oggi un arcipelago complesso e disperso.
Ma la fragilità si divide ancora in passiva e ribelle. La prima è destinata a nutrirsi di inutili speranze e inerte rassegnazione, fino alla depressione e alla disperazione. La seconda è invece il motore della storia dei singoli e delle masse, che ha informato di sé la scalata al cielo dell’uomo sin dalla sue origini.
È nostra intenzione contribuire a trasformare la fragilità da passiva in ribelle. Crediamo infatti che, come la mancanza fa nascere il desiderio, allo stesso modo, la fragilità genera la forza. A condizione che cessi di essere passiva e rassegnata e diventi re-attiva e ribelle, organizzata e indirizzata verso l’autodeterminazione e la libertà dal bisogno.
L’intreccio tra la fragilità individuale, legata alla caducità ontologica del singolo, e quella sociale, legata allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, crea un unicum non frazionabile che è il fondamento di una possibile alleanza dei fragili. Questo fondamento ha a che vedere con la base materiale dell’uguaglianza. Gli uomini sono uguali non per astratti motivi etici, ideologici o religiosi. Gli uomini sono uguali in quanto fragili di fronte all’esperienza della vita.
L’alleanza di fragili consapevoli, ribelli e organizzati rappresenta una forza temibile per l’attuale potere costituito, solo apparentemente invincibile. Quest’alleanza si configura come una possibile corale intesa che va oltre i confini di classi oggi mutate e da reinterpretare, e ben oltre le tradizionali barriere fra credenti e non credenti.
Rispettiamo quei fragili che trovano conforto in una visione teleologica della vita. Ma non ci possiamo permettere di rinviare all’infinito il compito di trasformare la fragilità arresa in fragilità ribelle. A chi non si ribella diciamo che anche la fede è nemica dell’accidia. E che l’inazione alla lunga si trasforma in complicità.
Tutte le imprese umane più grandi nell’arte, come nella scienza, come nello sviluppo del pensiero e dell’azione nascono dalla fragilità. Quest’ultima può non essere consapevole o può agire in modo carsico, ma sempre esiste e fonda le ragioni del nostro operato.
L’arte per sua stessa natura è il territorio di sperimentazione più esclusivo del rapporto fra sensibilità e creatività. La sensibilità è per definizione affine alla fragilità. L’artista quindi è il prototipo di una soggettività fragile e ribelle che si nutre della propria vulnerabilità.
La consapevolezza di queste ragioni, se condivisa e trasparente, regala ai fragili la straordinaria forza che deriva dalla coscienza di non essere soli. Questa forza si moltiplica se l’enorme schiera dei fragili si unisce. Tale unione esalta il principio secondo cui ciascuno vale non per quello che possiede ma per quello che è. A partire dalla consapevolezza della propria e dell’altrui fragilità.
Oggi il dispotismo dei pochi fonda le ragioni del suo primato sulla dispersione molecolare di una moltitudine di fragili resi passivi e rassegnati. Essi, convinti che una presunta inadeguatezza sia alla base della propria condizione, non colgono la misura e la qualità della propria sottomissione a un sistema che li rende schiavi.
Vogliamo convincere chi non ne è consapevole che la fragilità sociale non è un castigo eterno. È il prodotto della disuguaglianza e dell’ingiustizia sociale. E che la fragilità individuale non è una condanna ma la precondizione di ogni affermazione personale. Non si deve nascondere o mascherare, quindi, a se stessi e agli altri. Al contrario, si deve far leva su di essa per cambiare in meglio il corso del proprio destino. Nella natura stessa della fragilità, infatti, è riposto il segreto del suo superamento.
Firmato da: Francesco Castellani, regista; Lucilla Catania, scultrice; Alberto Dambruoso, storico e critico d’arte; Roberto Gramiccia, medico e scrittore; Simone Oggionni (fondatore Esse blog.it); Jasmine Pignatelli (artista)
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Per aderire al Manifesto, inviare la propria adesione a: info@hidalgoarte.it
ELENCO primi firmatari: Riccardo Caporali, ordinario filosofia morale Università di Bologna; Alberto Olivetti, curatore Archivio Pietro Ingrao; Enrico Rossi, presidente Regione Toscana; Alfonso Gianni, economista, giornalista; Marco Enrico Giacomelli, direttore resp. Artribune Magazine; Fausto Bertinotti, già presidente della Camera dei Deputati; Alfredo D’Attorre, deputato; Arturo Scotto, deputato; Anna Campitelli, storica dell’arte; Nicola Genga, direttore del Centro Riforma dello Stato; Salvatore Bonadonna, già senatore; Stefano Fassina, deputato; Giovanna Martelli, deputata; Giuseppe Fanfoni, Dir. Centro Italo-Egiziano Restauro e Archeologia; Angelo Lana, presidente Comitato scientifico EDIESSE; Valerio Strinati, storico e scrittore; Francesco Marchianò, ricercatore; Enrica Petrarulo, critica d’arte; Bruno Ceccobelli, artista; Giorgio De Finis, antropologo e direttore del MAAM; Ferdinando Schiavo, neurologo e scrittore; Ennio Calabria, artista; Marica Scuderi, medico; Sara Bonetti, giornalista; Donatella Romani, giornalista; Luca Barreca, critico d’arte; Vittorio Bonanni, giornalista; Andrea Fogli, artista; Anna D’Elia, storica dell’arte; Roberto Amato, web-engineer; Sandro Sanna, artista; Luca Padroni, artista; Maria Rita De Giorgio, artista; Franco Mulas, artista; Georgina Spengler, artista; Silvia Stucky, artista; Valentina Greco, attivista diritti umani; Roberta Maola, artista e psicologa; Lelio Bizzarri, psicoterapeuta; Claudio Palmieri, artista; Giulia Del Papa, artista; Giuseppe Carroccia, capotreno; Oscar Turco, artista; Ettore Consolazione, artista; Valeria Cademartori, artista; Filippo Tantillo, ricercatore; Antonio Giordano, storico e critico d’arte; Mojmir Jezek, artista; Ennio Alfani, artista; Alberto Timossi, artista; Salvatore Anelli, artista; Paolo Assenza, artista; Marina Gramiccia, parassitologa; Carlo Crosato, dottorando di ricerca in filosofia; Giuseppe Allegri, dottore di ricerca e ricercatore indipendente; Adele Lotito, artista; Teresa Pollidori, artista; Alba Savoi, artista; Silvana Leonardi, artista; Antonio Carbone, artista; Stefano Pizzi, artista e docente Accademia di Brera; Riccarda Montenero, artista; Rita Pedonesi, operatrice culturale; Jacopo Benci, artista; Anna Nassisi, critica d’arte; Andrea Romoli Barberini, storico e critico d’arte; Lodovico Gierut, critico d’arte e giornalista; Fiorenzo Zaffina, artista; Danilo Fiorucci, artista; Giovanni Fontana, poeta e performer; Oronzo Liuzzi, artista e poeta; Franco Paletta, artista; Riccardo Ceriani, operatore culturale; Ernesto Jannini, artista; Isabelle Fordin, artista; Clorinda Irace, docente; Daniela Monaci, artista; Enrico Antonelli, scultore; Danilo Maestosi, artista e giornalista; Patrizia Dottori, fotografa; Angela Occhipinti, artista; Franca Mora, psicologa.
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Accanto al titolo, un’opera di Ennio Calabria